273. Il Corriere del villaggio

Sottotitolo Giornale agricolo commerciale poi Giornale popolare di agricoltura pratica, economia domestica e commercio poi Giornale popolare di agricoltura pratica, economia domestica e commercio. Organo della sezione agraria del Collegio dei geometri di Lombardia poi Giornale popolare di agricoltura pratica, economia domestica e commercio poi Giornale di agricoltura pratica e commercio poi Giornale di agricoltura pratica e commercio agricolo poi Il movimento agricolo. Giornale di agricoltura pratica e commercio agricolo poi Giornale di agricoltura pratica e commercio agricolo. Politico-rurale poi Giornale di agricoltura, zootecnia, commercio agricolo, politica rurale poi Settimanale di agricoltura.
Luogo Milano.
Durata 16 ottobre 1881 (a. I, n. 1) - 30 dicembre 1945 (a. LXV, n. 28). Nel numero del 13 marzo 1910 viene dato l'annuncio della fusione con il «Giornale di agricoltura pratica di Asti», e nel numero del 7 agosto 1927 di quella con «Il Movimento agricolo». Interrompe presumibilmente la pubblicazione dal marzo 1940 al giugno 1945 malgrado la continuità della serie annuale.
Periodicità Settimanale poi bisettimanale poi settimanale.
Direttore Giuseppe Berrini (direttore proprietario) poi Giovanni Marchese poi Giovanni e Ottavio Marchese poi Ottavio Marchese poi Augusto Palmarini (direttore proprietario), Ottavio Marchese (direttore responsabile) poi Augusto Palmarini direttore] (direttore responsabile), Emilio Guarnieri (direttore responsabile) poi Augusto Palmarini (direttore responsabile) poi Adamo Degli Occhi poi Agostino Corti (direttore e redattore responsabile).
Editore Giuseppe Berrini (direttore proprietario) poi Giovanni Marchese poi Giovanni e Ottavio Marchese poi Ottavio Marchese poi Augusto Palmarini poi nessuno.
Stampatore Milano, Tip. Nazionale poi Tip. Nazionale di V. Ramperi poi Lito-Tip. G. Abbiati poi Tip. Zerboni poi Como, Unione Tipografica poi Unione tipografica Fossati e C. poi Arti grafiche Bari e C. poi Milano, S.A. Arti gratiche "Amatrix" poi Como, Tip. Emo Cavalleri poi Lito-Tipog. Commerciale R.L. Noseda poi Milano, Tip. SEL poi Tip. SESS.
Pagine Da 4 a 8.
Formato [Microfilm] poi 41x29 cm poi 51x35 cm poi 55x41 cm.

Il programma che il «Corriere del villaggio» presenta ai suoi lettori è quello di voler “patrocinare gli interessi economici, e specialmente agricoli dell’Italia; indicarli e illuminarli quando e dove non siano tenuti nel debito conto; mettere l’un l’altro di fronte il paese ed i suoi bisogni, il governo ed i suoi doveri, la società agiata e colta e le classi povere e incolte della campagna, la cui suprema speranza e il cui supremo dovere non possono trovarsi che nelle onorate e libere risorse d’un lavoro equamente retribuito... Agricoltura illuminata, diffusa, sorretta e aiutata opportunamente dal commercio; perequazione fondiaria da un capo all’altro d’Italia; ribasso dei balzelli su quei terreni che ne sono impossibilitati ad introdurre i necessari miglioramenti; ecco l’armonia economica che vogliamo propugnare e sulla quale s’impernia il nostro nuovo giornale” (Agli agricoltori!, 16 ottobre 1881).

