Registro n. 7 precedente | 761 di 2129 | successivo

761. Francesco Sforza al marchese di Ferrara 1452 agosto 4 "apud Quinzanum"

Francesco Sforza rassicura il marchese di Ferrara del mutato comportamento degli uomini di Castelnuovo. Esprime il suo dispiacere per il cattivo comportamento degli uomini di Cotignola: l'Estense avrebbe dovuto punirli, perché ne ha la massima libertà di farlo e si dice dispiaciuto che non l'abbia fatto. Lo rassicura che ne avrebbe a male se, meritandolo, non punisse il figlio Galeazzo e gli altri suoi figlioli,nonchè i suoi fratelli se non gli portassero quel "debito honore et reverentia" che gli devono.

Domino marchioni Ferrarie.
Havimo recevuto lettera della signoria vostra de data a xxv del passato et inteso quanto la signoria vostra scrive deli homini de Castelnovo,et cetera. Dicimo che al principio dicti homini, pur se deshonestamente in cose assay contra nuy et contra li homini nostri, ma da poy l'officiale lì per la Signoria vostra ne ha scripto et dato bon modo et regula ad quilli homini quali se diportino meglio dello usato. Alla parte delli homini di Cotignola et delli modi per loro tenuti in sparlare et disubedire la signoria vostra, dicimo che ne rencresce grandemente che la signoria vostra non li ha data quella punitione et castigatione che meritavano, perché nostra intentione è che la signoria vostra possa fare et disponere et pigliare ogni sigurtà de tucte le cose nostre quanto delle sue proprie, et non altramente, como fariamo nuy de quelle della signoria vostra, perché tenemo che le cose nostre siano sue, et volimo che possiati prenderne ogni fidutia, et volimo che da tucti li nostri gli sia portata quella reverentia et facto quello debito honore in ogni cosa che saria facto ad nuy proprii. Et cussì ne dole et rencresce quando altramente sentimo altramente essere facto. La signoria vostra tenga per sempre questa nostra dispositione inviolabile, certificando la signoria vostra che se Galeazo Maria et qualunqua altri de nostri figlioli et fratelli non portassero quello debito honore et reverentia alla signoria vostra, che è nostra intentione et che fariano alla nostra propria persona, non l'haveressimo per bene se la signoria vostra non gli desse debita punitione. Et rencrescene che la signoria vostra ne habia scripto questo, perché vorissimo che avesse havuti quelli tali che hanno errato et che li avesse castigati. Et per l'avenire quando fallano, volimo, se desidera fare cosa che ne piacia, li castighi come meritano, advisando la signoria vostra che scrivemo ad dicti homini per forma intenderanno questa nostra voluntà. Ex castris nostris apud Quinzanum, iiii augusti 1452.
Ser Iohannes.
Cichus.