comune di Bergamo sec- XII - sec. XIV

Centro importante sin dall’età romana, importanza testimoniata anche dai resti archeologici di città alta, Bergamo assurse a grande rilievo in epoca longobarda, durante la quale fu sede di un importante ducato. Il passaggio all’età franca confermò la rilevanza di Bergamo, situata sulla strada che congiungeva Brescia a Como e di lì al centro Europa.
La chiesa di Bergamo godeva di privilegi di immunità concessi dall’imperatore Carlo III sin dall’882, privilegi confermati e ampliati in seguito da Enrico II e Corrado II (Jarnut 1980). Nel corso dei secoli X e soprattutto XI l’istituzione vescovile riuscì ad erodere il potere della famiglia comitale dei Gisalbertini assicurandosi di fatto il controllo sulla città. Il culmine del potere vescovile fu toccato sotto il vescovo Arnolfo (1077-1098) il quale, però, venne coinvolto, e travolto, dalla lotta per le investiture. Scomunicato in quanto simoniaco e fedele dell’imperatore, Arnolfo venne infine deposto da un sinodo milanese.
Meno di dieci anni più tardi si ha notizia di consoli e di una vita amministrativa già avviata. Il passaggio, quindi, alla fase comunale non fu brusco, segno della provata partecipazione dei membri delle maggiori famiglie cittadine al governo della città già durante il dominio vescovile.
Alla base della primaria struttura amministrativa e politica del comune di Bergamo erano le vicinie. Si trattava di suddivisioni delle aree della città sorte dapprima con carattere principalmente ecclesiastico e legate al culto, poi aventi sempre più spiccate caratteristiche amministrative.
Nel 1251 le vicinie erano diciassette. Salirono a ventidue nel 1263, passarono a venti nel 1453, a diciannove nel 1491, di nuovo venti nel 1563 e 1596.
Le vicinie avevano proprie assemblee che eleggevano tre consoli (uno dei quali anche canepario) e un notaio. In alcune di esse vi era anche un consiglio ristretto (credenza) formato in genere da dodici membri.
Fra la deposizione di Arnolfo (1098) e le prime notizie dell’esistenza di consoli (1108-1110), si afferma un comune amministrato attraverso “commissioni” nominate dall’arengo generale. Un atto del 1110 evidenzia ben quattordici consoli. Tre consoli sono citati per il 1109, forse anche nel 1108. Di sicuro l’atto di donazione di terre al monastero di Astino (1117) vede la presenza di undici consoli. È possibile, quindi, fissare ragionevolmente al 1108-1110 la data di avvio dell’esperienza comunale di Bergamo.
Nulla é dato di sapere sull’elezione dei consoli (probabilmente eletti dall’arengo dei capifamiglia delle più importanti casate, assemblea che escludeva il popolo).
Il numero dei consoli mutò molto, nel corso del XII secolo, passando da un minimo di otto (1151) a un massimo di venti (1162). La carica iniziava, pare, a luglio, e durava sembra un anno (con una contumacia di pari durata). I consoli avevano, in quel periodo, sia poteri amministrativi sia giudiziari e militari.
Nel 1162 si ha la prima notizia di un podestà cittadino (nominato dall’imperatore) mentre fino al 1264 si alternarono alla guida della città podestà di nomina comunale e consoli cittadini.
Nel corso del XII secolo e sempre più di quello successivo, Bergamo si impose gradatamente ai comuni del suo “contado” al punto da imporre a metà Duecento, ad alcuni di essi di “spianare le fosse della nostra Cortenova” (Statuto di Bergamo 1248).
Nel 1265 Filippo della Torre, allora signore del popolo di Milano, divenne podestà di Bergamo che, da quel momento, entrò nell’orbita milanese. I della Torre restarono in Bergamo sino al 1277, quando i Visconti presero il sopravvento in Milano.
Si aprì un nuovo periodo di “indipendenza” che durò fino al 1301. Gli ultimi anni del XIII secolo furono caratterizzati dalla cruenta lotta fra le famiglie di parte guelfa (Bonghi e Rivola) e ghibellina (Suardi e Colleoni).
Nel maggio 1301 Matteo Visconti fu acclamato capitano del popolo (per un solo anno) dopo esplicita richiesta dei Suardi e dei Colleoni. I contrasti fra guelfi e ghibellini furono sanati con una pace nel febbraio 1307.
La discesa di Enrico VII riportò in auge in città il partito ghibellino, il quale riprese il sopravvento nel novembre 1310. Il primo vicario regio in Bergamo, segno tangibile della fine dell’autogoverno comunale, infatti, fu un Visconti. La struttura organizzata dall’imperatore, però, andò in pezzi alla sua morte, due anni più tardi. Il periodo che va dal 1313 al 1330 fu, poi, tutto un alternarsi di podestà di nomina comunale e di nomina “milanese”, a seconda della situazione generale.
Nel novembre 1330 i guelfi di Brescia si rivolsero a Giovanni re di Polonia e di Boemia, figlio di Enrico VII, contro i della Scala e i ghibellini. Il re entrò in Brescia il 31 dicembre 1330.
Il 5 febbraio successivo ci fu la dedizione di Bergamo e l’entrata del re in città. Giovanni di Boemia rimase signore di Bergamo fino al settembre dell’anno successivo, quando la città cadde definitivamente nell’orbita viscontea (Belotti 1940 e Statuto di Bergamo 1331).

ultima modifica: 19/01/2005

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]