Organizzato in una serie di rubriche fisse che trattano di tecnica agraria, bacologia, zoologia, veterinaria, medicina e igiene, istruzione popolare (con brevi note sull’apertura e sul contenuto dei corsi delle scuole agrarie in Lombardia), dedica le pagine finali (fino a 4) alla “Parte commerciale”, contenente le quotazioni raggiunte dai principali prodotti agricoli nelle piazze dell’Italia settentrionale e centrale e nelle province meridionali, unitamente al bollettino della borsa di Milano: “Nessun giornale settimanale del regno dà come il nostro tanta copia di notizie sui diversi mercati. Nessuno ha, come il nostro, un servizio così esteso, così rapido, così preciso sui prezzi correnti nelle piazze principali delle derrate più importanti. I cereali, i foraggi, il bestiame, l’olio, i coloniali, i prodotti chimici, i salumi, i filati, ecc. vi appaiono settimanalmente colla più esatta indicazione delle loro fluttuazioni. In una parola il «Corriere» può dirsi il vero termometro della mercatura agricola, nostrana e forestiera” (Agli abbonati, dicembre 1886). Dal 1882 grande risalto viene dato alla rubrica “Lettere romane”, nella quale “si terranno informati i lettori di tutti gli atti importanti del Ministero d’agricoltura e commercio e dei consorzi agrari centrali” (15 gennaio 1882). Dal 1884 si arricchisce inoltre della rubrica “Importazioni ed esportazioni”: “Poiché le condizioni in cui trovansi alcune coltivazioni del nostro paese sono spesso attribuite alla concorrenza che viene fatta ai rispettivi prodotti da quelle specialmente provenienti dall’America e dall’Asia... è parso opportuno raccogliere dalle statistiche pubblicate dalla Direzione generale delle gabelle sul movimento commerciale alcune notizie concernenti le importazioni e le esportazioni dei principali prodotti agrari e relative industrie agrarie ed estrattive nel dodicennio 1871-1882, affinché questi dati possano essere agevolmente consultati nello studio della ricerca del vero ed esatto stato delle cose” (9 dicembre 1883). La prima pagina viene invece dedicata - consuetudine che si manterrà per tutti i lunghi anni di pubblicazione - agli articoli destinati all’approfondimento di tutte le più importanti questioni che animano la vita economica e politica dell’Italia, che in quegli anni affronta la crisi agraria.

Dichiarando in più punti di non volersi occupare di politica, non riconoscendosi negli schieramenti parlamentari né della destra né della sinistra, e proponendosi unicamente come “rivista di patrioti”, il periodico procede ad analizzare i problemi che connotano l’agricoltura nazionale - scarsa produttività, arretratezza dei sistemi di coltivazione, miseria dei contadini, eccessivo peso delle imposte e dei debiti che gravano sui proprietari - rassicurando i suoi lettori “di non voler fare del socialismo in azione, ma con le stesse idee con cui un illustre deputato di destra, Pasquale Villari, scriveva le famose Lettere meridionali... le idee con cui i signori Sonnino e Franchetti, ricchissimi possidenti toscani, scrissero un libro sulla Sicilia, le idee con cui il senatore Jacini, uomo ricco anche lui di milioni, parlava dei contadini lombardi fin da prima del 1859; le idee infine con cui Ruggero Bonghi ha discorso dello inaudito stato di povertà in cui ancora oggi vivono i cafoni napoletani (Un buon discorso, 23 ottobre 1881).

Numerosi si susseguono sulle sue pagine gli appelli al governo perché affronti con tempestività e concretezza i nodi che ancora ritardano l’attuazione di serie proposte politiche sui reali interessi dell’agricoltura: in particolare l’importante questione economico-finanziaria della perequazione dell’imposta fondiaria viene analizzata in una lunga serie di articoli nei quali l’istituzione di un nuovo catasto uniforme per tutto il paese emerge come condizione necessaria alla modificazione “di una gravissima anomalia tributaria che costituisce una continua violazione allo Statuto... poiché soltanto nelle antiche province e nel Lombardo-Veneto questa tassa viene pagata sulla base di un estimo recente ed anteriore di pochi anni, mentre in quasi tutta l’Italia centrale, nel Napoletano e in Sicilia, si paga ancora sulla base del catasto del 1817” (Interessi agricoli, 4 dicembre 1881; e ancora sull’argomento, fino alle critiche mosse al testo di legge approvato nel febbraio 1886: La perequazione fondiaria, 2 luglio 1882; La perequazione e la riduzione delle imposte sulla fondiaria, 25 giugno 1882; La proprietà fondiaria e la mano morta, 23 luglio 1882 e seguenti; Giovanni Marchese, I danni derivati dal ritardo della perequazione fondiaria, 17 dicembre 1882; Fatta la legge..., 7 novembre 1886).

