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1277. Francesco Sforza a Benedetto de Curte. 1453 gennaio 10 Milano.

Francesco Sforza comanda a Benedetto de Curte di provvedere che gli uomini di Calvisano non abbiano ragione di lamentarsi sulla mancanza del fieno pattuito per il bestiame perché altrimenti, in mancanza di Sceva, metterebbe al suo posto un altro più pronto all'obbedienza. Lo avverte di attenersi a quello che deciderà Giuliano Profeta da Calvisano che ivia lì, circa il pagamento del fieno per circa cinquecento carri.

Benedicto de Curte.
Li homini nostri de Calvisano s'è lamentati che non possano havere el resto de feno che debono havere per loro bovi et bestiame, che sonno circa ccc carra. Et perché nui gli havimo dato ad intendere et promesso che l'averiano, volimmo che, si hai caro far cosa ne piaza (a) et si ame l'honore nostro, teni modo et via con quella communità et con chi altri ad ti meglio parirà che l'habiano senza più scrivere et replicare et senza che nui sentiamo più affanno de questo facto; et cossì tenerai modo et via che quisti homini non habbiano al querelarse et tornare più da nui per questa casone, altramente ce dolerimo di te et dane caxone de provedere de uno altro in tuo loco che ne obbedischa meglio che non fai tu, dachè domino Sceva non gli pò actendere et essere lui, perché questo non seria, (b) quando lì fosse lui, non haveressimo questo affanno, avisandote farimo pagare il fieno hanno habuito et quello haveranno, che serranno in tucto carra circha v cento. Et per questa casone vene là Iuliano Profeta da Calvisano, exibitore presente, el quale detida (c) quanto gli habbiamo imposto et quale sia la intentione nostra circa de ciò, siché ad lui crederai quanto alla persona nostra propriamente. Mediolani, die x ianuarii 1453.
Iohannes.

(a) Segue et sia ad nui honore depennato.
(b) questo non seria in inerlinea.
(c) Così A.