288. Il Crepuscolo

Sottotitolo Rivista settimanale di scienze, lettere, arti, industria e commercio poi nessuno.
Luogo Milano.
Durata 6 gennaio 1850 (a. I, n. 1) - 25 dicembre 1859 (a. X, n. 27). E’ sospeso dal 5 maggio al 16 giugno 1850 e dal 31 maggio al 4 settembre 1859.
Periodicità Settimanale poi quindicinale poisettimanale
Direttore Nessuno, poi Carlo Tenca.
Editore Antonio Arzione poi Carlo Tenca per una società di finanziatori sotto la responsabilità della tipografia Valentini poi Carlo Tenca.
Stampatore Milano, Antonio Arzione poi tipografia Paolo Valentini e compagni poi tipografia Antonio Valentini poi tipografia Pietro Agnelli poi tipografia Antonio Valentini.
Pagine 4 poi 8 poi 12.
Formato 51x37,5 cm poi 30x20 cm
Note Pubblica un supplemento nel n. 2, 11 gennaio 1857, p. 33-40.

Il primo numero esce a Milano domenica 6 gennaio 1850. Editore e responsabile è all’inizio Antonio Arzione in contrada dei Nobili. Col n. 3 del 19 gennaio 1851 Arzione rimane solo responsabile, mentre la stampa del giornale passa alla tipografia Valentini, responsabile dal n. 10 del 9 marzo 1851 e proprietaria dal n. 2 del 14 gennaio 1855. In quest’anno Carlo Tenca è menzionato per la prima volta sul giornale come redattore. Dal n. 23 del 7 giugno 1857 gli viene riconosciuta anche la proprietà. Dal n. 12 dell’11 settembre 1859 è indicato come redattore e proprietario responsabile, mentre la stampa viene affidata a Pietro Agnelli. Con il n. 15 del 2 ottobre 1859 si torna alla tipografia Valentini.

Per garantire una maggiore sicurezza finanziaria al giornale, Tenca dà vita inizialmente anche a una società per azioni sul modello di quella voluta da Cavour per il «Risorgimento»; l’esperimento tuttavia viene interrotto nel 1856, quando il critico lombardo decide di ritirare tutte le azioni distribuite, rimborsando i creditori.

Il rapporto con le autorità austriache è senza dubbio il problema più rilevante per Carlo Tenca e la redazione del giornale, sempre a rischio di una sospensione, a causa dell’impegno profuso nel biennio rivoluzionario dalla maggior parte dei primi collaboratori del giornale, e dall’ostinato silenzio opposto alla trattazione degli avvenimenti riguardanti l’Austria. Una prima sospensione viene comminata dopo il n. 18 del 5 maggio 1850, a causa di un accenno polemico contro il governo reazionario di Napoli. Il foglio può comunque riprendere le pubblicazioni il successivo 16 giugno. L’anno successivo il silenzio sulla visita dell’imperatore Francesco Giuseppe a Milano nel settembre gli vale un duro rimprovero, cui seguono reiterati richiami, finché il 2 marzo 1857 gli viene definitivamente revocata la concessione per la trattazione delle materie politiche, per non aver parlato della nuova visita dell’imperatore a Milano. Il colpo accusato è durissimo e il giornale, nonostante le iniziali attestazioni di stima e di credito, incomincia a perdere associati e lettori, avviandosi ad una lenta decadenza, conclusasi nel dicembre 1859, quando deve cedere il passo alla neonata «Perseveranza».

La diffusione, affidata in prevalenza alle associazioni, è in continua crescita: dai 1.400 del 1853 si passa ai 2.500 del 1855 con punte di 3000 nei trimestri più ricchi di avvenimenti e di interventi. Diffuso soprattutto nel Lombardo-veneto, dove raggiunge anche i più “sperduti casolari di campagna”, ha associati e lettori in quasi tutte le principali città italiane.

Nei primi due anni la struttura del foglio è incerta. In apertura del primo numero l’avviso redazionale presenta il giornale come rassegna completa ed esaustiva della “produzione scientifica, letteraria ed artistica italiana ed europea”, offrendosi come guida e interprete delle principali correnti di pensiero del tempo. Rivolgendosi programmaticamente “a ogni ceto di persone”, si propone di offrire i “lumi o Crepuscoli, di tutte quelle umane cognizioni indispensabili” per interpretare e decifrare uno tra i più difficili momenti della storia italiana ed europea tutto dominato, “nella scienza come nella letteratura, ... da uno spettacolo di dissoluzione, di scompaginamento”. Di fronte ai “travagli della società” è necessario individuare i “lontani sintomi di risorgimento, di trovare il filo nascosto che guida la scienza fra il dubbio e le desolazioni alle conquiste dell'avvenire” (Ai lettori, 6 gennaio 1850).

L’obbiettivo è, in sostanza, quello di individuare, nell’apparente eterogeneità delle dinamiche economiche e delle manifestazioni culturali quegli elementi che, vivificati dalla tradizione del pensiero italiano, possono aiutare a “risolvere le grandi questioni della vita senza le vertigini e i dolori” che in Inghilterra soprattutto e negli altri paesi europei hanno accompagnato “le evoluzioni della scienza”. Per realizzare il programma il foglio all’inizio non si dà un’impostazione predefinita. Unica rassegna fissa fin dall’inizio è il “Bollettino bibliografico” che accompagna il giornale salvo qualche rarissima interruzione lungo tutti i suoi dieci anni di vita. Abbastanza regolare anche la pubblicazione di una “Rivista commerciale e finanziaria” che dà conto delle più rilevanti notizie in campo economico dei diversi paesi europei. A partire dal n. 10 del 10 marzo 1850 compare per la prima volta la “Rivista settimanale degli avvenimenti politici internazionali”, senza firma, generalmente redatta dallo stesso Tenca. In aprile esce la prima “Corrispondenza dal Piemonte” che tuttavia all’inizio non ha una periodicità costante.

