24. Ali nostre

Sottotitolo Rivista mensile della Cooperativa automobilisti italiani.
Luogo Milano.
Durata 15 aprile 1910 (a. I, n. 1) - 31 dicembre 1913 (a. IV, n. 12*).
Periodicità Mensile.
Gerente Amos Mantegazza poi Riccardo Scanziani.
Editore Cooperativa automobilisti italiani.
Stampatore Milano-Codogno, Italgraf, poi Milano, O. Galli poi Poligrafia italiana poi Stab. Tip. Renato Romitelli.
Pagine Da 12 a 16.
Formato 29x20 cm poi 27x20 cm.

Nella presentazione al numero d’esordio si legge: “Con questo primo numero inizia le proprie pubblicazioni questa nuova rivista della nostra associazione a similitudine delle consorelle edite dalle altre cooperative automobilistiche che sono in Europa e nell’America […] «Ali nostre» non ha pretese di colmare lacune o di essere assolutamente necessario […] ma desidera solo fare un poco di buona propaganda a favore di una delle idealità più moderne e simpatiche, la mutualità […] Il fascio dei proprietari d’automobili rappresentati dalla Federazione delle cooperative è imponente come potenza finanziaria, d’intelletto e di organizzazione. È questo il primo esperimento a base puramente economica e fortemente internazionale del raggruppamento di interessi padronali ed è stato il primo a sorgere perché il più direttamente a contatto con dipendenti bene spesso immeritevoli della fiducia loro accordata largamente e con fornitori che non sempre per il desiderio di rapido lucro ebbero la visione del reale loro interesse” (La nostra rivista, 15 aprile 1910).

Periodico prettamente tecnico?scientifico (con un occhio di riguardo per lo sviluppo tecnologico di automobili e aeroplani), dà largo spazio alle descrizioni di viaggi e alle informazioni sportive (automobilismo, ciclismo e calcio soprattutto), nonché ai servizi su fiere e mostre automobilistiche. Destina inoltre un considerevole spazio alle inserzioni pubblicitarie.

Strenuo difensore dei diritti degli automobilisti, condanna gli atteggiamenti vessatori delle autorità comunali e di quelle di governo. Nel fascicolo del novembre 1910 un anonimo articolista scrive: “Talune autorità comunali, povere di spirito e di quattrini, ritengono […] l'automobilismo quale una fonte di lucro per le finanze poco floride dei loro bilanci non solo per le tasse che essi impongono, ma, e soprattutto, per i ricatti che essi esercitano a danno dell’automobilista che, vistosi intimare una contravvenzione ipotetica per un altrettanto ipotetico passaggio a diverse e molte centinaia di chilometri piuttosto che correre l’alea di un processo e la certezza delle spese si sottopone a quella truffa qualificata col grazioso eufemismo di oblazione (Autofobia continuata, 10 novembre 1910). E il 30 giugno 1911 si legge: “In Italia, come in tutti i paesi del mondo del resto, abbiamo una burocrazia la quale diventa estremamente diffidente allorché una minoranza sa colla vivacità di una buona campagna, imporre la propria volontà e più che diffidente, saremo per dire che diventa desiderosa di vendetta […] Angariati, seccati, disturbati, annoiati in ogni modo gli automobilisti italiani si accorsero finalmente come lo Stato abbia il dovere, allorquando cava dei soldi dalle tasche dei contribuenti, di fare qualche cosa anche per chi paga e non solamente per le sole classi cosiddette derelitte […] L’azione fu, una volta tanto, energica e valse a mostrare a Roma come in un certo numero i deputati automobilisti fossero disposti a sostenere i diritti dei loro colleghi in automobilismo […] Venne nominata una commissione a far parte della quale furono chiamati, con molti funzionari, anche diversi automobilisti”. Tuttavia, fa notare «Ali nostre», passati ormai alcuni anni dalla conclusione dei lavori della commissione, nessun provvedimento è stato preso a difesa degli automobilisti, e gli “alti papaveri burocratici” hanno impedito che il Parlamento prendesse in considerazione il problema (Per una legislazione più onesta). Su questo argomento la rivista ritornerà a più riprese, e in particolare il 31 agosto 1911 e il 31 luglio 1912.

Il mensile segue con molto interesse le vicende delle industrie automobilistiche e ciclistiche nazionali. Così, nel febbraio 1912, segnala la crisi dell’industria della bicicletta: “L’industria della bicicletta passa in Italia un brutto quarto d’ora […] Dapprima le colpite furono quelle ditte minori che credettero di potere fare delle spese proporzionate alla loro vendita nella speranza che l’entusiasmo suscitato da certe manifestazioni sportive dovesse tradursi in immediate ordinazioni. Poi vennero le più importanti rifornitrici di codesti rivenditori e che non poterono reggere al continuato dissesto di un mercato che commerciava solamente e speculava sul credito” (Una grave crisi, 29 febbraio 19121).

Per quel che concerne l’industria automobilistica il vero nemico è costituito dagli Stati Uniti, che hanno rivoluzionato il loro modo di produrre autovetture, tanto che oggi le “corporazioni” statunitensi sono in grado di vendere “nei nostri mercati delle macchine perfette a metà prezzo delle nostre” (Il pericolo americano, 31 agosto 1912). E la pericolosità della concorrenza americana è accentuata inoltre dai suoi superiori mezzi pubblicitari, non sempre utilizzati, a dar retta alle lamentele di «Ali nostre», nel modo più ortodosso. Gli statunitensi infatti diffonderebbero in Europa cifre molto gonfiate sulla loro produzione e sulle loro vendite, e così facendo “riescono ad imporsi” sulle industrie del vecchio continente (Sistemi... troppo americani, 30 aprile 1913).

È certo che il colosso nordamericano, con il suo mercato interno in pieno sviluppo, doveva davvero impressionare chi osservava i dati relativi allo sviluppo della motorizzazione nel nostro paese: “In Italia al 10 giugno del 1912 esistevano 13.868 automobili e 9.253 motociclette, un numero […] ben piccolo in confronto ai 35.845.048 abitanti ai quali servono e che fanno uso di tali macchine. Milano e la sua provincia sono alla testa della graduatoria che si volesse istituire fra le varie provincie ed infatti nei suoi ruoli sono iscritte 1.885 automobili e quasi altrettante motociclette che sono 1.395 […] La provincia che ha minor numero di automobili in senso assoluto è Sassari con 4 mentre per le motociclette è Potenza con 2” (Lo sviluppo dell’automobilismo in Italia, 31 agosto 1913).

A. De C.

Raccolte: MI120: 1910-1913.