comune di Portalbera sec. XIV - 1743

Il toponimo si trova citato per la prima volta in un atto di donazione del 943 fatto dai re Ugo e Lotario al Vescovo di Pavia, donazione confermata nel 977 dall’imperatore Ottone I, Portalbera passa così dalla giurisdizione temporale e spirituale della diocesi di Piacenza a quella di Pavia (Cavagna Sangiuliani;Terenzio 1860). In una donazione del 1052 di una terra situata in Arena, Portalbera viene definita corte (Storti 1972).
Nel 1114 il vescovo di Pavia Guido, diede avvio ad una sottoscrizione per l’edificazione di un ospedale per i pellegrini (Legè e Gabotto 1908, Robolini )
Dal 1143 iniziò una lunga lite tra i canonici di Pavia e Piacenza per il diritto di riscossione delle decime che si risolse nel 1301 con la rinuncia da parte della mensa di Piacenza (Campi).
Portalbera è inserito nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come appartenente all’Oltrepò (Soriga 1913).
Portalbera (come Portus Albere) è inserita nel comparto delle strade degli “Statuta stratarum” del 1452 come appartenente all’Ultra Padum (Statuta stratarum).
Nel 1548 il consiglio della comunità si riunì al fine di stabilire la ricognizione dei beni e dei diritti feudali spettanti alla mensa pavese (Cavagna Sangiuliani ).
Nel 1594 Port’Albera contava 266 anime, nel 1686 gli abitanti erano 846 (AMV di Pavia, visite pastorali, Gramegna 1998).
Portalbera aveva propri statuti emanati dal vescovo Pietro Grassi di Pavia nel 1459 (Cavagna Sangiuliani 1980) e confermati nel 1538 dal vescovo Girolamo Rossi.
Portalbera compare nell’elenco delle dichiarazioni del focatico del Principato di Pavia per l’anno 1537 come appartenente alla Congregazione rurale dell’Oltrepò e Siccomario (Focatico Oltrepò e Siccomario, 1537).
Portalbera nel 1634 è inserita come appartenente all’Oltrepò, nell’elenco delle terre del principato di Pavia censite per fini fiscali da Ambrogio Opizzone (Opizzone 1634).
La giustizia in prima e seconda istanza era detenuta dalla mensa e così i diritti di pascolo ai margini del fiume i quali verranno persi nel 1701. Alla gestione del feudo la mensa aveva installato un fittabile generale dal quale dipendevano direttamente i massari, i fittabili dei piccoli appezzamenti e i conduttori; alla fine del sec. XVI il fittabile veniva sostituito dall’agente del vescovo e venivano affittati i diritti di pedaggio sui porti di san Giacomo e Pissarello, i diritti di panificazione, macelleria e vendita del vino, i diritti di albergaria e quello di macinazione (AMV di Pavia cart. 234, 265, 158, Gramegna 1998). La mensa possedeva in Portalbera un caseificio i cui salariati erano un camparo, un casaro, un sottocasaro, un vaccaro, due sottocaldera, due famegli, un mandriano, due biolchi e un ferraro.
Il feudo rimase ai Vescovi fino al 1753 anno in cui fu consegnato al Re di Sardegna.

ultima modifica: 30/11/2006

[ Valeria Bevilacqua, Cooperativa Arché - Pavia ]