Con il 1851, il foglio, rallegrandosi del successo ottenuto, dichiara di volere con il nuovo anno allargare il campo della sua collaborazione. “Alle memorie e agli articoli critici e scientifici farà seguire tutte quelle notizie e quei bollettini che riassumono il movimento generale dei fatti. Le riviste settimanali piglieranno proporzioni più estese in ragione dei nuovi elementi chiamati ad entrarvi. Tutte le pubblicazioni italiane e straniere di qualche importanza vi troveranno menzione” (Il Crepuscolo, n. 1, 5 gennaio 1851). Dal n. 30 del 27 luglio 1851 compaiono le prime corrispondenze dalla Svizzera scritte in un primo tempo da Pietro Peri, consigliere di stato ticinese e successivamente da Francesco Rodriguez esule in Ticino dopo gli avvenimenti quarantotteschi e professore di geodesia al Liceo cantonale di Lugano. Dal 1852 incomincia a riscontrarsi una maggiore regolarità e sistematicità. Alla “Rivista settimanale” si affiancano ogni settimana corrispondenze specifiche dai diversi paesi. Rodriguez è autore di tanto in tanto di quelle francesi, per quelle inglesi Tenca può avvalersi della penna di Eugenio Camerini e di Odoardo Fusco. Per la narrazione del movimento politico letterario tedesco, Tenca si trova in gravi difficoltà fino al 1854, quando entra in relazione con Johann Ferdinand Neigebaur, dal giugno di quell’anno corrispondente da Berlino e successivamente anche dalla Russia e dalla Polonia. Per quanto concerne gli stati italiani, se inutili sono gli sforzi compiuti per trovare un corrispondente da Napoli, dalla Toscana e dal Piemonte gli scambi e gli interventi sono costanti. Da Firenze scrive, in prevalenza corrispondenze letterarie, Paolo Emiliani Giudici; da Torino si alternano Eugenio Camerini e Antonio Colombo, che dopo le giornate quarantottesche si era spostato a Torino, affiancando alla pratica di avvocato presso l’Ufficio dei poveri la collaborazione ai principali periodici e giornali della città. Attentissimo è, infine, Tenca a mantenere i contatti con gli ambienti culturali trentini con Giovanni a Prato [??? Cfr. Rassegna storica del Risorgimento, 1936, XXIII], Tommaso Gar e Bartolomeo Malfatti.

Alle corrispondenze che rivestono un ruolo di primaria importanza per il giornale, sia dal punto di vista quantitativo sia per l’interesse che suscitano negli associati, seguono articoli di approfondimento di vario genere, dai pezzi di critica letteraria e artistica alle rassegne educative, alle riflessioni di natura storica, ai temi più immediatamente legati alle questioni sociali economiche e sanitarie del tempo.

Nel 1859, con la ripresa delle pubblicazioni dopo la sospensione dovuta agli avvenimenti bellici, il foglio torna ad assumere periodicità settimanale e modifica la propria natura, che diviene fino alla fine essenzialmente politica. “Riassumendo la parte politica - scrive la redazione sul n. 11 del 4 settembre 1859 – la Redazione le darà tutta quell’estensione che i tempi mutati e le libere istituzioni domandano. Costituire il nuovo stato uscito ora dalla guerra, ordinare ed atteggiare l’Italia nelle condizioni che le sono fatte, proseguire nella confusione degli eventi la tradizione militante del pensiero nazionale, sono questi i precipui bisogni che chiedono tra noi l’opera ausiliare del giornalismo. Il “Crepuscolo” rivolgerà a questi principalmente le sue forze” (Annunzio, 4 settembre 1859, p. 213).

Per quanto riguarda la trattazione delle materie economiche gli interventi apparsi sul periodico possono suddividersi in due filoni principali: da un lato gli articoli di riflessione teorica e dall’altro i pezzi più immediatamente legati alla realtà agricola, industriale e commerciale delle diverse parti dell’Italia.

Alla riflessione teorica sulle principali correnti di pensiero italiano ed europeo il giornale dedica un apposita rassegna intitolata “Studi di economia politica”: al suo interno più che un’esplicitazione coerente di una teoria economica è possibile riscontrare un lavoro critico di analisi delle più rilevanti e diffuse opere di economia del periodo. La loro attenta disamina diventa poi punto di partenza per una presa di posizione che si dichiara esplicitamente volta più che alla critica alla divulgazione dei principali filoni del pensiero economico del tempo. In questo ambito si possono ricordare gli articoli di Antonio Allievi, Il credito bancario e i contadini. Studî di Carlo De Cristoforis (n. 1, 4 gennaio 1852, p. 1-4; n. 2, 11 gennaio 1852, p. 25-29; n. 3, 18 gennaio 1852, p. 39-42; n. 4, 25 gennaio 1852, p. 57-60); Prolegomeni dell’economia politica di Carlo Rusconi (n. 13, 27 marzo 1853, p. 205-207); Di alcune recenti opere di economia politica in Francia (n. 15, 10 aprile 1853, p. 239-240); le Osservazioni critiche sull’opera della popolazione di Malthus, dell’avv. Bartolomeo Trinci (n. 40, 2 ottobre, 1853, p. 640); Sugli economisti italiani del nostro secolo. Discorso di Angelo Marescotti (n. 45, 6 novembre 1853, p. 714-717); il Trattato teorico-pratico di economia politica del professore Gerolamo Boccardo (n. 1, 1° gennaio 1854, p. 12-16; n. 2, 8 gennaio, 1854, p. 26-29; n. 5, 29 gennaio 1854, p. 73-76; n. 6, febbraio 1854, p. 88-92); Le opere di Cesare Beccaria precedute da un discorso sulla vita e le opere dell’autore di Pasquale Villari (n. 49, 3 dicembre 1854, p. 774-778; n. 50, 10 dicembre 1854, p. 793-797; n. 51, 17 dicembre 1854, p. 807-812); l’articolo di Massarani Di alcune attinenenze dell'industria colla economia sociale (n. 33. 17 agosto 1851, p. 128-129; n. 34, 24 agosto 1851, p. 133-134; n. 35, 31 agosto 1851, p. 136-137); quello di Giacomo Battaglia Studi d'economia sociale. Sulla crescente produzione dell'oro (n. 41, 8 ottobre 1854, p. 646-650; n. 43, 22 ottobre 1854, p. 679-682; n. 44, 29 ottobre 1854, p. 695-700).

