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2066. Francesco Sforza al luogotenente di Lodi (1453 giugno 7 "apud Senigam").

Francesco Sforza ricorda al luogotenente di Lodi il bando di mesi prima per cui i preti residenti in territorio nemico, fossero tenuti a rimpatriare, pena la perdita dei benefici, tr i quali, incuranti del precetto, vi è Giacomo Pomparato, prebendato della chiesa dei Santi Giorgio e Martino in Solarolo e San Matteo, patronato dei Tresino di quella città che, invece rimpatriare, aveva nominato suo procuratore prete Tommasino Bolte, che amministra i detti beni e gli invia i frutti. Il duca, nominato un economo sui beni, ha scritto al vicario del vescovo per indurre Tommasino a rendicontare all'economo e a uno dei patroni l'amministrazione dei benifici di cui è procuratore. Il vicario, indifferente alle lettere, si è appellato a Roma per bloccare l'intervento del duca che però impone al luogotenente di convocare il vicario e di protestargli la violazione delle lettere. Perdurando la sua renitenza, agisca il luogotenente.

[ 438r] Locumtenenti Laude.
Già sonno più mese passati che, havendo nuy noticia essere alcuni preti de quella nostra cità pocho amici del stato nostro quali sonno prebendati lì a Lodi et sonno et habitano in le terre del'inimici et emuli nostri, facissemo bandire publice che dovesseno repatriare aut seriano privati de lor beneficii, et, fral'altri, uno preito Iacomo Pomparato, prebendato dela chiesa Sanctorum Georgii, Martini in Solarolo et Sancti Mathie, patronatus illorum de Tresino de quella nostra cità, may non è voluto venire, ance presumptuosamente ha creato suo procuratore prete Thomasino Bolte quale administra li beni de dicta chiesia et gli manda al prefato prete Iacomo Pombarato, che vene proprie ad essere contra la mente et dispositioni et ordini nostri. Subsequenter, sentendo nuy questo et gravandosene, facessemo, per nostre lettere, uno iconimo sopra li beni predicti, et deinde scrisemo al vicario lì del reverendo monsignore che constringese quello prete Thomasino, procuratore, ad rendere ragione al'iconimo et uno deli patroni de administratis per eum, el qual vicario ha proceduto como ha voluto in questa causa, et sicuti luy doveva procedere, vigore litterarum nostrarum, como siamo informato ch'el poteva et doveva fare, è andato per via de comandamenti dali quali esso preite se è appellato a Roma, in modo ch'el pare non habiamo nuy a far niente. Per la qual cosa volimo che habiati dicto vicario e facendove monstrare le lettere, quale gli scrisemo sopra ciò ali dì passati, et deinde gli diriti che se maravigliamo non habia exequito quanto gli scrisemo, et che omnino el voglia exequire, perché, como havemo sopra dicto, siamo informati che lo potè fare vigore litterarum nostrarum. Et casu quo non lo volia exequire, exequitolo voy. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.