Compreso in: Monastero di S. Celso - complesso, Milano (MI)
‹ precedente | 1 di 5 | successivo ›
Chiesa di S. Maria dei Miracoli presso S. Celso
Milano (MI)
Indirizzo: Corso Italia - Milano (MI)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: chiesa
Configurazione strutturale: Alla chiesa più antica fu aggregato un edificio a pianta longitudinale con tiburio, coro, navata laterali, deambulatorio, cappelle laterali e quadriportico di ingresso sul Corso
Epoca di costruzione: primo quarto sec. XVI
Autori: Dolcebuono, Gian Giacomo, progetto; Dolcebuono, Gian Giacomo e Palazzi e Bramante, Donato (?), prima direzione lavori; Amadeo, Giovanni Antonio, ampliamento; Amadeo, Giovanni Antonio e Solari, Cristoforo e Bramante, Donato, seconda direzione lavori; de Fondutis, Agostino detto Fondulo, decorazione in terracotta e fregio tiburio; Solari, Cristoforo, primo progetto costruzione atrio; Cesariano, Cesare, progetto quadriportico e primo progetto facciata; Zenale, Bernardo, ampliamento; Lombardo, Cristoforo, costruzione volta centrale e decorazione ambulacro; Alessi, Galeazzo, progetto facciata; Bassi, Martino, ultimazione facciata
Descrizione
Narra Paolo Morigia (1592) che il 30 dicembre 1485 i fedeli riuniti nell'antica cappella dedicata alla Vergine, posta nei pressi dell'abbazia benedettina di S. Celso, videro la Madonna alzare, per un attimo, il velo che copriva la propria immagine dipinta: di lì a poco cessò la pestilenza che tormentava, in quei mesi, Milano, e l'evento fu attribuito all'intervento miracoloso della Vergine. Il riconoscimento ufficiale del miracolo da parte delle autorità ecclesiastiche giunse l'anno successivo, insieme alla decisione di costruire sul posto un santuario (Patetta, 1987).
Secondo l'ipotesi di Patetta (1987), all'inizio si intervenne semplicemente sulla parte absidale della cappella antica, che era stata costruita nel 1430 per volere di Filippo Maria Visconti. Di questo primo edificio, secondo la critica, si riconosce tuttora il tracciato nella zona del coro.
Bisogna attendere invece il 1493 per l'avvio del cantiere del nuovo santuario: nel marzo di quell'anno i deputati della Scuola scelsero il progetto definitivo, che prevedeva un edificio a pianta longitudinale con tiburio, coro, navata unica e tre cappelle semicircolari per ogni lato. Dirigeva i lavori Giovan Giacomo Dolcebuono. Nel 1494 i deputati decisero di affiancargli Giovanni Antonio Amadeo; e, insieme, tra il 1497 e il 1499, i due architetti costruirono il tiburio. Inventano così un volume che, all'interno, è perfettamente cubico e poggia su quattro archi con pennacchi a settore di sfera, con un tamburo formato da un architrave circolare e da un fregio e una cornice dodecagonali; della stessa forma sono la volta superiore e la lanterna (Patetta, 1987). In ogni faccia del fregio è ricavata una nicchia, destinata a ospitare le statue in terracotta dei dodici Apostoli, modellate da Agostino de' Fondulis nel 1502. Le statue ora non sono più, probabilmente, quelle originali.
Qualche anno più tardi, nel 1504, si decise la costruzione del grande atrio antistante la chiesa, dopo aver ottenuto la demolizione di alcuni piccoli edifici di proprietà dell'abbazia di S. Celso. A lungo attribuito a Cesare Cesariano, e ora assegnato a Cristoforo Solari detto 'il Gobbo'. È, infatti, come la critica ha più volte sottolineato (Ferrari, 1974), il primo esempio milanese di classicismo pieno e di gusto per l'antico interpretato con rigore filologico.
Tra il 1513 e il 1514 si decise di modificare il progetto originario del 1493, con l'aggiunta delle navate laterali e del deambulatorio. Sappiamo con certezza che Bernardo Zenale diresse il cantiere per diversi anni, fino al gennaio 1526 (Riegel, 2002). Fu sua, quindi, la responsabilità, se non altro, della realizzazione del nuovo progetto.
Agli stessi anni, tra il 1513 e il 1514, risalgono anche i documenti che attestano la presenza di Cesariano in S. Maria presso S. Celso, incaricato, forse, di sorvegliare per qualche tempo i lavori; l'architetto fu pagato anche per un "desegno per la fazada de la giexa", mai realizzato.
Solo nel 1563 il problema della facciata fu risolto affidando l'incarico a Galeazzo Alessi, che in quegli anni lavorava in diversi importanti cantieri milanesi. L'architetto, però, lasciò Milano nel 1569 quando l'opera era stata realizzata solo fino al primo ordine: e variazioni al progetto originale apportarono, in seguito, Dionigi Campazzo e Martino Bassi che, negli anni successivi, diressero la fabbrica (Fusconi, 1975; Scotti, 1975).