Tra gli interventi più immediatamente legati alla realtà economica, grande rilievo è dato dal giornale alle esposizioni industriali svoltesi durante il decennio nel Lombardo-Veneto. L’intervento più conosciuto e in più occasioni ricordato dagli studiosi è quello di Giuseppe Zanardelli con le sue Lettere sull’Esposizione bresciana, pubblicate tra l’agosto 1857 e il luglio dell’anno successivo e riunite in volume subito dopo la liberazione della Lombardia (n. 36, 6 settembre 1857, p. 573-578; n. 38, 20 settembre 1857, p. 604-607; n. 40, 4 ottobre 1857, 637-641; n. 41, 11 ottobre 1857, p. 654-658; n. 43, 23 ottobre 1857, p. 685-688; n. 44, 1° novembre 1857, p. 702-706; n. 48, 29 novembre 1857, p. 766-770; n. 49, 6 dicembre 1857, p. 781-786; n. 52, 27 dicembre 1857, p. 824-831, n. 4, 24 gennaio 1858, p. 52-55; n. 6, 7 febbraio 1858, p. 84-88; n. 8, 21 febbraio 1858, p. 117-122; n. 10, 7 marzo 1858, p. 154-155; n. 12, 21 marzo 1858, p. 185-190; n. 15, 11 aprile 1858, p. 231-235; n. 17, 25 aprile 1858, p. 262-266; n. 23, 6 giugno 1858, p. 357-360, n. 27, 4 luglio 1858, p. 420-423).

Gli articoli s’inseriscono in un più ampio progetto di Tenca e della redazione del giornale volto a “mettere in luce i diversi aspetti della nostra esistenza economica e civile”, nella speranza che un accurato lavoro “di indagini pazienti, di osservazioni feconde, e di comparazioni giudiziose” possa contribuire a “strappare le segrete ragioni della prosperità civile all'inconsapevole tradizione”, per “farle entrare nel dominio della riflessione e della coscienza comune” (nota redazione a Delle condizioni naturali e civili del Friuli, n. 30, 25 luglio 1852, p. 471). L'obbiettivo è quello di offrire una descrizione il più possibile puntuale e approfondita delle condizioni economiche, sociali e culturali delle diverse parti d'Italia, che pur facendo risaltare gli elementi positivi delle singole realtà locali, ne metta in rilievo le carenze strutturali e quelle attribuibili, invece, alla vessatoria pressione dell’Austria. Dopo aver sottolineato l'importanza delle esposizioni locali di prodotti industriali, primo passo verso le esposizioni universali, strumento e chiave per “una pacifica lotta ed emulazione fra i popoli civili”, “mutuo insegnamento fra produttori e fra il produttore intraprendente e il consumatore esigente”, Zanardelli entra subito nel vivo del problema di una città e di una provincia che versano in una “distretta finanziaria senza riscontro, e nelle più tristi ed streme condizioni economiche” e sociali, con una popolazione falcidiata dalla pellagra “squallida compagna della miseria”, e dalla piaga dell’ “accattoneria”. Nonostante la diffusione della media e della piccola proprietà, più adatte, secondo l'autore, alla natura e alla configurazione del suolo, e la quasi totale assenza di “vincoli feudali e di altri simulacri giuridici delle passate età”, lo stato dell'agricoltura e delle tecniche produttive denunciano un'arretratezza ingiustificabile con la pretesa vocazione agricola del paese. In questo senso la meccanizzazione diviene condizione indispensabile per il suo progresso, offrendo, accanto agli evidenti vantaggi economici, utili e desiderabili ritorni dal “lato umano e morale”. L'arretratezza culturale di proprietari e affittuari sono i mali contro cui combattere, nella convinzione della stretta relazione esistente tra rinnovamento delle pratiche agrarie e aumento della produttività, grazie all’istruzione agraria e tecnica. Contro il diffuso pregiudizio che vorrebbe fare dell'Italia solo e soltanto un “popolo agricoltore”, Zanardelli esprime con forza la sua fiducia nelle capacità propulsive dell'industria, vero e proprio “palladio di vita e floridezza”, fonte di lustro per le nazioni “fastigio d'ogni abbellimento, e tutti i più singolari raffinamenti della civiltà”. La tradizionale tesi degli agricolturisti di una sostanziale incompatibilità tra produzione agricola e industriale non solo è contraddetta dalla stessa storia economica dell’Inghilterra ma anche da quella italiana del periodo comunale, quando “sotto gli auspici benefici di una libertà, di cui mai si era veduta l’eguale, le repubbliche marinare, laboriose fino nei dorati palazzi e nei conventi, ebbero le industrie che approvvigionavano tutta l’Europa”. Non c’è dunque antinomia fra agricoltura e industria, prestandosi in realtà un mutuo appoggio e sussidio e crescendo una di conserva all’altra. In quest’ottica di graduale integrazione della produzione industriale a quella agricola, l’intervento pubblico dovrebbe affiancarsi all’iniziativa privata con la creazione delle condizioni strutturali più adatte ad uno corretto ed equilibrato sviluppo.

