Cristo portacroce

Palmezzano Marco

Cristo portacroce

Descrizione

Autore: Palmezzano Marco (1459-1539)

Cronologia: 1537

Tipologia: pittura

Materia e tecnica: tavola/ pittura a olio

Misure: 68 cm x 98 cm

Notizie storico-critiche: La tavola risulta già nella raccolta del conte Luigi Tadini a Crema nel 1796, quando è citata da Luigi Lanzi nella prima edizione della Storia pittorica della Italia (Lanzi 1796) e sarà oggetto di uno scambio di corrispondenza tra Tadini e Lanzi. E' registrata nella Descrizione de' quadri esistenti nella Galleria Tadini in Crema (AT, as, FXI, fascicolo XVII: Crema, S.d., (fascicolo manoscritto rilegato), a cc, 64-65: "16. G. Cristo che porta la croce: un manigoldo che lo trae p[er] mezzo d'una corda, ed altre due figure. Opera sul legno, e bellissima di Marco da Forlì il cui nome leggesi in un vigliettino attaccato alla croce, e dice "Marcus Palmezzanus Forlivensis Pinxit 1537". Questo rarissimo quadro vien nominato dal celebre abate Luigi Lanzi nella sua Istoria pittorica Edizione Seconda."

L'opera si inquadra nella produzione di immagini del Cristo portacroce che dalla Ferrara di Ercole d'Este si diffonde tra Bologna e i centri della Romagna, dove coinvolge, accanto a Palmezzano, Girolamo Marchesi e i fratelli Zaganelli. Si tratta di una produzione della quale è stata in più occasioni sottolineata l'assoluta coerenza con le forme della devozione monastica.
L'Andata al Calvario di Lovere ripropone il modello già noto attraverso l'esemplare della Pinacoteca Civica di Forlì, datato 1535, che presenta la formulazione più complessa della scena, introducendo accanto al Cristo e allo sgherro anche due personaggi tradizionalmente identificati con Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo. Lo scarto dimensionale - la tavola di Forlì misura 64x84 cm, quella loverese 68,7x98,6 cm - porta necessariamente ad escludere il ricorso ad un cartone. Da indagare invece il rapporto con la tavola di Faenza, che ripropone la stessa composizione ma in controparte e su fondo nero. La versione passata sul mercato antiquario (tavola, 63,5x93 cm, firmata "Marcus Palmezzanus pictor forlivensis facebat" (sic); presso Aste Boetto, 4 giugno 2019, lotto 248) sembrerebbe invece essere una replica di bottega se non una copia.

Gli esami tecnici hanno rivelato la piena conformità della tavola di Lovere alle pratiche di Palmezzano (Gheroldi 2005), a partire dal disegno preparatorio a tratteggio - osservato con la riflettografia infrarossa - che definisce le figure e a tratti appare persino più incisivo della stesura pittorica, un dato questo che dovrà far riflettere sulla presenza, all'interno della bottega, di collaboratori e sul loro margine di intervento. Tuttavia, la stesura pittorica, in buono stato di conservazione, mostra tutte quelle finezze che caratterizzano la tecnica del pittore, dalla passione per le stesure compatte alla resa minuziosa dei fregi, fino al calibrato gioco di luci, ombre e volumi, retaggio di una formazione come "pittore prospettico".

M. Albertario

Collocazione

Lovere (BG), Accademia di Belle Arti Tadini. Galleria dell'Accademia

Credits

Compilazione: Passamani, Alessia (1996); Scalzi, Angelico Gino (1996)

Aggiornamento: Albertario, Marco (2013); Albertario, Marco (2019)

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