Compreso in: Abbazia di Civate - complesso, Civate (LC)
Abbazia di Civate - complesso
Civate (LC)
Indirizzo: km. 2,5 ovest a monte del centro abitato (Fuori dal centro abitato, isolato) - San Pietro al Monte, Civate (LC)
Tipologia generale: architettura religiosa e rituale
Tipologia specifica: monastero
Configurazione strutturale: Si tratta di un complesso di stile romanico, situato nella valle dell'Oro sulle pendici del Monte Cornizzolo. Il luogo, che attualmente non è più occupato da religiosi, si compone di tre edifici: la basilica di San Pietro, l'oratorio intitolato a san Benedetto e quello che era il monastero di cui rimangono solo rovine. Le costruzioni facevano parte del complesso dell'abbazia benedettina di Civate comprensiva, nell'abitato, della basilica di San Calocero.
Epoca di costruzione: sec. IX - sec, XI
Comprende
Descrizione
Il luogo di Civate, presso Lecco, affacciato a un suggestivo scenario di laghi lombardi, è ben noto agli storici dell'arte per le due chiese romaniche di San Pietro al monte e San Calocero al piano e soprattutto per i preziosi cicli di affreschi che le decorarono nel XII secolo. Le due chiese fecero parte istituzionalmente di un unico monastero, la cui storia più antica è ancora nebulosa a causa della dispersione dell'archivio. San Calocero sorge nell'attuale borgo di Civate, mentre San Pietro è raggiungibile con una faticosa salita a piedi di un'ora al monte un tempo detto Pedale, ora Cornizzolo. La loro funzione in epoca romanica è abbastanza esplicita: San Calocero era la chiesa monastica vera e propria, come attestano le tracce di un raro chiostro della prima metà dell'XI secolo: nel lato est sono evidenti una bifora pertinente alla sala del capitolo, e al piano superiore, una serie di monofore senz'altro relative al dormitorio. Il chiostro sembra in fase con la chiesa protoromanica del monastero, restituibile a unica navata e transetto sporgente, ampliata a tre navi e allungata a est (con cripta) verso la fine dell'XI secolo. San Pietro al monte era invece un santuario, eretto nella seconda metà dell'XI secolo (con pianta a doppia abside opposta), sulle reliquie degli apostoli Pietro e Paolo, ma pur sempre costituente un solo corpo col monastero al piano. Molto poco si conosce delle origini dell'abbazia, che pure un documento rivela come una comunità monastica significativa nell'Europa carolingia, seppur non paragonabile per numero di monaci e ampiezza alle maggiori istituzioni d'oltralpe. Si tratta del Liber viventium Fabariensis, in cui Clavades appare spiritualmente congiunta (assieme ai monasteri di San Gallo, Disentis e altri) al monastero di Pfäffers nei Grigioni. Un elenco di 35 monaci civatensi, datato dal Piper all'845, ci informa che fra essi erano presenti 11 presbiteri, 6 diaconi e 2 suddiaconi, ma soprattutto che erano guidati da due personalità illustri: l'abate Leudegarius e il prete Hildemarus. Ildemaro aveva viaggiato a lungo prima di giungere in Italia attorno all'840, assieme all'abate Leodegario di Maursmünster, il primo monastero riformato da Benedetto di Aniane; entrambi erano stati incaricati dall'arcivescovo Angilberto di Milano (824-860) di riformare la vita monastica nell'Italia settentrionale. Attorno all'845, mentre era maestro a Civate, Ildemaro dettò il suo ampio commento alla Regola di san Benedetto ai suoi discepoli. Giovanni Spinelli (1984, 1986) ha giustamente contestato la tradizione leggendaria di un'origine longobarda e desideriana del monastero di Civate (che tuttavia avrebbe una giustificazione indiretta) e ha invece proposto, con forti prove indiziarie, che il monastero emergesse proprio nell'ambito della collaborazione fra l'arcivescovo Angilberto e i due monaci franchi, incaricati probabilmente anche della "revisione in senso monastico-carolingio dei libri liturgici della Chiesa ambrosiana". Angilberto avrebbe anche avuto un ruolo nel trasferimento del corpo del martire Calocero da Albenga a Civate, ed è possibile che la cripta preesistente, scavata sotto San Pietro al monte, fosse destinata ad accogliere la stessa "reliquia", anche se la sua struttura non sembra attribuibile al IX secolo.
E' probabile che fin dall'origine la chiesa di S. Pietro rientrasse in primo luogo nella tipologia dei santuari e non delle chiese monastiche nelle quali, oltretutto, il coro è sempre posto davanti all'altare (come a Civate non può essere!). È dunque plausibile che l'occidentazione del-l'altare fosse dovuta alle presenza di reliquie di san Pietro.
All'altare il celebrante era rivolto versus orientem, alla romana. In questo contesto è facile comprendere che fosse stato previsto un itinerario di pellegrinaggio penitenziale: i "visitatori" entravano da est e percorrevano la navata verso le reliquie da venerare; i cancelli impedivano loro l'accesso alla zona dell'altare e del coro.