Contro il trattato di commercio italo-francese del novembre 1881, definito “infame, immorale e destinato a portare la rovina nei commerci delle industrie più importanti del paese” (La questione vitale, 9 aprile 1882) il foglio avanza nei confronti del governo richieste di modificazione della tariffa doganale in senso proibizionista, poiché “di fronte al ribasso continuo dei prezzi che avviene sui nostri mercati... non ci resta che uniformarci alle misure già adottate da nazioni più esperte di noi, migliorare la produzione agricola e proteggere con dazi razionali la nostra produzione dalla concorrenza straniera, riformando anche in nostro favore le tariffe doganali” (La crisi agricola, 2 aprile 1882; e, ancora, Un’importante questione, 25 dicembre 1881; Poche parole ai signori senatori, 14 maggio 1882; La crisi agraria e il governo, 25 novembre 1883; G. Marchese, L’aumento del dazio del nostro bestiame in Francia, 8 giugno 1884; La scadenza dei trattati di commercio, 21 novembre 1886; G. Marchese, Protezionismo solito e protezionismo diverso dal solito, 16 gennaio 1887). Nel breve arco di mesi a cavallo fra il 1887 e il 1888 in cui le trattative con la Francia si trascinano senza risultati pratici fino alla loro interruzione che darà inizio alla guerra commerciale, la rivista interviene sulla questione con una serie di scritti dai quali emerge la convinzione - poi rivelatasi infondata - che i francesi non avrebbero potuto fare a meno di alcune importazioni italiane, soprattutto del vino, e che quindi avrebbero infine accettato condizioni più vantaggiose per l’Italia nel nuovo trattato, la cui firma è comunque ritenuta indispensabile al futuro dell’economia nazionale: “La Francia, checché se ne dica, del nostro vino oggi non può farne a meno; sia per colmare il deficit prodotto dai malanni piombati sulla viticoltura di quel paese, sia per la manipolazione di prodotti in cui entrano in buona parte i nostri vini, questi fanno comodo ai francesi e non è loro punto agevole il rinunciarvi” (G. Marchese, Il bestiame ed il vino nei trattati di commercio, 13 novembre 1887). Ritornerà poi sui rapporti commerciali con la Francia nel 1896 e nel 1898 con gli articoli: Le trattative commerciali con la Francia, 1° novembre 1896 e G. Marchese, L’accordo commerciale con la Francia, 27 novembre 1898.

L’incremento del commercio di vini da taglio ad alta gradazione verso l’industria enologica francese, che si avvantaggia agli inizi degli anni ottanta dal colpo inferto dalla fillossera alla viticoltura di quel paese, viene in più occasioni analizzato, nel tentativo di convincere i produttori a non illudersi sulla continuità nel tempo della forte richiesta francese, e ad organizzarsi invece per attirare nell’orbita commerciale italiana altri paesi - soprattutto l’Inghilterra -, continuando a mantenere alta la qualità del vino esportato (cfr. L’esportazione dei vini italiani, 29 luglio 1883; Ciarle vinicole, 22 giugno 1884 e seguenti). Sulla crisi che invece colpisce l’industria enologica italiana dopo il 1888 si segnalano: G. I. Armandi, L’alta e bassa Italia e le reciproche loro condizioni di fronte alla crisi vinicola, 2 maggio 1889; G. Marchese, Il nuovo indirizzo dell’industria enologica, 23 luglio 1893.

