Valentino Cafulli

Pandolfi, Alessandro

Valentino Cafulli

Descrizione

Identificazione: Ritratto del canonico Valentino Cafulli

Autore: Pandolfi, Alessandro (1887-1953)

Cronologia: 1900 - 1949

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: tela/ pittura a olio

Misure: 80 cm x 105 cm

Notizie storico-critiche: Il dipinto raffigura il sacerdote Valentino Cafulli (Rho, 1873 - Busto Arsizio, 1928). Fu coadiutore a Busto Garolfo (località in prossimità di Busto Arsizio) e dal 1900 nella chiesa bustese di San Michele. Nel 1910 fu nominato cappellano-assistente dell'ospedale di Busto Arsizio (Pacciarotti 2007, p. 68).
Nel 1913 costruì a sue spese la canonica da affiancare alla chiesa di San Giuseppe (edificio di culto del nuovo ospedale di Busto) che era in via di edificazione, "lasciandola subito in proprietà all'Ospedale per uso dei suoi successori" (Candiani 1923, p. 37).
Il ritratto, ben conservato, è firmato in basso a destra Alessandro Pandolfi, pittore in quel periodo attivo a Busto Arsizio. Non si hanno notizie circa la commissione dell'opera: si può pensare che sia stato ordinato dalla Congregazione di Carità come ricordo di una persona ben voluta da tutti e che fece del bene alla comunità bustese, come farebbe supporre l'iscrizione posta in alto a sinistra " CAN. US VALENTINUS CAFULLI / AB ANNO MCMX USQUE AD MCMXXVIII / IN CIVICO BUSTI ARSITII NOSOCOMIO / EXIMIUS AC PIUS / ANIMARUM MODERATOR".
Circa la scelta del pittore non va dimenticato che il Professore Giuseppe Solaro (chirurgo e direttore dell'Ospedale di Busto dal 1921 al 1952) era un estimatore del Pandolfi di cui aveva una collezione privata di opere (Pacciarotti 2007, p. 132).
Il pittore, originario di Pescara, dopo l'apprendistato a Torino e a Bologna, soggiornò a lungo in Abruzzo dove si avviccinò ai modi secessionisti rielaborandoli in uno stile personale e approdando ad una stilizzazione mitica. Una svolta stilistica si ebbe negli anni dieci del Novecento: senza abbandonare il naturalismo, sperimentò contrasti cromatici di ascendenza postimpressionista. Negli anni venti si accostò ai modi pittorici del realismo magico per approdare negli anni trenta ad una sintesi plastica, una solennità formale con una modalità di esecuzione irrigidita.
Circa la datazione propenderei per la fine degli anni venti del Novecento, a seguito di una valutazione stilistica dell'opera.
Il dipinto viene menzionato dal Nicodemi nella prima esauriente monografia sull'artista (Nicodemi 1956, pp. 29, 45). Dimenticato negli anni successivi, è stato esposto alla mostra Il filo della memoria nel 2002 (Pacciarotti 2002, p. 38).
Il pittore usa una inquadratura ravviccinata: l'effigiato seduto, indossa ricche vesti ecclesiastiche e tiene il messale appoggiato sulla gamba. La posa è volutamente costruita: lo spettatore sembra cogliere di sorpresa il sacerdote intento alle proprie letture. La figura risalta, oltre per il taglio prospettico, anche per la luce proveniente da sinistra che illumina il volto, colpisce la mozzetta -di un intenso colore viola- e il camice ricamato, di un bianco immacolato.
L'artista è attento ai minimi dettagli: dipinge con accuratezza la tappezzeria con decori floreali che riveste la parete che fa da sfondo, i particolari della veste, la sedia e il volto dell'effigiato che con lo sguardo esprime la propria personalità benevola e semplice. Il ritratto dell'effigiato rientra nei modi pittorici del Pandolfi a cavallo fra gli anni venti e trenta: la figura e i suoi atteggiamenti sembrano artificiali, l'atmosfera è quasi sospesa e i colori sono molto accentuati.

Collocazione

Provincia di Varese

Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. della Valle Olona

Credits

Compilazione: Pirota, Sara (2009)

Aggiornamento: Pirota, Sara (2010)

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