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602. Francesco Sforza a Corrado Sforza Fogliani, a Pietro da Pusterla e a Giovanni Matteo Bottigella 1452 agosto 22 apud Quinzanum

Francesco Sforza dice a Corrado Sforza Fogliani, a Pietro da Pusterla e a Giovanni Matteo Bottigella, in Alessandria, di aver appreso da loro la relazione fatta dagli ambasciatori e i dubbi sollevati dai signori monferrini circa la provvisione dei tremila ducati; a proposito delle terre conquistate da Guglielmo, sostiene la decisione di Corrado, Pietro e Giovanni che gli ambasciatori ritornino da detti signori monferrini per cercare un accordo proponendo una tregua di otto o dieci giorni. A rispondere loro di tutto provvederà Giovanni da Castelnuovo. Il duca esprime scontento per la richiesta di una tregua di otto giorni, che è quanto vogliono i medesimi signori per dare un po' di respiro ai loro sudditi. In tale periodo i sidditi sforzeschi vanno a raccogliere l'uva nelle terre nemiche per fare il vino non facendo la vendemmia in casa propria. Ad evitare simili inconvenienti chiede di non fare siffatta tregua e, se l'avessero fatta, la disdicano, avendo la possibilità di battere il nemico.

[ 209v] Magnifico Conrado de Foliano, Petro de Pusterla et Iohannimatheo Butigelle, Alexandrie.
Hoge, circale xviiii hore, recevessemo la vostra lettera de dì xx del presente, per la quale havemo inteso la relatione hanno reportata quelli spectabili ambassatori regali da quelli illustri signori de Monferrà circala treuga rasonata, et cetera, et li duy dubii che hanno mosso li dicti signori, zoè della provisione delli iii mila, che è pocha, et della dechiaratione vogliono inanzi se vengha alla conclusione della dicta treuga quello debbia essere delle terre ha acquistate el signore Guilielmo in questa guerra in fine delli sey mesi, et quello che vuy gli haveti resposto per loro chiareza, et demum del partito preso fra vuy che essi ambassatori siano retornati dalli dicti signori per vedere de indurli alla conclusione senza più longeza, et che, in caso non vogliano venire alla conclusione senzala dicta dechiaratione, che vedano de fare una treuga per octo o deci dì a boccha o in scripto, et a questo alegati essere mossi per lo malcontentamento delli citadini per rispecto alle ughe, et cetera. Al che respondendo brevimento dicimo che damatina se partirà de qui Iohanne da Castelnova, al quale havimo commisso che de tracta se ne venghi ad Alexandria, dal quale, como informato della mente nostra appieno tanto circa questi dubii quanto circale altre cose sonno da fare, restareti chiariti de tucto, et de quanto havereti a sequire. Siché circa questo non diremo altro per questa nostralittera, salvo che vogliamo sapiati che nuy restami malissimamenti contenti de vuy de essere venuti al puncto de fare questa treuga per li octo dì, della qualcosa non possamo fare che non se maravegliamo et dogliamo (a), perché prima vuy monstrate vilità et andare elemosinando dicta treuga (b), poy vuy haveti facto tucto quello che cerchano quelli signori, cioè de dare reposo alli loro subditi et dargli questo pocho spatio de vendemiare et fare li facti loro in pace, li quali sonno in molto mazore necessitade che [ 210r] non sonno li nostri in quelle parte, vogliandose fare quello se deve et pò fare per quelle gente nostre, sì in damnificare li inimici, sì in fare delle scorte a quelli citadini, hoge verso una parte, domane (c) verso un'altra ancora, dove essi nostri subditi fin qui se sonno lamentati del damno receveno in le ughe per li nostri medesmi. Adesso cum questa treuga se lamentarano et dolerano molto più, perché, pur è da credere che li nostri siano andati et vadano a tuore del'ugha nelle terre delli inimici per fare del vino et non si sonno voltati (d) a torla alli nostri, et mò, siandoli toltala via cum questa treuga de tuore de quello delli inimici, tucti li damni et le botte retornerano pur adosso a quelli nostri subditi. Per la qualcosa per evitare et fugire tucte queste cose, ad nuy pare, et cossì vogliamo et ve commandiamo, che se per caso dicti ambassatori non havesseno facta questa treuga delli octo o deci dì, vogliate ordinare non si faza et, s'ella fusse facta, ch'ella sia subito revocata, perché, havendo nuy el modo che havemo, como intendereti, de battere el nostro inimico con le spalle della mayestà del Re de Franza a bon modo, per niente non vogliamo consentire che se vada elimosinando questa treuga nel modo che haveti facto (e) vuy. Data in castris nostris felicibus apud Quinzanum, die xxii augusti 1452.
Iohannes.
Iohannes.


(a) Segue de vuy depennato.
(b) Segue per li octo depennato.
(c) domane in interlinea su hoge depennato.
(d) Segue a terla depennato.
(e) facto in interlinea.