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753. Francesco Sforza a Sceva de Curte 1452 ottobre 1 apud Lenum

Francesco Sforza si compiace con Sceva de Curte per quanto gli hanno confermato le sue lettere circa il comportamento che tiene per favorire l'accordo tra il doge e Giovanni Filippo Fieschi. Crede di aver fugato ogni disappunto da parte del doge per le cose di Francia con quel che a proposito ha detto al suo ambasciatore. Comunque di ciò ha scritto lui stesso al doge. Non ha scritto all'ambasciatore fiorentino perché era in attesa delle lettere di Sceva: all'ambasciatore può dire tutto perché Diotesalvi è a conoscenza di tutto. Gli ripete di chiedere al doge di rendere disponibili i milletrecento ducati che sono lì in deposito. Dalle sue lettere ha inteso che l'accordo con Giovanni Filippo è cosa fatta: se ne dice molto soddisfatto. Poco gli interessa che Daniele si porti da lui a scusarsi: vedrà come gli risponde dalla copia che acclude.

Spectabili militi et doctori domino Seve de Curte, dilectissimo (a) oratoris nostro apud illustrem dominum ducem Ianuensem.
Habiamo inteso quanto per tre vostre lettere ne scriveti de dì xxiiii del passato de quanto haveti agitato cum Iohannefilippo et poy cum lo illustre signore domino lo duxe, et quanto se contene in le [ 273v] ultime littere; commendiemo la diligentia vostra, quale haveti usata per exequire li mandati nostri. Et perché lo accordio de domino Zohannefilippo cum lo Illustre domino lo duxe credemo, secondo lo vostro scrivere, ch'el sia mò sequito, lo quale molto ne piacerà et molto ne satisfarà alla mente nostra, perhò non dicemo altro.
Alla parte di balestreri ancora non dicimo altro, perché de dì in di lì aspectamo qua.
Alla parte della ombreza quale monstrano havere quello signore duxe et quelli citadini delle cose de Franza, dicimo havere al suo ambassatore è qua dicto ogni cosalargamente, como debbe havire scripto; non dimanco scriviamo al duxe, como vedereti per la copia qui inclusa, che debitamente et merito la signoria soa et tucti li cittadini debbano per quelle nostre littere restare ben chiari e satisfacti, et cossi vuy largamente gli diriti a boccha, imprimendo quella substantia dicono le nostre littere et parlando cum la signoria soaliberamente perché la mente nostra è bona et optima et non poreti fallare parlare largo et libero, perché cosi sarà per effecto.
Exequite havereti le cose sopradicte et chiarito le mente de quello signore duxe et citadini de quanto havimo dicto, vogliate poy procedere al facto del subsidio et raxonato; et como per altre havimo scripto, ad nuy è summa necessitate providere per ogni modo mantenere queste gente perché mantenendole, non dubitamo obtenire et havere honore de questa impresa. Ma quando non potessimo adiutare le gente, piutosto che perderle et havere vergognia, ne bisogneria prendere delli altri partiti, ne pare havire parlato tanto chiaro che più non poterissemo; siché resta mò providerse dellà, et cetera.
Ad quello magnifico ambassatore Fiorentino diriti non se maraveglia non gli habiamo resposto più presto perché aspectavamo le vostre littere. Siché a luy poreti [ 274r] monstrare quello scrivemo et cum luy conferire tucto, perché Diotesalvi ha veduto et inteso ogni cosa qua.
Ancora ve recordamo como ve scripsemo per altre nostre littere, vogliati instare et operare con lo illustre signore misser lo duxe che facia liberare quelli mille tercento ducati che sonno lì in deposito et de quelli exequirne quanto se contene in la dicta nostralittera.
Scrivendo queste, havemo havuto le vostre littere de di xxvii e xxviii del passato, et inteso e veduto quello che scriveti circa l'accordio de domino Zohannefilippo, quale metteti per concluso, ne piace grandissimamente.
Alla parte de Daniel, dicemo che ne curamo pocho ch'el venga qui a fare scusa, ma gli respondemo alla soalittera, como vedereti per la copia inclusa, et quanto per nuy, lo vogliamo per bono amico, ma in queste pratiche non ne curamo se ne a faticha più. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, die primo octobris 1452.
Iacobus Rivoltella.
Cichus.


(a) Segue ortato depennato.