Favorevole a una maggior diffusione dell’associazionismo specialmente fra la categoria dei fittabili, per ottenere condizioni più favorevoli nei contratti d’affitto e una serie di sgravi fiscali (cfr. L’agitazione agraria nel Lodigiano, 20 agosto 1882 e seguenti, e G. Marchese, Fittabili e proprietari nella bassa Lombardia, 18 marzo 1883), la rivista ritiene che la riduzione “su tutta la penisola del sistema di affittanze, in modo che i frutti della terra siano divisi su misura da equamente compensare il contadino del proprio lavoro ed i proprietari dei capitali impiegati,... costituisca anche il solo mezzo per iscongiurare gli scioperi dei contadini”, (Gli scioperi dei contadini, 16 luglio 1882). Allo Stato infatti si richiedono, al fine di favorire lo sviluppo dell’agricoltura italiana migliorando al contempo le condizioni generali di vita dei lavoratori della campagna, interventi che vadano a favore dell’iniziativa privata, soprattutto attraverso l’alleggerimento del carico fiscale che grava pesantemente sulla proprietà terriera: “È la condizione generale della campagna che va migliorata... e questa è opera di tutti a cominciare dal governo collo studiare i mezzi di alleggerire la proprietà dai balzelli che paralizzano le forze, e così favorire lo sviluppo dell’iniziativa privata, a finire coi privati stessi collo svolgere e far valere di più le forze di cui possono disporre” (I fatti del Polesine, 6 luglio 1884 e, sullo stesso tono, L’agitazione agraria nel Mantovano, 12 aprile 1885). La salvaguardia della piccola proprietà privata viene infatti ritenuta necessaria al mantenimento dell’ordine sociale, a patto però che sia il proprietario a coltivare direttamente la sua terra, altrimenti “è inevitabile una lotta d’interessi nella quale il proprietario non può che scapitarne” (La piccola proprietà, 3 settembre 1882 e seguenti). Anche le cause dell’incremento del movimento migratorio che si verifica a partire dai primi anni ottanta vengono individuate nella “miseria disperata,... a sua volta risultato di molte altre cause, fra le quali non solo la tassa fondiaria, ma anche le tasse sulle cose più necessarie alla vita, tasse erariali, provinciali, comunali, immobiliari, per ogni contratto, per ogni pagamento, e al cattivo sistema adottato di raggiungere il pareggio erariale colle imposte prima di favorire la produzione onde renderla atta a sopportarle” (L’operaio rurale, 2 aprile 1882 e seguenti).

A fine secolo il «Corriere» interviene contro le proposte di abolizione o riduzione del dazio doganale sul grano avanzate da socialisti e radicali alla luce delle numerose agitazioni popolari per il rincaro del pane, sostenendo che “sul prezzo del pane gravano enormemente tasse interne d’ogni sorta, enormi fiscalità, esagerate sperequazioni sulle quali, assai più che contro il dazio sul grano, si dovrebbero appuntare le armi” (Italo Ager, Il ribasso del dazio e il prezzo del pane, 30 gennaio 1898; e, ancora, G. Marchese, Il dazio sul frumento, 7 febbraio 1892 e Protezionismo, lavoro e pane, 23 giugno 1895).

Il periodico affronta inoltre le questioni del credito agrario e fondiario (Il nuovo disegno di legge sull’ordinamento del credito agrario, 21 giugno 1885; Il credito fondiario di Stato, 24 gennaio 1890; Gli ordinamenti del credito fondiario in Italia, 31 maggio 1891; Davide Sacerdoti, Il credito fondiario unico e la terra, 26 aprile 1891; Il risparmio, il credito e l’agricoltura, 7 agosto 1892), della crisi dell’industria serica (G. Marchese, I bassi prezzi dei bozzoli, 8 luglio 1883; Id., Le gravi condizioni dell’industria setifera e come migliorarla, 6 novembre 1884; Una soluzione della crisi serica, 16 dicembre 1883), dell’istruzione agraria popolare (L’istruzione agricola in Italia, 11 dicembre 1881; Come insegnavasi, insegnasi, dovrebbe insegnarsi agraria in Italia, 12 novembre 1882 e seguenti; L’istruzione agraria in Italia, 8 febbraio 1885, G. Marchese, Riforme nell’istruzione agraria, 4 dicembre 1892; Italo Ager, L’istruzione agraria. Ciò che si fa in Italia e all’estero, 9 ottobre 1898).

I nomi dei principali collaboratori nei primi due decenni di vita del «Corriere del villaggio», oltre a quello di Giovanni Marchese, la cui firma compare sotto i più importanti scritti di approfondimento economico e dal 1890 anche in qualità di direttore della rivista, sono: Sante Agugiaro, Augusto Beretta, Carlo Besana, Camillo Cantoni, Vincenzo Cecchini, Felice Faccini, Gherardo Freschi, Antonio Gasparini, Oscar Giacchi, Grazzi Soncini, Giovanni Mainardi, Lino Montalenti, Attilio Pucci, Leonardo Taras e Luigi Zuccoli, mentre un altro collaboratore si cela sotto lo pseudonimo di Italo Enotrio.

