Valiha

Cultura popolare malgascia

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Valiha

Descrizione

Ambito culturale: Cultura popolare malgascia

Cronologia: - ante 1953

Tipologia: strumenti musicali

Materia e tecnica: canna di bambù

Misure: 67 cm x Ø 9.3 cm

Descrizione: Valiha, Vádiha, Vadihañ, Marovány con internodio di una canna di bambù, con i diaframmi dei nodi alle due estremità che chiudono la cassa senza tratti ulteriori aggettanti. Un tratto dell'internodio superiore si protende a forma di lama seghettata in funzione di impugnatura. La superficie frontale è intagliata con motivi geometrici molto superficiali. Sullo stesso asse dell'impugnatura, al centro dell'internodio, è intagliata una stretta fessura rettangolare che presenta alle estremità e al centro intagli di forma triangolare e romboidale. Ai due lati della fessura vi sono tre corde per parte ricavate per mezzo dell'incisione della superficie con due coppie di tagli paralleli; ciascuna coppia consente l'escissione di un tratto cordiforme del tessuto corticale sotto il quale sono posti due frammenti rettangolari di canna che lo tengono sollevato ponendolo in tensione.

Notizie storico-critiche: Le cetre tubolari del Madagascar sono comunemente denominate valíha, Sachs riporta anche i termini vádiha e vadihaña: il primo si spiega osservando che nella lingua del Madagascar la l e la d sono interscambiabili, il secondo secondo Sachs potrebbe suggerire l'etimologia del nome, dato che in sanscrito vâdya significa "strumento musicale". È attestato anche il nome marovány, composto di máro che significa "molti" e vány che indica la parte compresa tra due nodi; Sachs ritiene che se la traduzione è corretta, tale nome era probabilmente riferito in origine ad uno strumento composto da tante parti comprese tra due nodi, forse una cetra a zattera, anch'essa presente nel Madagascar. La valíha è costituita da un grosso internodio di bambù, in cui spesso è mantenuta una porzione di canna anche al di là di ciascuno dei due nodi. Nell'internodio sono state escisse dalla superficie della canna delle sottili lamine che fungono da corde. Le estremità di ciascuna corda, solidali alla canna, vengono protette avvolgendole di filo e ogni corda è intonata inserendo piccoli frammenti di legno alle estremità, aventi la funzione di ponticelli. Secondo le testimonianze raccolte da Sachs, la valíha sarebbe intonata per terze, risentendo in maniera determinante dell'influenza europea. Lo strumento viene tenuto in vari modi dall'esecutore seduto o in piedi: verticale, sorreggendo lo strumento con i piedi, con le ginocchia, o appoggiandolo allo stomaco, oppure rivolto verso il basso con un'estremità appoggiata a una gamba o tenuta sotto un braccio. La presenza di una maggiore o minore porzione di canna oltre i nodi è funzionale alle dimensioni dello strumento: se la valíha è di grandi dimensioni, viene suonata da seduti e tenuta rivolta verso il basso, oppure verticalmente sorreggendola con le ginocchia, quindi è necessario un segmento di canna più lungo alla base ma l'estremità opposta deve essere più corta in modo da non aumentare il peso dello strumento. Le cetre più piccole non necessitano di punti di appoggio così grandi e in genere i segmenti di canna oltre i nodi sono più corti e di dimensioni simili. Il numero delle corde della valíha è variabile, il suonatore pizzica le corde con le unghie posizionando le mani perpendicolarmente rispetto all'asse longitudinale dello strumento.

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