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479. Francesco Sforza a Teseo da Spoleto. 1452 aprile 18 Milano

Francesco Sforza dice a Teseo da Spoleto di essere dispiaciuto delle numerose querele per quanto succede nel Piacentino, di cui giunge l'eco fino a Roma; sorpreso che Teseo non ne abbia preso neppur uno, gli suggerisce di avvalersi della gente per catturarli e punirli in modo esemplare. Scrive di ciò anche al Colleoni perché ammonisca i suoi e altrettanto faccia pure lui.

Thexeo de Sploleto.
Nuy havimo hauto infinite querele de tanti excessi che se fanno im Piacentina, cussì in robare li homini nostri del paese, como in robare et amazare li viandanti vanno inanzi indreto; del che havimo tanto despiacere quanto se potesse dire perché, oltra el manchamento et vergognia, ce ne segue anchora infamia et biasimo fino ad Roma; siché non possimo fare non ne maravigliamo de ti che, pur una volta, non habi castigato et punito uno. Pertanto volimo et te caricamo debbi invistigare cum ogni tua diligentia de sapere chi sonno quisti malfactori et quando sappi (a) chi siano, vedi de havere de quelle gente nostre più che tu poy et che ti parà siano necessarie, et li andaray ad pigliare, se dovessi pure andare ad pigliarli nel lecto, et vede de punirne uno per tal modo che sia exemplo alli altri de non robbare, non havendo advertentia che siano de quali se vogliano. Et cussì scrivimo ad Bartholomeo Coglione per la alligata, al quale diray anche ad bocha, da nostra parte, che voglia admonire li suoy, et tu, anche admoniray li suoy et tucti l'altri nostri che provedano non ne sentiamo una minima querela, certificandoli che, sentendone niente, da inanzi deliberamo trovare chi sonno et ne farimo tale punitione che sarrà exempio ad tucta Lombardia, perché non volimo comportare che nelli paesi nostri se fazano simili acti. Data Mediolani, die xviii aprilis 1452.
Zanetus.
Iohannes.

(a) et quando sappi ripetuto.