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923. Francesco Sforza a Isnardo Malaspina 1452 novembre 18 Gambara

Francesco Sforza ringrazia Isnardo, marchese di Malaspina e conte di Cremolino, per le sue lettere che sono sempre una testimonianza del suo attaccamento allo stato sforzesco. Ha appreso con piacere dei suoi progressi in le cose dellà. Lo ringrazia per la discrezione dalui avuta all'inizio della guerra nel non chiedergli uomini, consapevole dei bisogni che il duca ne aveva ad Alessandria e nell'Alessandrino. Gli è pure grato per i suoi interventi nel danneggiare i nemici e per la presa di Belforte, castello dei signori del Monferrato. Gli è graditala sua offerta di portarsi con i suoi uomini al servizio ducale non richiedendo altro che il vivere. Le cose sul suo fronte passano benissimamente. Si trova a Gambara per compartire le sue genti. I nemici si sono sempre acquattati nelle paludi: se avesse potuto tirarli fuori avrebbe fatto sentire piacevoli novelle.

Magnifico dilectissimo nostro Isnardo, marchioni Malaspine, comiti Cremolini, et cetera.
Non poterissemo de presenti havere havuto cosa a nuy più grata et accepta che le vostre littere, delle quale remanimo tanti consolati e satisfacti che noI poterissemo dire, né scrivere et bene che sempre la vostra fede, amore e caritate verso nuy e stato nostro ne piliassemo quella confidentia che farassimo de fratello proprio e de nuy stessi. Pur havimo carissimo intendere li progressi e portamenti haveti facti in le cose dellà, certificandove che non haveti facto cosa per 338r bene et honore nostro, la quale non sia etiandio per lo vostro, perché conoscereti per effecto sempre ogni bene è stato nostro essere el vostro proprio. Ma per respondere particularmente ad esse vostre littere, che vuy usasti nel principio della guerra della discretione in non volere rechiedere le nostre gente, consyderando vuy che ne havivemo bisogno per la defensione de Alexandria et Alexandrino, ve ne commendiamo e ringratiamo assay. Del'altre cose haveti facte animosamente in damnezare li vostri e nostri inimici et in pigliare Belforte, castello delli signori de Monferrato, cum speranza d'altro, et cetera, molto ne piace, et Dio volesse che potessevo havere tucto el Monferrà per vostro bene e nostro, ma bene ne rincresce del damno vi ha dato el terremoto, al quale remediaressemo volontera se potessimo. Postremo alla parte della proferta (a) facite de volere venire cum li vostri non rechiedendo altro che il vivere (b), vi rengratiamo singularissimamente e ben havimo da vuy quello che sempre havimo sperato, et cossì acceptamo la proferta vostra et presto mandarimo là da vuy uno delli nostri per dare ordine al vostro ussir fora et al vivere vostro e delli vostri et ad ogni altra cosa.
Ceterum, le cose de qua passano benissimamente. Nam, como doveti havere inteso, nuy siamo stati tucta questa estade signori della campagna, né may havimo potuto cavare li inimici delli paduli, che se gli havessemo potuto tirare allalarga ve haveressemo facto sentire delle novelle ve sariano piaciute. Adesso siamo qui ad Gambara per compartire le nostre gente qua per lo Bressano, che pur viverano su quello delli inimici, mentre se potrà fare delle cose relevate, et de quanto succederà ne sareti advisati. Ex Gambara, die xviii novembris 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.


(a) Segue ne depennato.
(b) che il vivere ripetuto.