Milano e i pionieri del ciclo: le associazioni e le Esposizioni internazionali

Le associazioni ciclistiche

foto da http://museodelghisallo.it/atlante-storico-ciclismo

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Il ricco tessuto culturale e associativo del capoluogo lombardo fa sì che la diffusione della bicicletta sia un fenomeno intensamente sociale.

È milanese, ad esempio, il primato di una delle prime associazioni ciclistiche italiane, il Veloce Club, nato nel 1870, cioè ancora prima dell’affermazione della bicicletta “moderna”, per promuovere la diffusione di tutti quei dispositivi meccanici che permettessero di aumentare artificialmente la velocità di movimento degli esseri umani.

L’ampia sede del club, in via Vivajo, era frequentata dai membri dell’aristocrazia e dell’alta borghesia milanese e il suo presidente, l’inglese Federico Johnson, proprietario di uno stabilimento per la produzione industriale di medaglie e incisioni, si distinse come pioniere del velocipede, dei pattini a rotelle (un’altra invenzione britannica) e, successivamente, della motocicletta e dell’automobile.

Il Veloce Club organizzò le prime competizioni ciclistiche italiane, e la prima Esposizione internazionale ciclistica in Italia, che si tenne presso la sede del club dal 17 al 31 marzo del 1895. Si trattava sostanzialmente di una mostra delle migliori macchine prodotte all’estero – i visitatori avrebbero addirittura potuto provarle – rivolta essenzialmente a un pubblico di alta estrazione (all’epoca, il costo del biglietto di ingresso giornaliero, una lira, corrispondeva alla paga giornaliera di un operaio tessile).

Ancora più importante fu un’altra iniziativa dell’instancabile Johnson e degli altri appassionati ciclisti della “Milano che conta”, la creazione nel novembre 1894, del Touring Club Ciclistico Italiano. Nei suoi primi anni di vita l’associazione si batté strenuamente per la diffusione del cicloturismo, affrontando argomenti come il miglioramento delle strade, della segnaletica, dei regolamenti sulla circolazione delle biciclette, istituendo inoltre una rete di assistenza che copriva tutte le necessità di chi viaggiava in bicicletta (riparazioni, assistenza medica, strutture alberghiere).

A partire dagli originari 784 soci, prevalentemente milanesi, nel 1900 gli iscritti superavano i 20.000, sparsi in tutta Italia: l’associazione estendeva i propri compiti all’automobilismo e a tutti gli aspetti del turismo, adottando il nome con cui è nota ancora oggi, Touring Club Italiano.
Nel 1900 circolavano in Italia circa 142mila biciclette, di queste 38mila erano in Lombardia (di cui più di 14mila nella città di Milano, ben il 10% del parco ciclistico nazionale).

 

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Per gentile concessione archivio storico ANCMA

La nascita dell’EICMA
Una diffusione se non di massa, perlomeno più ampia del ciclismo favoriva il suo riconoscimento come settore economico rilevante, specialmente se la bicicletta si associava ad altre produzioni industriali, ad essa collegate.
La non conflittualità e anzi la collaborazione fra appassionati dei mezzi a motore e della bicicletta era una caratteristica della Belle Èpoque: si trattava pur sempre di appassionati di novità tecnico-sportive, interessati a portare in Italia alcune innovazioni che stavano prendendo piede nei Paesi più industrializzati, spesso costretti a confrontarsi con la diffidenza di un contesto culturale ed economico tradizionalista.

I saloni di via Vivaio del Veloce Club ospitavano nel 1897 una prima Esposizione ciclo-moto-automobilistica e dalla collaborazione con il Moto Club Lombardo prendeva vita l’Esposizione internazionale del ciclo e del motociclo, un’istituzione milanese che continua ancora oggi con il nome di EICMA.

 

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La prima edizione nasceva nel maggio 1914, ai margini di una manifestazione organizzata dalla Gazzetta dello Sport, il primo Circuito Motociclistico d’Italia. L’esposizione – ospitata dall’albergo Kursaal Diana, in Porta Venezia – si limitava a una mostra delle macchine che avevano preso parte alla gara e di alcune motociclette messe a disposizione dagli importatori milanesi. L’iniziativa venne ripetuta solo dopo la Guerra, tra maggio e giugno del 1920, all’interno di un salone in via Conservatorio, messo a disposizione dal Veloce Club.

