San Sebastiano

Sanzio Raffaello

San Sebastiano

Descrizione

Autore: Sanzio Raffaello (1483/ 1520)

Cronologia: ca. 1501 - ca. 1502

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: tavola / pittura a olio, pittura a tempera

Misure: 36.4 cm x 45.5 cm x 1.2 cm

Notizie storico-critiche: L'opera, originariamente destinata alla devozione privata, apparve inizialmente nella collezione del marchese Zurla di Crema, dalla quale passò poi all'incisore milanese Giuseppe Longhi, morto nel 1831. Entratone in possesso l'erede Carlo Francesco Longhi, l'opera fu da questi venduta a Guglielmo Lochis nel 1836. La paternità raffellesca, già riconosciuta da Quatremère de Quincy nel 1829 e dallo stesso Lochis. che si basò anche sulle perizie di I. Fumagalli, T. Lechi, G. Diotti, S. Ticozzi, A. Boucheron, F. Hayez, F. Cattaneo, G. Sogni, B. Fumagalli e G. Vallardi, non è mai stata in seguito messa in discussione. Discordanze critiche sono da registrarsi solo in merito alla datazione che ha lievemente oscillato negli anni giovanili di Raffaello. La vicinanza con i moduli compositivi e con le fisionomie sognanti del Perugino in parallelo con la Santa Maria Maddalena, conservata nella Galleria Palatina, induce a ritenere come più attendibile una datazione precoce, al 1501-1502, anni in cui troverebbe giustificazione anche la più insistita decorazione negli abiti e nei dettagli, evidente nel dipinto. In quel periodo, infatti, il giovane Raffaello partecipava alla progettazione degli affreschi della Libreria Piccolomini nel Duomo di Siena, a fianco del Pintoricchio, dotato di uno spiccato senso decorativo. L'opera si segnala per la straordinaria finezza esecutiva e per la delicatissima gradazione lumininistica tanto da essere da sempre considerata l'opera più famosa dell'Accademia Carrara: alla grande qualità pittorica si aggiunge il buono stato del supporto "che sembra conservare pienamente ogni spessore e ogni velatura della superficie pittorica" (Valagussa in "Riscoprire la Carrara", 2014, p. 37). Alla perfetta conservazione della tavola, in legno di pioppo, giova il fatto di essere stata preparata e colorata anche a tergo (forse nel sec. XVIII), fatto che produce una situazione di equilibrio tra recto e verso impedendo l'imbarcamento, se non minimo, della superficie. Le indagini svolte in occasione del restauro del 2013-2014 hanno messo in luce elementi interessanti del procedimento e della tecnica di Raffaello: sulla preparazione, sotto il colore, ci sono tracce di spolvero e di disegno preparatorio; inoltre nel pigmento è stata riscontrata una notevole quantità di micropolvere di vetro, maggiore dell'usuale, che potrebbe essere un accorgimento per rendere più trasparenti i colori. Come leganti del colore, si è visto che Raffello usava sia olio di noce che uovo e quindi la tecnica può essere definita un misto di pittura a olio e a tempera. L'aureola, aggiunta probabilmente all'inizio del sec. XIX, non è stata asportata, perché la sua eliminazione avrebbe evidenziato nell'area sottostante una tonalità diversa del cielo, evidentemente meglio conservata.

Collezione: Fondo Lochis

Collocazione

Bergamo (BG), Accademia Carrara - Museo

Credits

Compilazione: Trichies, Silvia (1998)

Aggiornamento: Civai, Alessandra (2010); Civai, Alessandra (2014)

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