Piatto circolare

Cuzio, Antonio Maria

Piatto circolare

Descrizione

Identificazione: Madonna annunciata

Autore: Cuzio, Antonio Maria (1635-1699), esecutore

Ambito culturale: produzione pavese

Cronologia: post 1677

Tipologia: arredi e suppellettili

Materia e tecnica: ceramica graffita

Misure: Ø 39

Descrizione: Grande piatto 'da pompa', apodo, in ceramica ingobbiata ed invetriata con vetrina bruna, recante iscritto a graffito il nome Giovanni Brizio [Cuzio] e la data 25 marzo 1677. Il decoro, molto elaborato e leggermente rilevato presenta un bordo con festone di foglie a cartoccio che si avvolgono attorno ad un nastro graffito sul fondo ribassato. La fascia decorata è compresa tra un profilo di mezzi ovuli e una sottile cordonatura. Al centro l'Annunciazione, presumibilmente tratta da un dipinto antico, ripropone l'iconografia tradizionale con i tre elementi essenziali della rappresentazione: l'Arcangelo Gabriele in piedi su una nuvola con un giglio in mano, sta scendendo dal cielo verso Maria, inginocchiata e con le mani al petto, in alto la colomba dello Spirito Santo con un fascio di luce che investe il capo della Vergine. Il giglio, come il fiore nel vaso a sinistra, alludono alla purezza di Maria e al fatto che l'evento ha luogo in primavera. In alto a cavalcioni di una nube due angioletti con lungo cartiglio e un cherubino. A destra appoggiato su un articolato inginocchiatoio il libro aperto, costante attributo della Madonna e rimando alla profezia di Isaia "Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio". L'ambientazione è data da un pavimento che termina con una balaustra.

Notizie storico-critiche: A Pavia, la tradizione della terracotta è consueta e antica, risale al X secolo circa, facilitata anche dalla presenza in grande abbondanza sul territorio della materia prima (l'argilla), fatto che favorisce lo sviluppo di una fiorente industria di laterizi. Le numerose fornaci presenti in città, come riporta Opicino de Canistris nel "Liber de laudibus civitatis Ticinensis", attestano il largo impiego che se ne fece di questo materiale in chiese ed edifici civili, romanici e gotici, bacini graffiti, stoviglie e maioliche di uso comune. Nel XVII secolo a Pavia, la produzione ceramica "tradizionale" viene affiancata da quella "innovativa" della famiglia pavese Cuzio. Si tratta in particolare di piatti in maiolica, ascrivibili ad un periodo compreso tra il 1676 ed il 1694, detti "da parata" o "da pompa", quindi non da tavola, graffiti, monocromi, in larga prevalenza di grandi dimensioni, talvolta senza base, completamente rivestiti di vetrina bruno-rossiccia e con decorazione molto elaborata a punta e a stecca su ingubbio, spesso estesa anche a tutto l'esterno, anche se in maniera semplificata; in alcuni casi, inoltre, risultano avere una duplice ingubbiatura, una più scura e una più leggera sotto una più pesante e bianca. In particolare i piatti 'Cuzio' rappresentano gli ultimi esiti della grande tradizione della graffita monocroma bruna che a Pavia trova largo sviluppo fino a tutto il XVII secolo.
Il pregevole manufatto rientra nella tipologia di queste ceramiche "da parata" eseguite dal protonotario Antonio Maria Cuzio (1635-1699) come donativi a membri della famiglia o ad amici, in particolari ricorrenze dell'anno. La produzione reca spesso il nome del destinatario, brevi motti o proverbi, e frequentemente lo stemma della famiglia, inoltre la data, graffita sovente sul piatto, assicura l'esatta cronologia
Tra i vari nomi dei componenti della famiglia Cuzio: Giovanni Antonio Barnaba, Giovanni Brizio (canonico con cattedrale) e Antonio Maria (protonotario apostolico), quest'ultimo è quello presente nel maggior numero di esemplari con le date dal 1677 al 1694 e l'unico in cui compare l'indicazione esplicita "FECIT" sui suoi pezzi, spesso accompagnati da ulteriori iscrizioni moraleggianti, che fanno pensare a uno dei più prolifici incisori del Seicento il bolognese, a lui coevo, Giuseppe Maria Mitelli. Per queste ragioni è quindi presumibile che proprio Antonio Maria si dilettasse con passione e diligenza a questo passatempo nei momenti di libertà dal proprio ministero, escludendo quindi l'esistenza di una produzione commerciale di maioliche, cioè che non vi sia stata una bottega Cuzio.
Infatti a lungo la critica ha dibattuto sull'esistenza di una fornace Cuzio. Nel 1880 si viene a creare un dotta disputa, tra chi (Fortnum, Genolini e Brambilla) ritiene la produzione di maioliche Cuzio un fatto isolato e dilettantistico, pur avendo raggiunto pregevoli livelli qualitativi, e chi (Emile Molinier) sostiene che il nome Cuzio debba essere aggiunto a quello dei fabbricanti pavesi di maioliche della seconda metà del XVII sec. La critica recente sostiene che la produzione di Antonio Maria deve essere considerata un fenomeno di tipo amatoriale, anche se di grande importanza nella produzione delle fornaci pavesi.
Le maioliche di Antonio Maria Cuzio sono state raccolte e studiate da Camillo Brambilla (1809-1892), aristocratico pavese, esperto di storia antica, collezionista in primis di numismatica e dal 1875 "Ispettore degli scavi e dei monumenti per la provincia di Pavia". Nel 1889 l'erudito pavese scrive un libro intitolato "Antonio Maria Cuzio e la ceramica in Pavia", in cui descrive dieci pezzi e pubblica l'albero genealogico, ma non dice nulla di concreto sull'attività di ceramisti dei tre membri della famiglia Cuzio. Alcuni esemplari sono conservati in musei italiani ed europei, ma il nucleo più consistente, di tre piatti della collezione Brambilla (H 137, 138, 140), è custoditi a Pavia, infatti nel 1891 cede la sua ricca collezione al Civico Museo di Storia Patria.

Collezione: Pinacoteca del Seicento e Settecento

Collocazione

Pavia (PV), Musei Civici di Pavia. Pinacoteca del Seicento e Settecento

Credits

Compilazione: Damiano, Sara (2008)

Aggiornamento: Manara, Roberta (2014)

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