consiglio di credenza 1445 - 1790

Gli statuti del 1445 stabilirono che l’arengo, la domenica prima di Natale, si riunisse ed eleggesse dieci “elettori” (due per ogni contrada che formava il comune e appartenenti a dieci famiglie diverse) i quali, a loro volta, avrebbero dovuto nominare i dodici membri del consiglio di credenza (due per Peia e Cirano e otto per le tre contrade interne a Gandino). Nel 1453 si stabilì che il rinnovo dei membri non fosse totale ma che rimanessero in carica due credendari uscenti. Nel 1531, in seguito alla separazione di Peia, il numero dei credendari passò a dieci (due per Cirano, tre per Gandino alta e Gandino bassa e due per Gandino di mezzo). Nel 1616, infine, si stabilì che i membri sarebbero stati in carica solo sei mesi, cinque per il primo semestre, altrettanti per il secondo.
L’operato dei credendari era sottoposto, al termine del mandato, alla valutazione di sindacatori eletti allo scopo. Fra gli obblighi dei membri del consiglio di credenza si possono citare la supervisione dei registri contabili e il controllo mensile dei mulini. Il consiglio, unitamente ai consoli, aveva il compito di riscuotere i beni del comune ed era responsabile della gestione dei beni comunali, dai pascoli alla taverna, dai mulini ai boschi. Una volta nominati, i credendari provvedevano all’elezione dei membri dell’arengo, del consiglio dei ventiquattro, dei consoli, dei notai, dei fattori di ragione, dei campari, dei calcatori (uno per contrada, con l’incarico di “calcare”, ossia ispezionare le località di confine, verificare i confini comunali e le distinzioni fra terreni privati), dei tagliatori di usufrutto (che, sotto giuramento, dovevano “talliare”, cioè spartire e registrare le quote di beni comunali assegnate in usufrutto, a pagamento, a chi ne avesse diritto), del massaro, dei cinque deputati alla taglia delle bestie (uno per contrada, con il compito di “immatricolare” su un registro i capi di bestiame che erano sottoposti al pagamento di una taglia e controllare il regolare andamento di quanto disposto negli statuti del dazio del piede rotondo e della grattarola), dei quattro sindacatori (con il compito di verificare, in stretto contatto con i fattori delle ragioni, l’operato non solo finanziario di tutti i funzionari comunali, in particolare dei consoli, dei credendari, dei notai, dei membri del consiglio dei ventiquattro e dei vicini che custodivano i registri di “contraforto”), e dei trenta incaricati della periodica revisione dell’estimo comunale. Alla fine di giugno, il consiglio di credenza proponeva dieci nomi di vicini fra i quali venivano sorteggiati i quattro responsabili dell’amministrazione della taverna comunale, detti “conductores” (uno di Peia e Cirano e due di Gandino), un notaio ed un massaro ad hoc. Assieme al console nominavano il tesoriere di valle.
Al consiglio spettava la facoltà di “deliberare ed emettere ordini in merito a tutte le questioni locali sia per quanto riguarda il rispetto della proprietà comune e la tutela dell’ordine pubblico, sia in materia procedurale e amministrativa tanto fiscale quanto giudiziaria, sia rispetto al culto ed agli interventi sul territorio”. Spettava al consiglio far rispettare le norme statutarie sui confini, i prati da pascolo, le acque, i boschi, la manutenzione di edifici e strade. Poteva, assieme ai consoli, ordinare i calmieri dei prezzi di carni e pane, sovrintendeva alla nomina dei presbiteri, dei sindaci e deputati della chiesa di Santa Maria e di rendere pubblici i legati testamentari. La contumacia dei credendari era di un anno.

ultima modifica: 20/02/2003

[ Fabio Luini, Cooperativa Archimedia - Bergamo ]