comune di Cesana sec. XIV - 1757

Comune del Monte di Brianza, appartenne alla squadra de’ Mauri.
Nel 1162 l’imperatore Federico I concesse all’abate di Civate un diploma che confermava i possessi dell’abbazia, anche quelli acquisiti per feudo e per contratto con privati, e interdiceva a tutti ogni ingerenza e potestà sulle cose e uomini dell’abbazia: tra i beni e le località era elencata Cesana (da intendersi non come l’intero villaggio, ma come più o meno vasti poderi nel territorio della località) (Bognetti, Marcora 1957).
Negli statuti delle strade e delle acque del contado di Milano era compreso, nella squadra di Canzo, come “el locho de Sezana” (Stella, Farina 1992).
Nella compartizione dell’estimo del Monte di Brianza (anno 1456), il comune di Cesana era compreso nella squadra de’ Mauri.
Negli estimi del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti fino al XVII secolo, Cesana risulta elencata tra le comunità della squadra de’ Mauri (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano).
In un prospetto comprendente tutte “le terre del ducato di Milano et altre con esse tassate per le stara di sale”, risalente al 1572 (Terre Ducato di Milano, 1572), era compresa anche Cesana.
Tra XVI e XVII secolo, il consolato nella comunità di Cesana fu quasi sempre assunto dalla famiglia Gerosa; i veri amministratori del comune erano però i sindaci. In un sindacato del 1614 il comune discusse di attribuire ai consoli maggiore autorità e poteri decisionali: per missioni a Milano, per rendere i conti dell’amministrazione, ed emanare norme in materia di polizia forestale.
Cesana ebbe infatti vasti beni di proprietà comunale (se rapportati all’estensione di quelli di altri centri briantei), consistenti in prati e boschi, protetti anche con una grida di Carlo VI del 22 settembre 1731.
Dalle risposte fornite nel 1751 ai 45 quesiti della real giunta del censimento, si desume che a quel tempo la comunità di Cesana, compresa nella squadra de’ Mauri, era infeudata al conte della riviera, al quale pagava lire 9.19.3 annue “a luogo d’imbottato”. Non vi risiedeva iusdicente nè regio nè feudale; il podestà feudale era allora Carlo Maderna, abitante a Milano, e suo luogotenente Paolo Molteno, abitante a Bosisio; la comunità era soggetta al pretorio di Bosisio, presso la cui banca criminale il console era solito prestare giuramento; la comunità pagava inoltre al fante di Bosisio lire 10 annue, mentre pagava per formale titolo di visita delle strade lire 5.10 al luogotenente del podestà.
Per quanto riguarda gli organi e gli aspetti della vita amministrativa, la comunità, che aveva allora 335 abitanti, non aveva consiglio generale, ma eleggeva a suono di campana due deputati per la durata di un triennio, scelti tra gli estimati, che curavano gli interessi pubblici e vigilavano sulla giusta distribuzione dei carichi, si interessavano “di tutte le occorrenze di detta comunità”. La comunità di Cesana era solita eleggere all’incanto un cancelliere, ma “avendo sperimentato l’incapacità e la negligenza degli eletti, ha raccomandato la cura delle pubbliche scritture ai deputati, ed al maggiore estimato, quali scritture tengono entro una cassa già da gran tempo a spese pubbliche provvista per tale effetto della quale tengono le chiavi un deputato e il detto estimato”; la comunità formava un riparto delle imposte all’inizio di ogni anno, che poi veniva letto in pubblico “libero a ciascheduno di essere informato di quello che si tratta e di fare qualche opposizione”; l’incarico di esattore, della durata di tre anni, veniva appaltato al migliore offerente (Risposte ai 45 quesiti, 1751, Cesana; Valsecchi 1977).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Saverio Almini ]