Il foglio riporta anche numerose relazioni di congressi, fra cui si citano: Il Congresso enologico presso il Ministero d’agricoltura, 9 marzo 1884; Il Congresso degli enofili a Roma, 22 marzo 1885; Il Congresso degli agricoltori italiani a Roma, 7 marzo 1886; Il Congresso degli agricoltori italiani a Siena, 4 settembre 1889; Il Congresso enofilo di Roma, 24 gennaio 1889; Il Congresso degli agricoltori italiani in Asti, 14 marzo 1891; Il Congresso economico di Torino, 14 maggio 1893; Il Congresso agrario nazionale in Roma, 22 aprile 1894; Il Congresso degli enotecnici a Milano, 5 agosto 1894; Il Congresso antifillosserico di Nizza Monferrato, 27 settembre 1896 e seguenti; Il Congresso degli agricoltori a Torino, 4 settembre 1898; Il Congresso antifillosserico di Torino, 11 settembre 1898; Il Congresso di bacologia a Torino, 25 settembre 1898; Il Congresso contro la pellagra di Padova, 16 aprile 1899.

Con l’ingresso nel nuovo secolo il periodico ricorda ai propri lettori che “il «Corriere del villaggio» non è un giornale locale: tratta di tutta l’agricoltura italiana e industrie affini con fare pratico e popolare; non è legato a nessuno, né persone né istituzioni, vive di propria vita epperciò con assoluta indipendenza può portare il modesto suo contributo alla tutela degli interessi delle campagne; la pratica viene associata alla scienza nel popolarizzare i perfezionamenti che si vanno conseguendo in paese e fuori, e nel ricordare a tempo opportuno le pratiche ed i lavori di stagione, la difesa dalle malattie e dagli insetti, ecc., indicando il miglior modo di compierli; tiene al corrente di quanto interessa le campagne; segue il movimento commerciale dei nostri prodotti all’estero; ha le più complete ed esatte riviste dei mercati, e su ciò non teme confronti” (Per il 1903, 14 dicembre 1902).

Confermando la sua impronta conservatrice, in questi anni il «Corriere» prende spesso posizione contro il corso liberale del ministero Zanardelli-Giolitti, e in particolare contro la linea progressista sul diritto di sciopero inaugurata dallo stesso: di fronte al vertiginoso aumento delle agitazioni verificatosi anche nel settore agricolo, si scaglia in più occasioni contro il ministro dell’interno accusandolo di cedere alla piazza e di minare l’autorità dello Stato, con grave danno dell’intera economia nazionale (cfr. I. Enotrio, La questione agraria alla Camera, 30 giugno 1901 e Id., Agitazione agraria, 18 agosto 1901). Negli anni successivi si rallegra dei risultati ottenuti dalle organizzazioni di resistenza padronali “nel senso di frenare gli eccessi delle organizzazioni operaie e di salvare l’industria e l’agricoltura dagli attacchi della tendenza più rivoluzionaria dei socialismo, che crea alla proprietà privata una situazione moralmente ed economicamente insostenibile” (Il successo delle organizzazioni padronali, 19 luglio 1908).

In generale comunque la rivista, col nuovo secolo, pur continuando ad occuparsi delle consuete tematiche (protezionismo granario, sgravio della pressione fiscale sulle proprietà agricole, agevolazioni per il credito agrario, pace sociale, incremento della produzione cerealicola per il fabbisogno interno) e venendo organizzata nelle medesime rubriche, sembra perdere la sua capacità di approfondimento e di presa di posizione sugli argomenti, a discapito soprattutto degli articoli di interesse economico: condizione, questa, che peggiora ulteriormente durante gli anni della Grande guerra, trasformando il periodico in un bollettino di sole 4 pagine diramante pressoché unicamente i vari provvedimenti governativi sulla produzione e il consumo delle derrate agricole.

Principali collaboratori in questo periodo di vita del «Corriere del villaggio», oltre ai già citati Italo Enotrio e Giovanni Marchese (per un riepilogo della sua attività di agronomo e collaboratore di riviste si veda la necrologia a lui dedicata apparsa sul numero del 5 novembre 1922), sono: Flaminio Bracci, C. Del Bò, Mario Ferraguti, Cesare Guida, Cornelio Guerci, Luigi Gullino, Enrico Lecci, Sebastiano Lissone, Ottavio Marchese (che, dopo un periodo di compartizione erediterà dal padre la direzione del settimanale), Paolo Magretti, Benso Marinucci, Vincenzo Pergola, Camillo Terni.