Alle medesime conclusioni favorevoli a uno sviluppo industriale considerato come condizione di un libero ed equilibrato sviluppo dei popoli, armonicamente uniti dalla continua circolazione di informazioni, studi e risultati, arriva anche Gabriele Rosa nel suo intervento sull’Esposizione dei prodotti naturali ed industriali della provincia di Bergamo (n. 37, 13 settembre 1857, p. 589-592; n. 39, 27 settembre 1857, p. 621-625). Anche qui la scelta a favore dell’industrializzazione è motivata dalla stessa storia italiana che vede Roma conquistare un impero più “colle costruzioni e colle arti meccaniche d’ogni maniera che colla prevalenza della forza muscolare”. I limiti a un più efficace sviluppo industriale sono indicati nell’arretratezza culturale sia delle classi lavoratrici che di quelle dirigenti ancora troppo ancorate a sterili pregiudizi, nella difficoltà delle comunicazioni, e nell’incapacità di comprendere l’intima relazione tra le condizioni naturali e civili di un paese e il suo progresso economico. In questo senso si esprime anche Tommaso Gar nelle sue lettere sull’Esposizione dei prodotti agricoli e industriali del Tirolo italiano (n. 29, 19 luglio 1857, p. 460-463; n. 30, 26 luglio 1857, p. 479-483; n. 31, 2 agosto 1857, p. 493-496), sottolineando come il primo e più immediato vantaggio delle esposizioni sia “la cognizione più complessiva ed esatta delle fonti di benessere generale, e pei produttori in particolare la conoscenza di sé convalidata dal raffronto cogli altri”. Solo attraverso il confronto è possibile, infatti, giungere ad una piena consapevolezza dei propri ritardi e delle proprie potenzialità.

Grande attenzione è infine concessa alle esposizioni degli altri paesi europei. Tra queste un rilievo centrale è senza dubbio assunto dall’esposizione di Londra a cui il periodico dedica numerosi articoli, definendola come il “frutto più bello della sapienza di chi promosse il free trade” (L’industria francese e l’italiana all’esposizione di Londra, n. 13, 20 marzo 1851, p. 51-52; Apertura dell’esposizione di Londra, n. 19, 11 maggio 1851, p. 76; Cronaca dell’esposizione di Londra, n. 20, 18 maggio 1851, p. 80; Cronaca dell’esposizione di Londra, n. 22, 1° giugno 1851, p. 88; Cronaca dell’esposizione di Londra, n. 27, 6 luglio 1851, p. 107). Analogo interesse è rivolto all’Esposizione universale di Parigi di cui il «Crepuscolo» dà conto a partire dall’agosto 1855 (n. 33, 19 agosto 1855, p. 523-526; n. 35, 2 settembre 1855, p. 555-559; n. 38, 23 settembre 1855, p. 605-608, n. 39, 30 settembre 1855, p. 622-624; n. 40, 7 ottobre 1855, p. 637-639) e che gli è occasione di ribadire da un lato la sua predilezione per il modello produttivo inglese capace di produrre in prima istanza per il consumo interno di massa e soltanto in seconda battuta di orientarsi alla produzione di lusso. Le rassegne sulle esposizioni internazionali diventano, nella rappresentazione datane dal giornale, momento importante di confronto con le altre nazioni europee, stimolo potente alla modernizzazione e alla manifestazione pacifica degli ideali nazionali. Esemplari in tal senso le parole di Guido Susani a proposito dell’Esposizione industriale di Monaco dell’agosto 1854 (n. 31, 30 luglio 1854, p. 487-491; n. 34, 20 agosto 1854, p. 537-542; n. 35, 27 agosto 1854, p. 554-556; n. 36, 3 settembre 1854, p. 567-571) che gli appare punto di incontro “d’una conglomerazione di stati nei quali la nazionalità piuttosto che un fatto può dirsi una aspirazione, o meglio uno istinto individuale ancora assai vagamente sentito, e che si agita segretamente cercando con ansietà uno sfogo di realizzazione […] destinato a produrre […] risultati che saranno gravi di imprevedibili circostanze”. Nel passare poi alla descrizione dettagliata dei singoli settori presenti alla manifestazione, Susani afferma due concetti cari agli intellettuali del «Crepuscolo»: la predilezione per una produzione industriale finalizzata più al consumo generalizzato che alla produzione di lusso e la considerazione di una non adeguata rappresentatività delle esposizioni rispetto alla realtà produttiva dei paesi partecipanti. Un’inadeguatezza che Susani spiega con l’eccessiva frequenza e l’elevato costo degli incontri e con l’ostilità spesso dimostrata dai governi nei confronti di queste pacifiche competizioni.

Se le esposizioni rappresentano un’occasione, pur nei limiti accennati, per offrire un panorama della produzione industriale italiana, il giornale dedica al tema anche ampie rassegne tematiche sulla base dei periodici rapporti pubblicati dalle locali camere di commercio. La difficoltà di reperire dati relativi alle diverse realtà del paese costringe il giornale a dedicare la sua attenzione in special modo al Lombardo-Veneto, la regione più progredita dal punto di vista industriale. In quest’ambito sono da annoverarsi gli interventi sullo stato dell’industria a Milano pubblicati nel 1853 (Cenni sullo stato dell’industria nella provincia di Milano, n. 12, 20 marzo 1853, p. 183-185; n. 13, 27 marzo 1853, p. 199-201) e nel 1858 (Dell’industria e del commercio nella provincia di Milano. Rapporto della camera di commercio e d’industria della provincia di Milano sullo stato dell’industria e del commercio della propria provincia negli anni 1854, 1855, 1856, n. 18, 2 maggio 1858, p. 276-279) sulla situazione pavese (Sullo stato dell’industria e del commercio nella provincia di Pavia. Rapporto di quella Camera relativo al 1852, n. 6, 5 febbraio 1854, p. 92-93 e Dell’industria e del commercio nella provincia di Pavia. Rapporto economico-statistico pel quadriennio 1853-1856 della Camera di commercio ed industria della provincia di Pavia, n. 47, 22 novembre 1857, p. 748-750), e su quella di Lodi e Crema (Dell’industria e del commercio nella provincia di Lodi, n. 8, 30 aprile 1859, p. 166-168). Accanto a queste è necessario ricordare le rassegne su Le condizioni economiche del Modenese (n. 5, 15 marzo 1859, p. 104-107) e Dell’industria e del commercio nella provincia di Mantova (n. 2, 31 gennaio 1859, p. 33-37), gli articoli di Rosa sul Movimento commerciale e industriale di Bergamo del 1852 (n. 50, 12 dicembre 1852, p. 798-800; n. 51, 19 dicembre 1852, p. 814-815) e quello più generale su L’agricoltura, la popolazione e l’industria della provincia di Bergamo (Notizie statistiche della provincia di Bergamo in ordine storico raccolte da Gabriele Rosa, n. 40, 3 ottobre 1858, p. 631-633); quelli relativi la città di Vicenza (Dell’industria e del commercio nella provincia di Vicenza. Rapporto generale pel triennio 1854-55-56 della camera di commercio e d’industria della provincia di Vicenza, n. 7, 14 febbraio 1858, p. 97-100) e di Udine (Dell’industria e del commercio nella provincia del Friuli, n. 13, 28 marzo 1858, p. 196-199).

