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486. Francesco Sforza ad Alessandro Sforza 1450 dicembre 10 Lodi

Francesco Sforza scrive al fratello Alessandro di tenere ben sorvegliata la sua gente, in modo che i soldati non rubino agli uomini del luogo né sulle strade, che vuole siano sicure, anche per rispetto del Giubileo e dei Signori di Firenze. Vuole che il fratello si metta a disposizione di Cosimo e dei fiorentini, che informerà quando si porterà dal duca, da cui andrà con dati sugli alloggiamenti e gli ordini impartiti.

[ 100v] Domino Alexandro Sfortie.
Da Francesco Maletta et Nicodemo (1) havimo inteso como la impresa de quelli marchesi è ultimata et exequita. Per uno nostro cavallaro te habiamo scripto che vogli in quelle terre de quelli marchesi et de madonna Caterina allozare quelle zente et più larghe et cum più comoditate possibile, per rispecto alli luochi non molto fertili, per modo che possano substenire lo carico. Et questo te sforza però fare cum bona voluntà deli Signori fiorentini et cum bona manera. Et como le havirai lozate et assectate bene, volimo gli deputi et ordeni tri o quatro sopra, assignando a quelli tali per rata tante terre de quelle ove stano lozati li dicti soldati che ognuno habia cura delle sue, che li soldati non robbino li homini deli luochi né anchora le strate, dando et lassando ad ogniuno piena obedientia et arbitrio de potere gastigare, corregere et punire tucti quelli facessero male, et lassandoli tale admonitione et instructione, a boccha et in scripto, che sia exequita questa nostra voluntà, perché per rispecto de questo sancto Iubilleo et per rispecto deli Signori fiorentini et per ogni altra cagione devi comprehendere quanto importa al'honore et bene nostro che quelle strate siano sicure et che quelle nostre gente siano ben governate et recte et che se portino con honestate. Non possiamo exprimere quanto sia el desiderio et voluntà nostra che le cose de là passino in la forma havimo dicto. Siché, si desideri lo honore et stato nostro et havere bene alcuno né conditione alcuna da noy, fa che sia satisfacta integramente a questa nostra voluntà et desiderio. Et ordinato haviray ben questo et che si ben certo se observi cossì in effecto, mandirai dali Signori fiorentini et da Cosmo a dire per alcune toe fazende te bisogna venire da noy, cum loro bona licentia et voluntà, et che subito tornaray de là, salvo se le signorie loro volessero facesse più una cosa che un'altra, che tu obedirai quello le signorie loro commandarano. Et quando le signorie loro te respondano che non vogliano altro, allora siamo contenti vegni qua da noy, portandone in scripto li allozamenti et ordini haviray lassato là, sforzandote nel tornare dare intendere alli prefati Signori fiorentini per modo che siano chiari et certi che de ti et de quelle nostre zente possino disponere come dele soe per sé et ancora meglio, se meglio podesseno, perché saressi molto più presto ti con quelle zente aparichiato a fare ogni cosa che accadesse che non sariano loro stessi. In quello de Pontremulo non volimo sia dato fatiga alcuna de cavalli né altra spesa per niente. Laude, x decembris 1450.
Cichus.


(1) Nicodemo Tranchedini da Pontremoli.