Notizie storiche
I confronti con altre realtà di edifici sacri romanici, inducono a situare Civate attorno all'anno Mille. Se fino al 941 il monastero risulta dai documenti (Magistretti 1898) dedicato a san Pietro, ciò significa che questo era il titolo primitivo della chiesa abbaziale al piano, mentre se dal 1018 (ma con un vuoto documentario di quasi un secolo!) il titolo di San Calocero sembra sostituire quello di San Pietro se ne deve dedurre che le reliquie del santo avevano avuto un rilancio di culto (essendo probabilmente giunte a Civate nel IX secolo per opera di Angilberto II) e che una delle chiese era dedicata al martire (senza dover essere necessariamente già quella al piano). Non è dunque da escludere che il santuario al monte fosse stato costruito - o soltanto ricostruito - fra X e XI secolo (ante 1018) proprio per ospitare le reliquie di san Calocero (indipendentemente dall'epoca del loro arrivo a Civate). Queste sarebbero state traslate al piano qualche decennio dopo, quando il sacello al monte doveva essere in disuso (Pergola 1998), e mentre si progettava di sostituirgli un nuovo santuario con reliquie apostoliche. Nella seconda metà dell'XI secolo i tituli si erano così "scambiati": a Pietro era ormai dedicato il santuario al monte e a Calocero il monastero al piano. In San Calocero sono conservate parti importanti di un ciclo pittorico sulle pareti della navata centrale e in contro-facciata. I collegamenti stilistici con quello di San Pietro al monte sono evidenti, anche se non appare trattarsi della stessa maestranza e anche se qualcuno ha pensato a una datazione assai più recente. La tematica vetero-testamentaria ha fatto ipotizzare (Mancinelli 1971) anche una connessione iconografica, visti i soggetti cristologici e apostolici della chiesa al monte, che costituirebbero dunque la "continuazione" di quelli al piano. Tuttavia va detto che non sappiamo quanto fosse esteso e come fosse articolato il decoro di San Calocero, dove forse non mancavano anche temi neotestamentari (nella zona presbiteriale?). Le pitture murali della navata sono oggi purtroppo tagliate dalle volte di età moderna e solo dal sottotetto alcune di esse sono leggibili.
Recentemente è stata proposta una nuova analisi delle scene di San Calocero proprio in rapporto a modelli romani (Cavallaro 2006). L'iconografia degli affreschi e del decoro plastico (stucchi) di San Pietro ha già avuto molteplici attenzioni, e soprattutto alla più sofisticata indagine iconologica di Yves Christe (1984, 1988, 1996) che ha prodotto un salto di qualità utilizzando l'apporto semantico sia dei tituli di cui sono corredati gli affreschi, sia delle fonti testuali individuate. Lo studioso ha così evidenziato l'unicità iconografica e la profondità dottrinale del ciclo civatense, in cui il libro dell'Apocalisse e la tradizione esegetica (Ambrogio, Gregorio Magno, Ambrogio Autperto) hanno un ruolo essenziale. Non si è invece proposto di ricostruire un vero e proprio "programma iconografico",
Dai caratteri stilistici si possono considerare la chiesa della seconda metà dell'XI secolo, le aggiunte del primo decennio del XII secolo. Tuttavia non si può escludere che almeno il decoro plastico sia stato iniziato o previsto già al momento della costruzione, se si pensa alla stretta connessione fra membrature architettoniche e stucco nelle colonne del vestibolo, nella cripta (Peroni 2007a), nella scala della cripta, i cui parapetti svolgono temi simbolici entro fitti racemi fitomorfi (Gatti 2007). Lo stile più arcaico degli stucchi della cripta rispetto a quelli del ciborio ha fatto pensare a diverse maestranze, ma anche a una fase più precoce di circa vent'anni (Müller 2009). Il Barelli (1881) individuò tre livelli pavimentali originari (invece dei due che esistevano ai suoi tempi), giustificati peraltro dalla verificabilità delle quote di quattro portali, e li consegnò alla chiesa attuale.
Uso attuale: intero bene: chiesa
Uso storico: intero bene: monastero
Condizione giuridica: proprietà Ente religioso cattolico
Accessibilità: E' raggiungibile solo dopo aver percorso a piedi una mulattiera che si svolge sul versante orientale del monte Cornizzolo. Partendo dalla frazione Pozzo, dopo circa un'ora di cammino, si giunge sul pianoro dove sorge la basilica di S. Pietro e l'annesso oratorio di S. Benedetto.
Apertura a richiesta presso la Parrocchia di Civate
Per informazioni e per prenotazioni di visite guidate:
ASSOCIAZIONE AMICI DI SAN PIETRO
info@amicidisanpietro.it
tel. 3463066590
Credits
Compilazione: Ribaudo, Robert (2013)
Aggiornamento: Piefermi, Antonio (2014)
Descrizione e notizie storiche: Piva, Paolo
Fotografie: BAMS photo Rodella/ Jaca Book
Scheda completa SIRBeC (formato PDF)
Link risorsa: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00993/
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