Fra le relazioni sui congressi di interesse agrario si citano: Il Congresso enologico e antifillosserico di Conegliano, 26 ottobre 1902; Il Congresso italiano di pollicoltura, 24 settembre 1905; Il Congresso delle cooperative agricole a Reggio Emilia, 15 ottobre 1905; Il Congresso agrario nazionale di Milano, 27 maggio 1906 e seguenti; Il Congresso risicolo internazionale a Parma, 4 novembre 1906; Il Congresso dei lavoratori della risaia a Pavia, 23 dicembre 1906; Il Congresso forestale di Bologna, 20 giugno 1909; Il Congresso agrario nazionale di Mondovì, 8 settembre 1907; Il Congresso delle banche popolari e della cooperazione a Cremona, 19 settembre 1907; Il Congresso della mutualità agraria in Milano, 26 febbraio 1911; I congressi agrari a Torino, 17 settembre 1911 e seguenti; Il Congresso nazionale per la mutualità agraria, 21 gennaio 1912; Il Congresso agrario di Genova, 12 maggio 1912; Il Congresso pellagrologico a Bergamo, 22 settembre 1912; Il Congresso antialcolista di Firenze, 24 novembre 1912; Il Congresso internazionale contro l’alcolismo, 21 settembre 1913; Il Congresso agrario di Roma, 6 aprile 1917.

Salutando con parole entusiastiche l’avvento del governo Mussolini (Il nuovo Ministero, 12 novembre 1922), negli anni venti e trenta il giornale diventa l’acritico portavoce della politica agraria del fascismo: “Crediamo che una delle caratteristiche più apprezzate del nostro giornale sia la nostra più devota e disinteressata adesione alle direttive agricole del Regime, e nel renderci fedelissimi interpreti alla volontà del grande capo, costantemente proteso alla più alta valorizzazione dell’agricoltura e degli agricoltori che sono quelli più vicini al suo grande cuore” (Agli amici lettori, 6 dicembre 1936), dedicando la maggior parte delle sue pagine alla pubblicazione dei provvedimenti governativi soprattutto a favore dell’incremento della produzione granaria.

In questi anni, non facendo richieste al potere di “leggi protezionistiche come quelle invocate dall’industria pesante, ma solo la considerazione dell’interesse comune ed una ragionevole mitezza nella pressione fiscale, oltre alla propaganda dei mezzi scientifici e razionali di coltivazione” (Ai lettori, 3 gennaio 1925), delinea il nodo fondamentale dell’agricoltura italiana, insieme a quello dell’intensificazione della produzione, nell’esigenza di “adeguare i prezzi di produzione a quelli di vendita dei prodotti, per non produrre in perdita e per assicurare ai coltivatori la giusta ricompensa delle sudate fatiche. Inoltre, accanto ai problemi dell’agricoltura propriamente detta, è da porre quello dell’allevamento e del bestiame. Le ben note cause della deficienza foraggiera e quelle non meno ignorate della soverchia modestia nei prezzi di vendita hanno determinato una vera crisi zootecnica nella quale gli allevatori si dibattono tutt’ora” (Il nostro programma, 6 gennaio 1929).

Nel 1939 inaugura, a favore dei propri abbonati, un servizio di assistenza e consulenza in materia finanziaria, così “anche chi dedica la propria attività all’agricoltura e perciò vive al di fuori del movimento finanziario possa essere tenuto costantemente al corrente dei movimenti per bene amministrare i propri capitali impiegati in titoli di Stato o in aziende” (A favore degli abbonati, 18 dicembre 1938).

Nel marzo del 1940 la pubblicazione della testata viene sospesa, per riprendere, a guerra conclusa, nel giugno 1945, “dopo le tristi vicissitudini trascorse sotto il vecchio regime, del quale il «Corriere» fu vittima attraverso diffide, sequestri e soppressioni” (Ripresa, 24 giugno 1945). Nel 1945 la rivista perde però ogni connotazione di tipo economico, concentrando i propri interessi soprattutto sul versante politico, grazie alla recente adesione al "movimento del Partito dei contadini" (Amico lettore, 9 settembre 1945).

C. Ro.

Raccolte: MI120: 1881-1921 (a febbraio); 1939 (lac.); 1946 (a giugno). CO002