Un’attenzione analoga è dedicata alla produzione agricola, tema affrontato in tutte le sue articolazioni, dalle tecniche di coltivazione, all’analisi dei sistemi di produzione e d’irrigazione, all’esame delle condizioni di vita delle popolazioni agricole, alle iniziative tese al miglioramento delle cognizioni agrarie. Per quanto riguarda le tecniche di coltivazione e in particolare i problemi relativi alla gelsibachicoltura devono essere menzionati gli articoli di Gaetano Cantoni: Il calcino (n. 15, 14 aprile 1850, p. 60), Sulla possibile spontaneità della botrite del baco da seta. Osservazioni alla memoria del dottor Carlo Vittadini (n. 28, 11 luglio 1852, p. 443), Bacologia, (n. 18, 5 maggio 1850, p. 71-72; n. 23, 7 luglio 1850, p. 88), La bacologia nel 1851 (dove discute delle pubblicazioni di Antonio Abbate, Coltivazione dei bigatti; di Freschi, Guida per allevare i bachi da seta; di Camillo Margarita, Avvertimenti ed osservazioni; di Agostino Bassi, Il miglioramento del bachi da seta; e di Berti Pichart, Allevamento dei bachi da seta, n. 20, 18 maggio 1851, p. 79-80, e n. 25, 22 giugno 1851, p. 99); La bacologia nel 1852 (n. 25, 20 giugno 1852, p. 392-385), Rivista bacologica I e II (n. 19, 10 maggio 1957, p. 307-310; n. 20, 17 maggio 1857, p. 322-324), Bacologia. Aspettazioni e speranze pel 1858 (n. 28, 12 luglio 1858, p. 448-450), Sulle cause dell'attuale malattia dei bachi e sui modi di scemarne i danni (n. 38, 20 settembre 1858, p. 609-611). Il rilievo economico della coltura del gelso non ha, secondo Cantoni, portato con sé un adeguato progresso nelle conoscenze delle pratiche agrarie. Se dall'inizio del secolo e nell'arco di pochi decenni le procedure d’allevamento hanno conosciuto un processo di razionalizzazione volto anche a sradicare pregiudizi e malsane abitudini, non si è tuttavia ancora giunti a stabilire un rapporto di causa ed effetto tra i diversi momenti della sua naturale evoluzione in modo da poter stabilire principi generali e universalmente validi al di là di generiche raccomandazioni alla più scrupolosa igiene. Nel campo delle malattie poi, e in particolare del calcino, sempre più diffuso a mano a mano che l'allevamento del filugello si diffonde, rispetto alle ipotesi diverse e agli innumerevoli rimedi proposti, peraltro non risolutivi, nelle prime rassegne bacologiche del «Crepuscolo», Cantoni sostiene l'ipotesi che la malattia dipenda da alterazioni chimiche endogene al baco, rese attive da fattori climatici, come il vento o l'umidità e che la muffa presente sul corpo dei bachi morti sia una conseguenza e non la causa della malattia. Successivamente, in seguito agli studi di Filippo De Filippi e di Carlo Vittadini che avevano scoperto la presenza della botrite nell'insetto vivo, dimostrandone la contagiosità, Cantoni modifica in questo senso la sua posizione, pur continuando a sostenere l'ipotesi dell’iniziale generazione spontanea del calcino. Anche in occasione della diffusione in Italia della pebrina Cantoni non manca di ragguagliare circa le diverse posizioni degli studiosi sulla natura e le cause del morbo. Nell’ambito dell’analisi dei sistemi di produzione un intervento d’assoluto rilievo, destinato a larga fortuna è quello di Carlo Cattaneo L’agricoltura inglese paragonata alla nostra (n. 50, 13 dicembre 1857, p. 793-798; n. 51, 20 dicembre 1857, p. 809-812, n. 52, 27 dicembre 1857, p. 825-828) con l’attenzione rivolta ai caratteri distintivi del sistema dell’“alta coltura” tipico della “bassa Insubria”. Sempre di Cattaneo è possibile ricordare l’intervento Di un progetto di canale nell'alto Milanese (Secondo abbozzo di progetto d'un canale per irrigazione e usi domestici dei comuni dell'alto Milanese e per irrigazione fra Milano e il lago Maggiore dell'ingegnere Carlo Possenti), pubblicato sul «Crepuscolo» del 1858 (n. 11, 14 marzo 1858, p. 166-167; n. 12, 21 marzo 1858, p. 182-184) e, sempre nello stesso anno, la risposta (Sul progetto di canale dell’ingegnere Possenti, n. 27, 4 luglio 1858, p. 423-425) alla replica di Carlo Possenti pubblicata sempre sullo stesso periodico (Polemica. Sul progetto di canale nell’alto Milanese, n. 16, 18 aprile 1858, p. 250-252).

