comune di Maccagno Inferiore sec. XIII - 1797

La località di Maccagno Inferiore era feudo imperiale, concesso alla famiglia Mandelli forse già dal X secolo. Sicuramente, anche se non si conoscono esattamente la data e l’origine dell’infeudazione, la famiglia Mandelli vantava diritti sul territorio già nel XIII secolo, come su altre terre della stessa area. La concessione comportava il vantaggio di una tassazione limitata ai tributi dovuti all’imperatore e al feudatario, con esclusione degli altri gravami, cui erano soggette le terre dipendenti dal ducato di Milano. Nel 1441 e nel 1464, i magistrati milanesi confermarono la condizione giuridica della località. I Mandelli ottennero nel 1622 il diritto di battere moneta, confermato anche da successivi diplomi.
Il comune di Maccagno era regolato da statuti probabilmente concordati tra il conte feudatario e gli abitanti; varie funzioni publiche erano affidate nel 1237 a un gualdamagno. Nella seconda metà del XIII secolo apparve la figura istituzionale del sindaco, scelto fra due consoli, che si occupava di gestire i problemi e le vertenze della comunità. I consoli duravano in carica un anno e tra i loro compiti vi erano la vigilanza sul rispetto dello statuto, il controllo dei pesi e delle misure, la manutenzione delle strade, la vigilanza sugli argini del fiume Giona e sull’uso delle acque, la determinazione dei prezzi del pane e del vino. Gli stessi consoli convocavano la vicinanza, cioè l’assemblea dei vicini del territorio, e rispondevano anche della conservazione delle carte dell’archivio, che si trovavano in una sala del palazzo signorile, destinata ad archivio. L’archivio, nei secoli XVII e XVIII era curato da un attuario.
Nelle loro attività i consoli erano coadiuvati dai campari, che svolgevano funzioni di vigilanza nel paese e sul territorio. Gli stessi consoli, ma anche il sindaco, il podestà o il gualdamagno ebbero anche funzioni giurisdizionali delegate dal feudatario; ma nelle questioni di maggiore importanza si poteva ricorrere a un giudice esterno al feudo. Comunque restava esclusa ogni competenza dei giudici del ducato di Milano (Giampaolo, Maccagno, pp. 68-84). Di uno statuto del comune di Maccagno Inferiore parla un documento del 1294, che cita anche i campari del territorio. Gli statuti del 1433 prevedevano due “consules et rectores” e funzionari minori detti “camparii” ed “extimatores”. La comunità aveva il diritto di darsi una propria normativa e di eleggere tutti gli anni i consoli, che venivano coadiuvati dal “consilium” della comunità, e i campari. I vicini avevano l’obbligo di partecipare all’assemblea, se convocati, salvo permesso dei consoli, che potevano obbligarli anche a prendere parte alle operazioni di sequestro dei beni. Nessuno straniero poteva acquistare beni immobili nel territorio del comune senza il permesso dei vicini. Le aggiunte apportate agli statuti nel 1512 precisavano meglio le competenze dei funzionari. Si parla nel testo di un unico console, eletto dall’ assemblea dei vicini, che amministrava la giustizia con l’aiuto dei campari, che vigilavano sulle proprietà private e collettive e custodivano nelle campagne i prodotti agricoli fino al termine dei raccolti, che era fissato il giorno di Ognissanti. Le multe comminate dovevano essere versate al comune (Canobbio 1999). Il testo degli “Statuti ed ordini della terra di Maccagno imperiale”, del 1 maggio 1569, prevedeva due consoli, eletti dalla comunità il primo gennaio di ogni anno, che avevano compiti di amministrazione e giurisdizionali. I consoli uscenti venivano nominati estimatori per il nuovo anno. Lo stesso giorno veniva eletto un camparo, che giurava nelle mani dei consoli eletti, con l’incarico di vigilanza sui beni del territorio e sugli animali. Altro funzionario eletto il primo gennaio era il tesoriere (Frigerio – Pisoni).
Estintosi il ramo principale della famiglia Mandelli nel 1668, il feudo fu acquistato dal barone viennese Walderode. Recuperato nel 1679 dai Mandelli fu infine venduto nel 1692 al conte Carlo Borromeo Arese, ma la vendita divenne effettiva solamente nel 1718, con la firma imperiale del diploma d’infeudamento. I Borromeo nominarono loro rappresentante nel comune un podestà, detto anche luogotenente. Il compito di amministrare la giustizia e presiedere il tribunale fu affidato al pretore di Cannobio.

ultima modifica: 27/10/2002

[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]