comune di Sacchetta sec. XIV - 1784

Citata nella rubrica 52 del libro VII “De Miliariis villarum” degli Statuti bonacolsiani degli anni dieci del trecento (D’Arco 1871-1874) fra le ville dipendenti dal quartiere vecchio di Mantova, negli anni immediatamente seguenti alla erezione del ducato di Mantova, avvenuta nel 1530, “Sachetam” era sede di vicariato (Mantova 1958-1963). Nel 1772, in seguito al piano delle preture mantovane (piano 4 febbraio 1772), Sacchetta dipendeva dalla pretura di Ostiglia, come nel 1782, dopo il compartimento territoriale delle preture dello stato di Mantova (nuovo piano 22 gennaio 1782), dove compariva unita a Sustinente.
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento, nel 1774 la comunità di Sacchetta non era “aggregata ad altro comune, nè alcuno ad essa” (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Sempre dalle risposte ai 47 quesiti, nel 1774 lo “stato totale delle anime collettabili, quanto non collettabili” era di circa 580 (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).
Dalle risposte ai 47 quesiti della regia giunta del censimento risulta che nel 1774 gli organi di autogoverno della comunità erano il consiglio generale o vicinia, che “suole tenersi o nel mese di marzo od in settembre” ed era formata dall’unione di tutti i capifamiglia, “coll’intervento del pretore locale e notaro”. Stabiliva “le taglie o imposte” ed eleggeva i reggenti e il massaro. I due reggenti, che formavano “il consiglio particolare” o “rappresentanza” della comunità di Sacchetta, si mutavano “a piacere del pubblico, o di anno in anno, o di due in due anni, o più o meno secondo si conoscono capaci e secondo le circostanze”. Insieme al massaro, erano addetti “all’amministrazione diurna della medesima [comunità] ed alla legalità delli riparti pubblici dei carichi”. Il “primo reggente pro tempore” aveva inoltre l’incarico della custodia e cura delle “pubbliche scritture”, non avendo la comunità nè archivio “o stanza pubblica per la conservazione delle pubbliche scritture e neppure cancelliere”. Per la loro opera avevano l’esenzione del testatico e del biolcato, oltre ad un onorario. Il “massaro o sia esattore”, rimaneva in carica “a piacere del pubblico, o di anno in anno, o di due in due anni, o più o meno secondo si conoscono capaci e secondo le circostanze”. Insieme ai reggenti, il massaro era addetto “all’amministrazione diurna della medesima [comunità] ed alla legalità delli riparti pubblici dei carichi”. Aveva inoltre l’onere della riscossione delle imposte, “come anche d’ogn’altro affare di comunità, trattandosi di essigenze e di pagamenti”; per la sua opera aveva l’esenzione del testatico e del biolcato, altre ad un onorario. La comunità riconosceva un onorario anche al console e ai fanti (Risposte ai 47 quesiti, 1772-1777).

ultima modifica: 01/12/2006

[ Giancarlo Cobelli ]