Per quanto riguarda invece lo studio delle campagne dal punto di vista socio-economico, punto di partenza per ogni successivo approfondimento ed ampliamento tematico è il lungo intervento di Giovanni Cantoni Sulle condizioni economiche e morali della bassa Lombardia pubblicato anonimo tra il marzo e l’aprile 1851 (n. 11, 16 marzo, p. 41; n. 12, 23 marzo, p. 45; n. 13, 30 marzo, p. 49, n. 14, 4 aprile, p. 54-55). L’articolo s’inserisce in un più ampio progetto del giornale rivolto a promuovere “una serie di studi sullo stato delle popolazioni agricole in Lombardia destinati a gettare qualche luce su un problema vitalissimo e finora non abbastanza studiato dalla nostra economia”. Lo scopo è in sostanza quello di affiancarsi all’iniziativa della Società d’incoraggiamento di scienze lettere ed arti che, proprio agli inizi del 1851, ha indetto un concorso, sottoponendo all’attenzione degli studiosi “uno dei quesiti più importanti e vitali dell’economia del nostro paese”, invitando a “studiare le condizioni economiche e morali delle popolazioni agricole della Lombardia, specialmente per quel che riguarda i contratti d’affittanza, nei loro rapporti colla possidenza e coi diversi generi di coltura”. Il lavoro di Cantoni si concentra soprattutto ad esaminare il modo di vita delle popolazioni agricole, le loro condizioni di lavoro, quelle alimentari e abitative, i rapporti tra contadini, proprietari e grandi affittuari, le norme contrattuali che li regolano. Al peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici, conseguente la diffusione del sistema delle grandi affittanze, Cantoni individua come soluzione una “benintesa divisione dei latifondi della Bassa”, che accrescendo “la cura dell’affitajuolo sui fondi” aumenterebbe il lavoro e quindi la ricerca e la mercede dei contadini”. Il tipo di azienda agricola da diffondere è dunque quella di medie dimensioni, gestita in forma stabile da contadini proprietari e da affittuari. In questo senso grandi vantaggi si potrebbero avere con una più accurata regolamentazione dei patti d’investitura in modo da rafforzare la permanenza dell’affittuario sul fondo in gestione e rendere più agevoli i rapporti tra le classi. La “condotta agricola” non dovrebbe essere gravata da “altri obblighi fuorché quelli richiesti dall’indispensabile ruota agraria”, concedendo all’affittuario la libertà di agire sul fondo sulla base delle proprie competenze e conoscenze. In definitiva solo “agevolando all’affittaiuolo i mezzi di coltivazione e di miglioramento, rendendolo più interessato, più legato al suolo che coltiva, lo si torrebbe alla necessità di tiranneggiare il contadino e di spremerne col minor compenso le più dure fatiche”. Tra i mezzi che più contribuiscono a migliorare le condizioni di vita delle classi agricole, è indicata, infine, anche l’istruzione agraria, e in particolare la riforma delle scuole elementari minori attraverso il loro accorpamento, in modo da renderne più solida la dotazione finanziaria e più agevole l’assunzione d’insegnanti adeguatamente preparati. Sul problema delle condizioni economiche e sociali delle classi agricole, Cantoni ritorna ancora nel 1856 con la recensione all’opera di Stefano Jacini La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia (n. 14, 6 aprile 1856, p. 222-225; n. 15, 13 aprile 1856, p. 239-243; n. 18, 4 maggio 1856, p. 288-292; n. 20, 18 maggio 1856, p. 320-324; n. 23, 8 giugno 1856, p. 367-370). Qui, pur concordando in molti punti con l’opera di Jacini, lo rimprovera di “dipingere con colori men gravi del vero le condizioni del nostro popolo campagnuolo” e di voler limitare eccessivamente l’importanza dell’intervento statale in questo campo. All’istituzione di probiviri per le contestazioni civili e a quella degli avvocati per i poveri retribuiti dallo stato, Cantoni affianca la proposta di creare un’apposita magistratura incaricata “d'invigilare gl’interessi rurali ed eletta al pari delle deputazioni amministrative dal convocato o dal consiglio comunale”. Ad essa vengono affidate non soltanto mansioni arbitrali per le controversie tra possidenti, fittabili e coloni, ma anche il fondamentale compito di “sanzionare le scritture d’affitto”, in modo da evitare patti “contrari alla legge e alla pubblica utilità”. Nella sostanza, il giovane fisico ripropone ancora una volta la sua predilezione per la proprietà di medie dimensioni, considerata come l’unica che permetta un’efficace compenetrazione degli interessi dei proprietari e di quelli dei coltivatori. Dello stesso avviso è del resto anche il fratello Gaetano Cantoni nella recensione all’opera di Giacomo Collotta (Dell’agricoltura nelle provincie venete. L’agricoltura nelle provincie venete, Ragionamenti economici di Giacomo Collotta, n. 42, 18 ottobre 1856, p. 669-672; n. 43, 25 ottobre 1856, p. 688-691; n. 44, 1° novembre 1856, p. 706-708). Anche qui la proprietà troppo estesa è presentata come ostacolo al progresso agricolo e fonte di squilibri sociali facilmente evitabili con una sua più equilibrata distribuzione e con l’abolizione di privilegi e consuetudini anacronistici come le decime ecclesiastiche, il pensionatico, la proprietà comunale. Il principale vincolo al progresso agricolo è ancora una volta indicato nella mancata congiunzione degli interessi della proprietà con quelli dei coltivatori diretti.

