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523. Francesco Sforza al doge di Genova 1450 dicembre 15 Lodi

Francesco Sforza scrive al doge di Genova confutando come zanza e bubbule i cattivi modi e le cattive espressioni che gli sono stati riferiti come avuti dal fratello Alessandro o dalla sua gente d'arme contro luoghi e uomini di Spineta. Si meraviglia, anzi, che il doge perda tempo per scrivere di simili cose.

[ 110r] Domino duci a Ianuensium.
Havimo inteso quanto la illustre signoria vostra ne scrive dele parole che ha havuto ad dire il magnifico messer Alexandro, nostro fratello, et deli cativi modi che servano quelle nostre gente verso li luochi et homini del magnifico Spineta, secondo la vostra illustre signoria ne scrive. Ad che respondendo, dicemo che ne maravigliamo assay de questo scrivere dela vostra illustre signoria che possiati credere nè pensare che Alexandro, nostro fratello, avesse dicto nè pensato far cosa che despiazese ad alcuno de quelli dela vostra illustre signoria, perché è molto bene informato del nostro bono animo et optima dispositione et voluntate verso la prefata vostra signoria et delli suoi. Et qualuncha persona ha dicto questo alla vostra illustre signoria, che lo dicto meser Alexandro nostro fratello habia havuto ad usare niuna parola menché ben dicta verso quelli dela prefata illustre vostra signoria, se parte dala veritate et non è puncto amico de la vostra signoria né nostro; ma più presto lo fa per vedere et provare de mettere qualche male fra essa et nuy, perché non tanto che lo prefato nostro fratello havesse havuto ad dire una minima cosa né paroleta contra quelli che sonno dela vostra illustre signoria, ma ad ogni loro bisogno et necessità gli metteria la gente et poi la persona sua propria per defendergli et adiutarli. Et de questo la vostra illustre signoria ne sia più che certissima, et accadendo il bisogno lo trovarestivo per effecto. Siché pregamo la vostra illustre signoria non voglia credere né dare orechie ad simile zanze et bubbule, ma credere et stare de questa ferma opinione et voluntate che, per ogni subdito et homo dela illustre signoria vostra et dela casa vostra, per ogne caso et bisogno loro, noy gli metteressemo sempre gente d'arme et stato et ogni nostra facultade per adiutarli et defenderli da ogni persona, et sempre ne sforzaressemo fare cosa gli fusse ad piazere, perché ne pareria farle alle vostre cose proprie. Et parene che la prefata vostra signoria habia pigliato fatiga da vanzo ad scrivere de questo et mandarne correre, perché horamay la vostra illustre signoria doveria comprendere et conoscere la nostra optima dispositione et voluntate verso quella et de li suoi. Data Laude, die xv decembris 1450.
Cichus.


(a) Segue Venetarum depennato.