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1346. Niccolò Beccaria a Francesco Sforza (1453 gennaio 13 Milano).

Niccolò Beccaria ricorre dal duca per il probelma sorto nel contado di Pavia al castello della Preda vicino a Prealino di Bartolomeo di Sannazzaro che, bandito a vita per avere ammazzato Pietro de Besozzo e i suoi beni confiscati, è rimpatriato e, riavuti i beni, li ha donati al genero, uomo d'arme di Colella da Napoli. Ciò gli consente di usurpare la fornace da calcina di Niccolò e di minacciare Pietro da Besozzo, se molestato nel godimento di quanto usurpato. Ciò premesso, Niccolò chiede al duca di provvedere perché non sia offeso nella persona e nei suoi averi.

Copia suprascripte supplicationis.
Illustris et ioconde princeps, il vostro fidelissimo servitore et citadino de Pavia (a) Nicolò de Becharia ha el suo castello dela Preda del vostro contado de Pavia vicino ad Prealino, il quale è di Bartolomeo de San Nazaro da Prealino, homo arogantissimo, il qual amazò crudelmente el famoso doctore meser Petro de Besozo et li soi bene foreno confiscati ad la Camera del'excellentissimo domino vostro patre et socero, et luy bandito dela vita, et non si sa como fusseno restituite li bene et luy tornato ad casa. Et perché non gli è facta la debita punitione che se deverea fare ad tanto omicida, non se pò abstenere del mal fare, et per volere superbiare et opprimere altro, pare che habia donato via tuto el suo ad Urso, suo genero, homo d'arme de Collella da Napole. Et voria esso Bartholomeo usurpare una fornace de calcina del dicto exponente, nela quale may el dicto (b) Bartholomeo non hebbe ad fare et ha mandato ad menazare ad esso vostro Nicolò che, se non li lassa quella fornace, lo amazarà como amazò messer Petro da Besozo. Unde, per paura non possa andare ala sua possessione, fornace et beni, né ad fare li facti soy, fortemente dubitando dela arogantia d'esso Bartholomeo che non ha altro se non quello che ha donato via et che non se guarderia ad commettere uno delicto, perché non pò perdere niente, et prende ancora magiore superbia, perché ha el dicto Urso, homo d'arme, per suo genero. Et perché, benigno signore, specta ala excelentia vostra reparare ali periculi et inconvenienti et ad providere che li soy fidelli subditi non siano offesi né oppressi, quinymo possano stare et fare li facti soy.
Il perché fiducialmente ricorre et si ricomanda el dicto Nicolò ala prefata signoria vostra che la se digni, per sua solita gratia et iustitia, providere in modo et forma che'l dicto supplicante fi sicuro de non essere offeso, nì in lo havere, nì in la persona, et che possa stare et andare et fare securamente li facti soy, como è conveniente cosa et crede essere la bona vostra intentione.

(a) Pavia in interlinea su Parma depennato.
(b) Segue exponente depennato.