Sempre nel solco delle indagini socio economiche sulle diverse zone agrarie presenti nel Lombardo-Veneto sono da ricordare il pezzo di Pacifico Valussi sul Friuli (Delle condizioni naturali e civili del Friuli, n. 30, 25 luglio 1852, p. 470-475) rimasto purtroppo incompleto e gli articoli di Romualdo Bonfadini su La Società agraria e le condizioni economiche della Valtellina (n. 27, 4 luglio 1858, p. 416-420; n. 28, 11 luglio 1858, p. 433-437; n. 30, 25 luglio 1858, p. 465-469; n. 31, 1° agosto 1858, p. 480-484). Nel descrivere le terribili condizioni in cui si trovano i contadini valtellinesi falcidiati da colera e pellagra, immiseriti da crittogama, calcino, ridotti in condizioni di tale indigenza che la “bancarotta dei piccoli possidenti” gli appare non più questione di “anni ma di mesi”, Bonfadini rinviene nella mancanza di “sapere e capitali” il vero nucleo del problema. Anche qui è invocato un intervento di razionalizzazione dell’ordinamento comunale, al fine di renderne più solide le base finanziarie, primo passo per un più efficace intervento nel campo dell’istruzione elementare e di quella agricola. Dal punto di vista, invece, della mancanza di capitali, Bonfadini auspica la nascita di un’Associazione di credito fondiario, direttamente rivolta alla creazione di una solida rete di infrastrutture, indispensabile base per un’efficace crescita della produzione agricola e “facile e naturale transizione al più vasto e civile ordinamento del libero credito agrario”.

Quella del credito in tutte le sue forme è una delle questione più dibattute sul giornale, in particolare per opera di Antonio Allievi che incomincia a dedicarvisi a partire dal 1852 con la recensione polemica al già citato volume di Carlo De Cristoforis Il credito bancario e i contadini pubblicato a Milano da Vallardi nel 1851, e sempre lo stesso anno con gli Studii sul credito fondiario, (n. 14, 4 aprile, p. 214-218; n. 15, 11 aprile, p. 229-233; n. 19, 9 maggio, p. 297-302; n. 21, 23 maggio, p. 326-330; n. 22, 30 maggio, p. 343-348; n. 24, 13 giugno, p. 378-382; n. 29, 18 luglio, p. 455-460; n. 31, 1° agosto, p. 487-490; n. 36, 5 settembre, p. 564-568; n. 37, 12 settembre, p. 586-590; n. 43, 24 ottobre, p. 683-688; n. 44, 31 ottobre, p. 699-704). A questi seguono nel 1855 la recensione al lavoro di Leone Carpi Del credito agrario e fondiario e delle casse di risparmio, lavoro e sussidi (n. 9, 4 marzo, p. 142-144), nel 1856 i Pensieri e proposte attinenti agli interessi lombardi. Lettere alla Redazione (n. 36, 7 settembre, p. 575-578; n. 37, 14 settembre, p. 592-596; n. 39, 28 settembre, p. 622-626; n. 40, 5 ottobre, p. 638-642; n. 41, 12 ottobre, p. 654-658; n. 44, 2 novembre, p. 707-711; n. 45, 9 novembre, p. 722-726; n. 50, 14 dicembre, p. 802-805) e nel 1858 La Cassa interinale di sovvenzione per le sete in Milano (n. 1, 3 gennaio, p. 1-6; n. 2, 10 gennaio, p. 17-22; n. 3, 17 gennaio, p. 33-39) e alcune considerazioni sul Bilancio consuntivo dell’anno 1857 e notizie sulla gestione delle casse di risparmio di Lombardia dall’epoca della loro formazione (n. 51, 19 dicembre 1858, p. 801-804). I problemi e le funzioni del credito sono esaminati all’interno di un più ampio contesto in cui crescita economica e dinamiche sociali e culturali sono intimamente connesse. Entro questo quadro, la diffusione del credito fondiario può contribuire allo sviluppo di una “possidenza” attiva e previdente e alla generalizzazione della piccola e media proprietà, liberando le popolazioni agricole da “quell’inerzia e tenacità di resistenza” che le rendono “ritrose a tutte le innovazioni”. Quattro anni più tardi, ampliando la sua analisi alle condizioni economiche e sociali della Lombardia, Allievi si sofferma in particolare sul ruolo e le funzioni assunte dalla Cassa di risparmio, non più “un istituto di esclusiva pertinenza del povero” ma “un po’ il salvadanajo di tutto il mondo”. La trasformazione intervenuta non appare ad Allievi “né arbitraria né pericolosa” ed anzi è da favorire la sua evoluzione in un “vero istituto di credito e circolazione”. Negli articoli successivi sono ripresi i temi già dibattuti, attribuendo una particolare attenzione al progetto di dar vita a una banca di sconto lombarda e alla costituzione di una Cassa interinale di sovvenzione sopra deposito in pegno di sete. Allievi che pur ne giustificava l’avvio e ne riconosce le funzioni, ritiene che rispetto alle necessità di fondo dell’economia lombarda il ricorso a prestiti contro depositi di merce invenduta non possa essere considerato una soluzione stabile e normale alla quale tendere. Continuare a porre la seta al centro di tutta l’economia lombarda, senza voler vedere ed esplorare “altre sorgenti di beni” potrebbe avere conseguenze negative e contribuire ad aggravare il divario esistente con i maggiori centri industriali europei. Le potenzialità su cui si dovrebbe concentrare gli sforzi di tutti sono “le comunicazioni materiali, mediante la compiuta rete delle strade ferrate; le comunicazioni economiche, mediante la Cassa di sconto, avente sue filiali nei capoluoghi delle provincie”.

Che lo sviluppo delle vie di comunicazione sia, insieme a quello bancario, uno dei principali nodi della discussione economica di questi anni lo dimostrano gli interventi di Allievi (in particolare nelle sue lettere Pensieri e proposte) e le periodiche rassegne dedicate all’argomento dal giornale per mano principalmente di Innocente Decio (Cenni statistici sulla rete delle strade ferrate europee, n. 18, 30 aprile 1853, p. 286-287; n. 19, 8 maggio 1853, p. 298-301; e n. 22, 28 maggio 1854, p. 344-348; n. 23, 4 giugno 1854, p. 361-364, n. 26, 25 giugno 1854, p. 411-414; Sulle strade ferrate, n. 24, 15 giugno 1856, p. 381-386; n. 25, 22 giugno 1856, p. 398-406). I problemi dibattuti sono il proseguimento della linea Milano-Venezia interrotta a Coccaglio e il passaggio delle Alpi. Nell’accogliere e riportare le diverse opinioni in proposito, il foglio si limita ad affermare l’importanza di rendere omogenea alla rete europea quella lombarda, in modo da favorire “l’armonico sviluppo delle forze disgregate di ciascuna rete”. Il punto fondamentale è quello di promuovere uno sviluppo articolato, coerente con la configurazione naturale del suolo lombardo e con la sua organizzazione socio-economica.

