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1158. Francesco Sforza al comune e agli uomini di Calvisano 1452 settembre 29 "apud Lenum".

Francesco Sforza contesta al comune e agli uomini di Calvisano la risposta data alla lettera ducale, nella quale i loro ambasciatori avevano giurato che gli uomini di Calvisano non avrebbero mai accolto gente di Venezia, dichirandosi pronti ad assecondare ogni richiesta ducale. Tale dichiarazione non ha avuto riscontro; il duca non intende più oltre attendere una loro scelta di campo.

[ 283r] Comuni et hominibus Calvisani.
Carissimi nostri, nuy havemo inteso per uno vostro scripto quello dicete per resposta dela nostra lettera, quale ve scripsemo. A che replicandovi, dicemo che, quando veneno da nui, siando con el nostro exercito in la villa de Trignano, Sandrino de Nodari, Bettino da Calze et Anthonio dala Bettina, ambaxiator de quello comune, ne promesseno largamente per lor sacramento, in presentia de Leonardo Schilino, nostro conductero, et ser Zohanne da Ulesi, nostro canzelario, et altre persone digne de fede, in nome et vice del dicto vostro comune, che l'homini d'essa terra de Calvisano non receptariano gente alcuna dela signoria de Venesia et che, ad ogne nostra rechesta et petizione, se descopreriano per nostri et fariano quanto per noi le fosse (a) ordenato et commandato, como debeno fare li boni fideli servitori al suo signore, et non fo punto facta dicta promessa cum la conditione, che voy dicete, che quando haveressemo havuto Gede alhora ve descoprereste per nostri. Et se li dicti vostri ambassiatori dicono altramente se partene dala veritate, per la qual cosa de novo ve carichamo, strenzemo, admonemo et rechedemo che voy ve voliate de presenti publicare et demonstrare cum effecto esser nostri, secundo la promessa ad nuy facta, nì vogliate punto più differire la dicta publicatione né vivere nella forma sete vivuti fin e qui, perché noi non vogliamo expectare più dilatione né fictione alcuna, ma che siate publicamente nostri como devete esser, et, se per far dicta publicatione ve bisogna favore né adiuto alcuno advisatene perché ve serà prestato tucto quello favore rechederite, certificandove che quando ve serrete descoperti nascerano delle altre cose in nostro favore che ne restarete tucti multo contenti et consolati, et da noy haverite tal bono tractamento et tal commodità che meritamente restarete satisfacti de bona voglia, certificandove appresso che quando voy non vogliate fare quanto ve dicemo de sopra et observarne quanto per voy ne è stato promesso, nuy faremo fare contra voy guerra de focho cum tal altri damni per modo che non restaremo che quella terra serà penitus consumpta et dissipata, advisandove ancora che quando noi cognoscessemo non poter ottenere questa impresa et de non mandare li nostri nemici per mala via, non vorressimo ponto che ve descorcereste, perché non vorressemo lassarve in prede, né cercheresemo per conditione alchuna la desfactione de quella terra, ma voy vederete per effecto quello faremo contra de loro et presto. Apud Lenum, xxviiii septembris 1452.

(a) Segue comandato depennato.