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687. Francesco Sforza a Sceva de Curte 1452 settembre 19 apud Quinzanum

Francesco Sforza spera che Sceva de Curte, ambasciatore ducale a Genova, abbia trovato Giovanni Filippo Fieschi ben disposto e che l'accordo tra lui e il doge si stia concludendo. Gli raccomanda, perciò, di attenersi ai consigli del Soderini. Raggiuntal'intesa tra il doge e Giovanni Filippo, principale preoccupazione di Sceva sia quella di sollecitare la concessione dei denari, consideratala buona disposizione del doge e dei cittadini genovesi. Lo informa che Daniele Arrighi, ambasciatore del re Renato, si trova a Genova per affari di sale: gli dia tutto quel supporto che gli sarà possibile.

Domino Sceve de Curte, oratori nostro Ianue.
Nuy siamo certi che vuy havereti trovato domino Zohannefilippo dal Fiesco in bona dispositione et le cose assay bene discusse et limate ad havere bona conclusione lo accordio praticato fralo illustre signore domino lo duxe et dicto domino Zohannefilippo, il perché habiamo bona speranza che, gionto che sareti li, dicto accordio haverà effecto, maxime che lo magnifico ambassatore fiorentino ne scrivi dicto accordio, per l'una parte et per l'altra (a), essere mettuto in luy. Et che la excelsa comunità de Fiorenza et nuy siamo securtà per l'una parte et per l'altra et promettitori, et cossì nuy dal canto nostro siamo contenti, como vedereti, che scrivemo al dicto ambassatore, col quale in ogne cosa vogliative intendere et exequire li pareri, conselii et ricordi soy quanto faresti li nostri proprii, perché luy è informatissimo de quelle cose dellà. Et facto dicto accordio vogliate solicitare el facto del denaro quale se pratichalì, como intendereti dal prefato ambassatore, perché, sollicitando, siamo certi se ne haverà bono effecto, consyderato la bona dispositione del prefato signore domino lo duxe et de tucti quelli citadini. Et se ne habiamo bisogno non lo vogliamo dire, perché (b) siamo certi lo sapiate meglio che nuy, avisandovi che, havendosse questi denari, quali se pratichano delà volerne dare, seriano casone della victoria nostra. Siché intendeti mò quello haveti a fare, perché nuy scrivemo largamente (c) a quello ambassatore. Non ne extendimo più oltra, rendendove certi che luy ve monstrarà il tucto. Bene ve dicimo che ne debiate avisare, alla recevuta da questa, de tucto quello sarà sequito fin al presente. Ex castris apud Quinzanum, die xviiii septembris 1452.
Leonardus.
Daniel de Arigho, ambassatore della mayestà del re Renato, se trovalì per una certa pratica de sale, quale luy ha cum quello illustre signore duxe, al quale ne scrivemo per nostre lettere. Pertanto vogliamo, et cossì ve commettemo, che vuy gli debiate dare tucto quello adiuto et favore ve serà possibile, acciochè luy manda ad effecto tucto quello è venuto a fare lì. Data ut supra.


(a) Segue et per l'altra depennato.
(b) Segue lo sapiat depennato.
(c) In A largamamente.