Più definita è la posizione del giornale in relazione al passaggio delle Alpi. Il quesito se privilegiare il passaggio del Lucomagno o, come sostiene Cattaneo, preferire il Gottardo, è stato anticipato sul «Crepuscolo» nel 1853 da Valentino Pasini nel suo intervento Della strada ferrata da Genova alla Svizzera (n. 21, 22 maggio, p. 330-332). Ad essi seguono sempre nello stesso anno gli articoli Corrispondenza della Svizzera, il Gottardo e il Lukmanier, (n. 26, 26 giugno 1853, p. 403-405) e Alcuni riflessi sulla concessione della strada del Lukmanier, (n. 39, 25 settembre 1853, p. 611-612). Tre anni più tardi interviene Allievi nei Pensieri e proposte, schierandosi a favore di una linea ferroviaria che passando dal Gottardo si diriga verso Zurigo, aprendosi a una molteplicità di direzioni. La scelta del Gottardo appare ad Allievi perfettamente in linea con gli interessi generali del commercio europeo al quale “giovano assai più le vie naturali e possibilmente brevi, anziché le artifiziosamente allungate”.

All’interno di quello spirito di cooperazione che al «Crepuscolo» appare come il fondamentale supporto di ogni intervento in campo economico, sono inquadrati anche i numerosi interventi sulle moltepici iniziative associative e di promozione agricola e industriale sviluppatesi nell’arco del decennio di preparazione. In quest’ambito sono da ricordare gli articoli su La Cassa d’incoraggiamento d’arti e mestieri in Milano (n. 40, 3 ottobre 1852, p. 633-636), quelli riguardanti le attività della Società d’incoraggiamento di scienze lettere ed arti (n. 7, 16 febbraio 1851, p. 27-28) e quelli dedicati al sorgere di analoghe iniziative nelle diverse province lombarde, da La Società industriale bergamasca (n. 10, 10 marzo 1850, p. 39-40; e n. 10, 7 marzo 1858, p. 154-155), alla Società agraria valtellinese di cui si è fatto cenno parlando degli articoli sulla Valtellina di Romualdo Bonfadini (si veda anche L’associazione agraria valtellinese, n. 15, 12 aprile 1857, p. 243-245), alla Società d’incoraggiamento della provincia di Padova e all’Associazione agraria friulana considerate insieme nella recensione a L’annuario dell’Associazione agraria friulana (n. 34, 22 agosto 1858, p. 531-533) alla Società d’incoraggiamento per l’agricoltura e l’industria della provincia di Brescia (Società d’incoraggiamento per l’agricoltura e le industrie nella provincia di Brescia, n. 38, 19 settembre 1858, p. 607). Un’attenzione specifica è data infine all’Associazione agraria di Corte del Palasio (Progetto d’Istruzione d’un latifondo-modello con università agraria per l’istruzione teorico pratica degli agricoltori lombardi, n. 32, 8 agosto 1852, p. 500-503; n. 33, 15 agosto 1852, p. 519-521; n. 34, 22 agosto 1852, p. 540-544; supplemento al «Crepuscolo», n. 2, 11 gennaio 1857, p. 33-40) e al suo tentativo di creare “uno stabilimento di speciale istruzione per agricoltori” in cui “l’intelligenza” sia preparata “al punto di vista della futura occupazione agricola” con il fine ultimo di “dare valore civile e importanza morale ad una classe di persone influentissima nella nostra società, quella che dirige coloni e braccianti nelle aziende agricole e che ha diritto di mettersi a paro con le più colte cittadinanze e coi professanti delle arti liberali”. Uno sguardo d’insieme ed un’analisi critica dei risultati raggiunti in questo campo è infine compiuto con l’articolo sulle Società d’incoraggiamento alle industrie nelle provincie (n. 19, 10 maggio 1857, p. 305-307) che, riunendo le fila della posizione del giornale relativamente le singole istituzioni, riafferma i principi di fondo che ne hanno guidato l’esame: l’aspirazione ad una loro maggiore diffusione, vista come l’espressione concreta di un nuovo spirito di associazione da incoraggiare con ogni mezzo e il desiderio che il propagarsi di questo spirito portasse con sé un maggiore impegno in campo economico e sociale, una maggiore coesione tra le classi.

Tra i principali collaboratori ricordiamo: Antonio Allievi, Giacomo Battaglia, Cesare Bermani, Emilio Bignami, Camillo Boito, Romualdo Bonfadini, Serafino Bonomi, Francesco Cagnola, Eugenio Camerini, Gaetano e Giovanni Cantoni, Giulio Carcano, Carlo Cattaneo, Giovanni Codazza, Antonio Colombo, Emilio Cornalia, Innocente Decio, Paolo Emiliani Giudici, Antonio Ferrario, Filippo Filippi, Odoardo Fusco, Tommaso Gar, Paolo Gorini, Romolo Griffini, Carlo Guarinoni, Paolo Jacini, Carlo Landriani, Bartolomeo Malfatti, Tullo Massarani, Carlo Matteucci, Giuseppe Mongeri, Aristide Nardini Despotti, Ettore Novelli, Valentino Pasini, Caterino Percoto, Carlo Possenti, Francesco Rodriguez, Gabriele Rosa, Pietro Rotondi, Guido Susani, Antonio Testa, Emilio Treves, Pacifico Valussi, Giovan Battista Vassalli, Annibale Vecchi, Emilio Visconti Venosta, Costantino Vojnovic, Giuseppe Zanardelli.

A. Po.

Raccolte: MI120: 1850-1859.