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357. Francesco Sforza a Giovanni de Angelellis, capitano di giustizia di Milano 1453 ottobre 10 "apud Gaydum".

Francesco Sforza si compiace con Giovanni de Angelellis, capitano di giustizia di Milano, per quanto gli ha scritto sul suo comportamento con i malviventi e per quelli catturati a Gropello. Non badi a quelli che hanno perorato perchè egli soprassieda dal colpire i malfattori: agisca come giustizia esige e indaghi su correi e su quanti hanno comunque incitato a malfare, in modo che di tutti e di tutto si sappia. Gli puntualizza di essere informato che non agisce animosamente, che se la prende con i tristarelli e si lascia intimidire dalle preghiere e istanze dei fautori degli atti criminali. Sappia che farà investigare su tutto il suo operato.

[ 104v] Capitaneo iustitie Mediolani domino Iohanni de Angelellis.
Havemo recevuta vostra lettera de dì vii del presente et inteso quanto scriveti de quanto haveti exequito et Ii modi haveti servato contra quelli delinquenti et de quelli haveti facto pigliare ad Gropello, quali sonno in castello, et cetera; dicemo che de tuto restamo advisati et piacene quanto haveti facto, et comendamove assay. Et perché diceti che ve è stato comandato che debbiati soprasedere aIe executione et procedimento contra Ii dicti delinquenti, dicemo che havemo havute lettere et ambassate sopra ciò, aIe quale non volemo acquiescere; e però volimo che debbiati procedere, et non vogliati havere respecto né reguardo ad persona alcuna ad procedere contra de loro senza alcuna intermissione de tempo. Et fati contra delli dicti delinquenti animosamente quanto vole et se extende la rasone, non guardando in faza ad persona alcuna et sia che se voglia, perché intendemo che omnino sia facto rasone; et che chi haverà fallato sia punito, secundo disponerà la rasone et iusticia, examinando quelli sonno più cativi et tristi, et sapere la verità delli furti, delicti et altri excessi per lo tempo passato, per modo che particularmente et seriosamente sappiamo el tuto et intendiamo el nome de tuti quelli sonno stati commettitori de tali excessi et delicti de dì et de nocte, et per ogni modo siano stati commessi; et così sapiamo Ii nomi delli tutti quelli sonno stati consultori, fautori, persuasori et consentienti (a) et scienti delle cose predicte, siché sappiamo quali sonno Ii boni et quali Ii cativi, advisandove che nuy siamo informati per quelli che vengono dellà che non haviti proceduto animosamente contra Ii grossi che sonno cativi, ma contra qualchi tristarelli, quali non sonno quelli sonno stati cagione de queste cose (b). E questo procede perché attendeti ad compiacere ad cittadini per preghere et instantie de loro, quali sonno stati et sonno cagione delle predicte cose; siché, non attenduta alcuna altra cosa, procedeti virilmente et animosamente et dritamente ad fare raxone et iusticia, perchè ve avisamo faremo molto bene circhare et investigare da puoi el facto como ve seriti portato in questa cosa dritamente, intendendove (c) de tuto insieme con lo podestà, secondo la comissione haveti da nuy. Data apud Gaydum, die x octobris 1453.
Duplicata.
Ser Iohannes.
Cichus.

(a) consultori, fautori, persuasori et conse scritto su rasura.
(b) de queste cose scritto su rasura.
(c) In A intendendendove.