La bicicletta iniziò ad essere ufficialmente accolta accanto alla sua cugina motorizzata solo dal 1921,dalla terza edizione, ma bisogna considerare che alcuni dei protagonisti delle prime edizioni – in cui i rappresentanti di case estere prevalevano nettamente sui produttori nazionali – erano già noti al pubblico milanese come importatori di velocipedi (ad esempio, le ditte Max Turkheimer e la Fabbre & Gagliardi), mentre fra i pochi fabbricanti italiani presenti c’erano ditte che avevano raggiunto la notorietà proprio grazie alla bicicletta, come Frera, Prinetti & Stucchi, Edoardo Bianchi.
Si può anzi dire che, benché l’aspetto più vistoso delle Esposizioni fosse la nascita del motociclismo italiano, essi segnassero la piena maturità della bicicletta: l’edizione del 1920 della manifestazione segnò infatti la creazione della prima organizzazione di settore,lAssociazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori (ANCMA), nella quale si trovarono riuniti importatori e produttori sia di motociclette che di biciclette. La prevalenza dei primi era netta, tuttavia bisogna ricordare che i confini fra le specializzazioni erano labili (anche per il fatto che, all’epoca, la motocicletta era spesso poco più che una bicicletta con applicato un motore).

La progressiva affermazione della motocicletta era l’aspetto più visibile e ricalcava le tappe che, con qualche decennio di anticipo, avevano percorso i primi velocipedi: il passaggio da prodotto straniero a una produzione nazionale, una prima diffusione “aristocratica” e una successiva “democratizzazione”, lo sport come elemento chiave del successo… Molte delle ditte che si confrontavano con questo settore nuovo – e quindi anche instabile e ricco di incertezze – potevano tuttavia contare su una base solida di attività nell’ambito delle due ruote prive di motore: benché i molti casi le moto fossero il prodotto presentato con maggiore enfasi, in molti stand si contendevano il campo con numerosi modelli di bici da corsa, da viaggio, per bambini, da trasporto…

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per gentile concessione archivio storico ANCMA

La crescita dell’EICMA
Da una quarantina di stand ospitati nelle prime edizioni l’Esposizione crebbe progressivamente, rendendo necessaria l’individuazione di una nuova sede: il salone del Veloce Club continuò ad essere usato fino al 1923, la manifestazione si trasferì poi nel Palazzo dell’Esposizione Permanente, in via Principe Umberto, oggi via Turati, dove rimase fino al 1939 (nell’ultima edizione ospitata dal Palazzo, gli espositori erano 145).

È interessante notare come gli spazi utilizzati sancissero una sorta di nesso ideale tra l’industria delle due ruote e l’arte contemporanea: il connubio venne ulteriormente rafforzato con la scelta del Palazzo dell’Arte della Triennale come sede della manifestazione, fino al 1952.

Il successivo ingresso dell’Esposizione come una delle manifestazioni di punta della Fiera di Milano rappresenta invece una nuova fase della vita dell’industria ciclistica: gli anni della ricostruzione e del successivo boom economico sono un momento di grande fervore per tutta l’industria meccanica, e le manifestazioni promosse dall’ANCMA rispecchiavano questo clima di grande attivismo.

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per gentile concessione archivio storico ANCMA

Già nel 1946 partecipavano all’Esposizione oltre 300 espositori, circa il doppio di quelli presenti nelle ultime edizioni prima della guerra; il loro numero saliva a 400 all’inizio del decennio 1950 e superava i 500 appena un quinquennio dopo. Negli eventi ospitati presso il Padiglione della meccanica erano più numerose le ditte legate al mondo della motocicletta (per la prima volta un mezzo alla portata economica di gran parte della popolazione), ma la bicicletta aveva comunque una rappresentanza folta e qualificata.

Per quanto riguarda la produzione di biciclette, la Lombardia e, soprattutto, l’area milanese, mantenevano il loro tradizionale primato anche nelle Esposizioni del dopoguerra, tuttavia nelle guide pubblicate dall’ANCMA negli anni del boom gli indirizzi di ditte con la propria sede in Piemonte o in Veneto iniziavano a comparire con sempre maggiore frequenza.
Negli elenchi degli espositori iniziava già allora a manifestarsi un fenomeno che sarebbe diventato evidente solo negli anni successivi: oggi l’industria della bicicletta ha raggiunto dei livelli produttivi molto più alti rispetto agli anni del Miracolo economico, tuttavia il suo peso occupazionale si è ridotto e non esiste più un livello di concentrazione geografica paragonabile a quello evidente a partire dall’insediamento dei primi fabbricanti di velocipedi milanesi fino agli anni del secondo dopoguerra.

Pur avendo perso il suo tradizionale schiacciante primato, la Lombardia, accanto al Veneto e al Piemonte, mantiene tuttavia i primi posti all’interno dell’industria della bicicletta, oggi diffusa in maniera più bilanciata nell’intero territorio nazionale.

 

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 5 Dicembre 2016 [cm]