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50. Francesco Sforza al commissario e podestà di Parma e a Lancillotto da Figino 1451 giugno 21 Milano.

Francesco Sforza si lamenta con il commissario e il podestà di Parma nonché con Lancillotto da Figino perché è stato rilasciato quel malfattore che, scalando le mura, era penetrato con altri in città e aveva rubato del panno. Impone di prenderli tutti e, constatato quanto premesso, li impicchino.

[ 14r] Comissario et potestati Parme necnon Lanzalocto de Figino. (a)
Sono stato da nuy li ambassatori de quella nostra communità de Parma quali dicono, tra l'altre cose, che, essendo più dì passati, alcuni sachomani al tempo de nocte intrati in quella nostra cità con le scalle et furato certo pano et poy retornati de fuora con esso, non gli sia facto punicione alcuna, immo che essendo destenuto uno de loro è stato liberamente relaxato. Dela qual cosa grandemente ce maravigliamo et parne che habbiati grandemente fallito in non punire lo dicto malfactore et cerchare de havere li altri in le mane, perché quando presumeno passare le mure per furare, li passariano anchora per fare pezo. Pertanto ve commettiamo et volimo che per ogni modo ve inzegnati de haverli tuti in le mane et da poy, constandovi che habiano passati le dicte mura et commisso lo furto et robbaria predicta, li impicati senza remissione et contradictione alcuna in quello locho ove hano commisso lo furto, aciò che daghi exempio ali altri; et aciò crediati questo procede de mente nostra, l'abiamo sottoscripta de nostra proria mane. Data Mediolani, die xxi iunii MCCCCLI.


(a) La lettera, depennata con tratto di penna, è riportata immediatamente sotto.