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396. Francesco Sforza al podestà e ai Presidenti agli affari di Novara 1452 aprile 22 Milano

Francesco Sforza scrive indignato al podestà e ai Presidenti agli affari di Novara per non aver preso in adeguata considerazione il suo ripetuto scritto per il pagamento di un carro per il castello di Porta Zobia. Rivela loro d'essersi pure doluto con Battista del Borgo tacciandolo d'indolenza nel prendere provvedimenti e imponendogli di ricorrere anche a gente d'arme per sottrarre loro dei buoi e appigliarsi a qualunque mezzo per la riscossione. Il podestà presti in ciò obbedienza a Battista.

[ 129v] Egregio dilectis nostris potestati et presidentibus negociis nostre civitatis Novarie.
Havendo noy più fiade facto scrivere dovesti pagare lo denaro de un caro per lo nostro castello de Porta Zobbia, solum voy della comunità, et nostro scrivere haveti contemnuto et despresiato quello che nullo altro locho ha facto, siati certissimi ne è molestissimo et per avantura ve darimo intendere essere cossì, et maxime quando per questo nostro ultimo scrivere, sine mora non sborsati dicto denaro o qui a noy, o si a misser Baptista del Borgo, nostro commissario dalle parte dellà, del quale grandemente ne dolimo che sia stato sì tardo et negligente ad non pigliare remedio de farvi pagare, et non fece cosa pareghi di fa'. De che gli sia per resultare peghio et a boccha gli lo havimo chiarito, et etiam per nostre littere, et havimolo expressissime commandato che faci et opera taliter che subito dicto denaro se sborsi, como de sopra è dicto. Et quando per voy se facesse una minima mora in sborsarli, lo havimo admonito pigli delle gente d'arme quanto alui pare, et toglia una frotta de para de bovi delli vostri, et observi qualunque altro modo megliore li pare che ve facia venire voglia de pagare, che non poteria fare tanto de che non ne siamo più contentissimi. Et tu, podestà, in qualunque cosa presta obedientia ad dicto misser Baptista et, per quanto hay carala gratia nostra, fa che non sentissimo lo contrario, ch'è male per (a). Data Mediolani, die xxii aprilis 1452.
Iohannes.


(a) Così termina la missiva.