Registro n. 7 precedente | 286 di 2129 | successivo

286. Francesco Sforza a Giovanni da Tolentino 1452 marzo 9 Milano.

Francesco Sforza scrive a Giovanni da Tolentino che al di là di aver detto che i "duy pucty" in prigione nella cittadella di Parma sono nipoti, anzichè figli di Beltrame Trezo, vuole che siano liberati e in tal senso egli (Giovanni) ordini, a sua volta, al capitano della cittadella, di rilasciarli, purchè abbia avuta "la segurtate de Iohanne Bocto".

Domino Iohanni de Tholentino.
Missere Zohanne, respon(den)do alla vostra continente che quelli duy pucti che sonno im presone dentro la nostra citadella de Parma non sonno nepoti de Boltrammo Terzo, ma figlioli de esso Beltrammo, dicemo che, nonobstante che in dicta nostra lettera dicha li nepoti de Beltrammo, vole dire li figlioli, et cussì nuy siamo contenti che siano liberati li figlioli del dicto Beltrammo, quali sonno im presone in la dicta nostra citadella, dummodo habiati havuta la sigurtate de Iohanne Bocto, segondo per l'altra nostra ve havemo scripto. Et cussì scriveriti al nostro capitaneo della predicta citadella, quando haveriti havuta dicta siguritade, che li debia relaxare et cavare fuora de presone et mandaritigli la lettera soctoscripta de nostra propria mano. Et perché in la dicta nostra directiva al capitaneo lì scrivemo che debia relaxare li nepoti de Beltrammo e non dicemo li figlioli, siamo che, (a) et volimo che per più sua chiareza li mandi questa nostra lettera, adciò che intenda et veda che nostra intentione è che siano relaxati li figlioli de Beltrammo et non li nipoti, perché luy sa bene che quilli duy pucti, che ha im presone sonno figlioli de dicto Beltrammo et non nepoti. Data Mediolani, die viiii martii 1452. Zaninus.
Iohannes

(a) Così in A