Schneider Symmar 1:6,8 f=135mm - obiettivo fotografico - industria, manifattura, artigianato

Schneider

Schneider Symmar 1:6,8 f=135mm - obiettivo fotografico - industria, manifattura, artigianato

Descrizione

Questo obiettivo è costituito da un cilindro in metallo alle cui estremità sono avvitate due combinazioni di lenti montate su telaietti circolari in metallo. Ciascun elemento è composto da tre lenti a menisco, di cui quella centrale negativa e le altre positive, con indice di rifrazione crescente. Da una parte il cilindro è filettato per essere inserito a vite sull'apparecchio fotografico, dall'altra, il telaio porta lente è dotato di filettattura per l'inserzione di un paraluce o di un'altro telaio porta obiettivo. A metà del cilindro è inserita una flangia per facilitare il fissaggio sull'apparecchio fotografico. All'interno del cilindro è inserito un diaframma a iride, costituito da lamelle in metallo. Rispetto al diaframma le combinazioni di lenti sono disposte in maniera simmetrica. La disposizione delle lamelle e quindi l'apertura del diaframma può essere modificata ruotando una ghiera concentrica alla sezione del cilindro. Sul cilindro sono indicate le aperture del diaframma ma sono illeggibili

Funzione: Obiettivo fotografico universale, produce immagini molto nitide sia nei ritratti che nei paesaggi. L'apertura massima di 65° è allargabile fino a 80° utilizzando il diaframma e rende utilizzabile questo obiettivo anche come grandangolo per riprese nel campo tecnico e dell'architettura. Grazie alla costruzione simmetrica è utilizzabile a brevissime distanze e per ingrandimenti e riproduzioni. E' consigliato per negativi formato 9x12cm, sia in bianco e nero che per pellicole a colori.

Notizie storiche: Sin dalla nascita della fotografia (1839) i produttori di lenti ed obiettivi fotografici si trovarono a dover risolvere, per tentativi, numerosi problemi dovuti agli obiettivi utilizzati. Lo sviluppo degli obiettivi fotografici procedette in maniera lenta rispetto allo sviluppo degli apparecchi fotografici, soprattutto a causa dell'approccio empirico della maggior parte dei costruttori che preferivano procedere per tentativi al posto che progettare sulla base delle leggi dell'ottica delle lenti sviluppate da Gauss, Petzval, von Seidel, ecc. I primi obiettivi erano costituiti da lenti singole posizionate in modo tale da ottenere le migliori immagini possibili in determinate condizioni. Ben presto si pose il problema di rendere gli obiettivi acromatici e furono così introdotti i doppietti (doublet) fissi costituiti da due lenti in sequenza. Il primo obiettivo usato su un apparecchio fotografico, nel 1839, fu l'acromatico per paesaggi (Achromatic Landscape lens) di C. Chevalier, con apertura f/15 (molto lento). Presto furono prodotti obiettivi più veloci ovvero con aperture maggiori. Il passo successivo vide il montaggio di due elementi simmetrici identici collocati in posizioni opposte ad un diaframma fisso, per eliminare le distorsioni (1859) (Doublet lens). Già durante i primi anni dalla nascita della fotografia, molti produttori di obiettivi provarono gli effetti dell'inserimento di un elemento divergente tra una coppia di lenti convergenti. Il primo esempio fu il Triplet prodotto da A. Ross nel 1841 per Fox Talbot. Tra il 1866 e il 1890 venivano prodotti quattro tipi di obiettivi: per paesaggi (Landscape lens), per ritratti (Portrait lens), grandangolo (wide-angle Globe lens), e un obiettivo dalle caratteristiche intermedie denominato Rapid Rectilinear. Fino al 1890 l'astigmatismo rimase un difetto non controllabile. Quando nel 1885 E. Abbe e O. Schott della Zeiss Company introdussero lenti a bassa dispersione e con basso indice di rifrazione dette Barium Crown glasses fu in breve possibile produrre obiettivi anastigmatici (Anastigmat lens). La nascita di queste lenti portò alla crezione dei famosi obiettivi denominati Unar, Tessar, Dagor, ecc. Gli obiettivi Dagor, della C. P. Goerz, vennero progettati da un giovane Emil von Höegh nel 1894. Erano costituiti da due elementi di lenti uguali disposti uno di fronte all'altro intervallati da un diaframma. Ciascun elemento era costituito da tre lenti a menisco incollate, di cui quella centrale negativa e le altre positive, con indice di rifrazione crescente. Le tre lenti lavorando con indici di rifrazione diversi, permettevano di correggere le aberrazioni sferiche e cromatiche, di appiattire il campo evitando l'astigmatismo. L'uso dei due elementi posti simmetricamente eliminavano le aberrazioni trasversali. Successivamente, per eliminare la parte di aberrazioni sferiche rimaste, la lente positiva più interna, di ciascun elemento, non veniva più incollata ma spaziata rispetto alle altre lasciando un'intercapedine d'aria a forma di lente convergente (Airspaced Dagor). Questa nuova disposizione di lenti permise di ottenre aperture maggiori e nonostante le difficoltà delle riflessioni tra le otto superfici delle lenti, fu un ottimo obiettivo, copiato da molti costruttori tra cui Schneider che produsse il suo Symmar su modello dell'Airspaced Dagor. Nel 1890 iniziò anche la produzione di teleobiettivi. Negli anni '30 venne dato nuovo impulso alla creazione di nuovi obiettivi soprattutto per proiezione di pellicole 8, 16, 35mm e per apparecchi fotografici per aerofotografia. Dopo la Seconda Guerra Mondiale procedette lo sviluppo degli obiettivi per riprese e proiezioni cinematografiche e per apparecchi fotografici. A partire dagli anni '50 entrarono nel mercato degli obiettivi aziende giapponesi che ben presto presero il posto dei produttori europei grazie ai bassi costi e alta qualità proposti.

Autore: Schneider (costruttore) (1913/)

Datazione: ca. 1922 - ca. 1924

Materia e tecnica: metallo; vetro

Categoria: industria, manifattura, artigianato

Misure: 5 cm x Ø 8 cm

Peso: 210 g

Collocazione

Milano (MI), Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia "Leonardo da Vinci"

Riferimenti bibliografici

Schneider & Co "Gli obiettivi Schneider", Kreuznach 1952

Kingslake, R. "A History of photographic Lens", San Diego, California, U.S.A. 1989, p. 96

Credits

Compilazione: Ranon, Simona (2008)

Aggiornamento: Iannone, Vincenzo (2011)

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