ragionatori 1488 - 1797

I sei ragionatori (o sindaci), uno per contrada ed eletti dal consiglio di vicinia, dovevano vagliare l’operato del console. Nel mese di gennaio, inoltre, nominavano due persone, che a loro volta potevano nominarne una terza, come arbitri nelle vertenze fra vicini e comune e fra vicini in materia di beni immobili, confini, beni comunali e incanti. Assieme al console procedevano all’incanto dei mulini comunali e all’elezione del camparo.
Il camparo manteneva i collegamenti tra le contrade, assicurava le convocazioni al consiglio di vicinia. Doveva risiedere a Branico, contrada geograficamente centrale, o almeno fissarvi un suo luogotenente. Naturalmente, doveva vigilare sul territorio comunale, riceveva le accuse e dava l’avvio ad un rapido procedimento inquisitorio nel quale all’accusato spettava l’onere della prova contraria da illustrare al consiglio di vicinia. Gli eventuali ricorsi, presentati al consiglio di vicinia o ai ragionatori, potevano essere inoltrati al podestà di Lovere solo con il consenso di questi. Le singole contrade, inoltre, potevano eleggere propri campari (Statuto di Costa Volpino 1488).
I ragionatori incantavano in piena autonomia la gestione della taverna comunale, fissando il prezzo di vendita di vino, pane e formaggio.
I “Capitoli e regole” del 1751 stabilirono che i sei ragionatori (detti ormai sindaci) formassero, assieme a dodici consiglieri, al console e al cancelliere, il consiglio di credenza del comune (capitoli di Costa di Volpino, 1750).

ultima modifica: 09/12/2003

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]