Gruppo degli Sforza

Martini Arturo

Gruppo degli Sforza

Descrizione

Identificazione: Componenti della famiglia Sforza

Autore: Martini Arturo (1889/ 1947), esecutore

Cronologia: post 1938 - ante 1939

Tipologia: scultura

Materia e tecnica: marmo di carrara/ scultura

Misure: 266,5 cm x 128,5 cm x 500 cm (intero)

Descrizione: Il gruppo scultoreo in marmo raffigura tre personaggi, rappresentati in posizione frontale rivolti verso lo spettatore: sul lato sinistro della composizione appare Papa Pio II Piccolomini, con indosso un largo copricapo e una mantella arricciata sopra la veste sacerdotale; nella mano sinistra regge un lembo della tonaca, nella destra stringe la Bolla arrotolata. Al suo fianco, sul lato destro della composizione, appaiono invece i coniugi Sforza: Bianca Maria precede il marito, reggendo fra le braccia un modellino architettonico dell'Ospedale Maggiore del Filarete; al suo fianco, appena dietro la sua spalla destra, Francesco Sforza solleva il copricapo con la mano sinistra, mentre con la destra si appoggia ad uno scudo crociato che lo separa dalla figura del pontefice.

Notizie storico-critiche: L'imponente gruppo scultoreo in marmo venne realizzato tra il 1938 e il 1939 da Arturo Martini per il largo piazzale d'ingresso del Niguarda, dove venne accostato all'altro grande monolite a tuttotondo eseguito da Francesco Messina e raffigurante "San Carlo Borromeo che reca la bolla del Perdono ai Deputati ospedalieri": non è noto chi abbia scelto il soggetto delle composizioni, ma certo è che i due episodi scolpiti raffigurano i momenti più significativi della storia dell'Ospedale Maggiore, ovvero il momento della nascita dell'edificio per volontà dei Duchi di Milano e di papa Pio II Piccolomini - che il 9 dicembre del 1458 diede la Bolla di erezione della "Magna Domus Hospitalis Mediolanensis" -, e il suo rinnovato legame con la Chiesa, grazie alla successiva intercessione di San Carlo Borromeo. (Pontiggia, 2009)
Entrambe le opere sono realizzate in marmo di Carrara, di misura monumentale e impostate sull'accostamento fra una coppia di figure laiche e una figura singola che ricopre invece un'alta carica ecclesiastica, tuttavia si distinguono soprattutto nella trattazione della superficie marmorea; Martini è inizialmente terrorizzato dal marmo, per via dell'abitudine a lavorare con materiali molto più morbidi quali la terracotta e il gesso, ma ben presto il costante lavoro a contatto con i marmisti e i puntatori lo porta ad esplorare le specifiche potenzialità del marmo e, memore dei maestri del passato quali Nicola Pisano e Arnolfo di Cambio, inizia lui stesso a proporre soluzioni inusuali e di estremo effetto che prevedono sia l'uso di nuovi trucchi tecnici (ad esempio petardi fatti scoppiare di striscio al marmo per ottenere l'effetto del broccato), sia il ripristino di una tecnica antica come quella della "tariffa", che consisteva nell'utilizzare lo scalpello con particolari angolature che creassero screzi nel marmo adatti a rendere l'effetto dei vari tessuti. (Zanchi, 1999; Bandera, 2003)
Per comprendere appieno l'opera di Martini è utile esaminarne anche le fasi preparatorie: rispetto al primo bozzetto in gesso, realizzato nel 1938 e donato ad Anna Moggioli, la vedova dell'artista Umberto Moggioli che l'aveva ospitato presso la sua casa a Burano (oggi al Museo di Ca' Pesaro a Venezia), le figure scendono nel secondo bozzetto in bronzo dello stesso anno (oggi in una collezione privata) da cinque a tre, pur mantenendo ancora un'impostazione severamente classicheggiante, che risente della scultura antica soprattutto nei panneggi solenni delle vesti e nel copricato papale, una tradizionale mitria. (Perocco, 1962; Appella-Quesada, 1989; Vianello-Stringa-Gian Ferrari, 1998) Ulteriori modifiche verranno poi apportate nella redazione definitiva, dove la posizione dello scudo di Francesco Sforza s'inclina in direzione obliqua anzichè perpendicolare alla figura e la tiara papale viene sostituita da un estroso copricato piatto e largo, che chiude la scultura con una forma orizzontale, forse ispirata al "Guerriero di Capestrano" ritrovato negli anni '30 (IV sec. a.C., Museo Nazionale di Chieti) o più semplicemente ad un sombrero messicano. (Pirovano, 1993; Gian Ferrari-Pontiggia-Velani, 2006) Nella versione definitiva inoltre, i personaggi sono molto più squadrati e chiusi in forme ancora debitrici della scomposizione cubista, coperti di abiti in cui si preferisce alla moda sforzesca un'epoca fuori dal tempo e dallo spazio, una specie di dimensione del mito in cui gli Sforza non si rivolgono al pontefice per presentargli il loro modello (anch'esso non corrispondente al progetto filaretiano), ma si collocano in posizione frontale verso l'osservatore, in una completa sospensione temporale e d'azione. (Pontiggia, 2009)
L'artista riafferma così, in linea con il clima politico di quegli anni, la continuità fra la grande istituzione ospedaliera voluta dal Regime e il passato, andando a legittimare l'allora presente attraverso il tentativo di immortalare nel marmo personaggi ed episodi che resero famose Milano e l'istituzione Ca' Granda. A questo proposito è utile segnalare che per Martini l'arte altamente ideologizzata del Regime pose sempre un freno alla sua idea di scultura-architettura: insofferente ai limiti e alle convenzioni dei lavori su commissione, egli ricercava una relazione più intima tra gli edifici e i rilievi ad essi destinati, che spesso esulava dalle finalità didattiche e civili che si proponeva invece la produzione fascista. (Anzani-Caramel, 1981) Egli seppe rispondere con sensibilità alle richieste auliche ed eroiche che i tempi richiedevano, ma questo gli richiese uno sforzo tale per cui l'obbligo di portare a termine questi monumentali lavori su commissione - che in alcuni casi non coincidevano con l'espressione libera della sua fantasia - finì addirittura per condurlo alla decisione di abbandonare temporaneamente la scultura in favore della pittura. (De Micheli-Gian Ferrari, 1985)

Collocazione

Provincia di Milano

Ente sanitario proprietario: A.S.S.T. Grande Ospedale Metropolitano Niguarda

Credits

Compilazione: Uva, Cristina (2009)

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