Il santuario godeva di una autonomia insolita per la Milano di quegli anni (Bora, 1998). Questa speciale autonomia ne fa il cantiere più vivace e aperto della città, particolarmente negli anni attorno al 1540, quando inizia la campagna decorativa. La scelta cade infatti, per volontà dei deputati, e forse su suggerimento del marchese del Vasto, governatore di Milano fino al 1546, sugli artisti più innovativi del momento: stranieri, in massima parte, per dare nuova linfa alla stanca scuola milanese dominata dalla sola importante bottega rimasta, quella dei figli di Bernardino Luini.
Notizie storiche
La basilichetta benedettina di S. Celso risulta nota, almeno dall'VIII sec., in località "ad tres moros"( i tre mori), dove già Sant'Ambrogio aveva scoperto, presso un cimitero, i corpi dei martiri Nazaro e Celso. Il corpo del primo fu traslato nella Basilica Apostolorum (l'odierna S. Nazaro) e qui fu costruita una cappelletta per custodire il corpo di Celso, adornandola con un dipinto della Madonna su un muro.
Nel X sec., si principiano i lavori per la fondazione del monastero di San Celso: il vescovo in carica, Landolfo da Carcano, decide di far gettare la prima pietra per la nuova chiesa e di farsi preparare qui il sacello. Ben presto le opere si bloccano per il rinvenimento delle spoglie del IV vescovo, Castriziano, subito traslato nella chiesa di S.Giovanni in Conca. Vengono usati per l'impresa materiali di riuso trovati in loco, come la stele mutilata, con i due sposi romani divenuta semicapitello. Ne risulta una chiesa con impianto a tre navate.
Alla metà dell'XI sec, secondo le testimonianze, il monastero risulta in questo periodo appena restaurato. Dal 1168, fino al 1671 sec. verranno aggregate anche strutture ospedaliere per le ragazze madri e i trovatelli.
L'idea di giustapporre a questo antico nucleo una nuova e più grande chiesa, scaturisce dalla venerazione della vetusta immagine voluta da Ambrogio e per questo detta Madonna di Sant'Ambrogio, affrescata su una stele in nicchia (ancora visibile oggi nell'altare monumentale) che diviene di grande popolarità all'inizio del XV sec., a seguito di eventi miracolosi.
Ciò convince Filippo Maria Visconti, nel 1429, ad erigere una cappellania per custodirla, fino a creare il complesso di S. Maria dei Miracoli, finito di edificare nel 1439. Il patronato prima dei Visconti e poi degli Sforza, oltre alle elemosine dei pellegrini permisero successivi e grandi abbellimenti.
Nel 1454 vengono commissionati dall'abate del monastero, i battenti lignei del portale, rara opera di scultura lignea del XV sec., ancora visibili.
Ma i nuovi eventi miracolosi legati alla fine della peste e le relative guarigioni, accellerano la decisione di un ulteriore ampliamento. Viene così deciso di erigere una chiesa più grande, cosa che viene eseguita già alla fine del XV, grazie ad un diretto intervento di Lodovico il Moro, che conferma nella direzione della nuova fabbrica il Dolcebuono e il Palazzi, forse supervisionati dal nuovo ingegnere ducale, il Bramante.
Controversie legate alla realizzazione di un nuovo progetto azzerano la guida del cantiere, facendo subentrare l'Amadeo e Cristoforo Solari, accanto sempre al Bramante, che sicuramente intervenne per la costruzione del tiburio.
All'inizio del '500, a lavori ultimati, viene deciso di aggiungere 2 navate laterali, esautorando le cappelle laterali. Ciò portò a delle modifiche interne sensibili: volta a botte anziché le tre crociere, nella navata centrale e nel coro; diversa pilastratura, interventi pesanti sulla stessa cappella della Vergine, stravolgendone il suo impianto originario, apertura delle arcate tonde nel coro per la costruzione dell'ambulacro retrostante.
Anche l'esterno fu interessato da nuovi stravolgimenti, per la costruzione del quadriportico di Cristoforo Solari e con interventi successivi del Cesariano, tra la chiesa e il corso.
A meta del XVI secolo, il monastero risulta abbandonato e assegnato per questo ai Rocchettini, che ne avviano il rilancio.
In Santa Maria, affreschi tardo-settecenteschi dell'Appiani sulla cupola. Intanto, negli stessi anni, Giuseppe II faceva spogliare la chiesa dei suoi più importanti tesori.
Nel 1851 si aprivano le arcate meridionali del quadriportico, verso l'area antistante san Celso.
Nel 1854, venivano abbattute le prime due campate della basilica romanica, compresa la fronte settecentesca nella quale era incastonato l'originario portale figurato: la chiesa in tal modo veniva accorciata e si pensava una nuova facciata per rendere più armonico il portale romanico.
Uso attuale: corpo principale: chiesa
Uso storico: intero bene: santuario
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Accessibilità: Orario messe: Vigiliari (prefest.): ore 18:30 - Festive: ore 9:00 - 11:00 - 12:00 (inv) - 19:00
Percorsi tematici:
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2009)
Aggiornamento: Bianchini, Fabio (2015)
Descrizione e notizie storiche: Monaco, Tiziana; Ribaudo, Robert
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00016/
NOTA BENE: qualsiasi richiesta di consultazione, informazioni, ricerche, studi (nonché documentazione fotografica in alta risoluzione) relativa ai beni culturali di interesse descritti in Lombardia Beni Culturali deve essere inoltrata direttamente ai soggetti pubblici o privati che li detengono e/o gestiscono (soggetto o istituto di conservazione).