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191. Francesco Sforza al Regolatore e ai Maestri delle entrate 1452 giugno 17 apud Longenam

Francesco Sforza ricorda al Regolatore e ai Maestri delle entrate di aver raccomandato loro di dare a Colella da Napoli, o a suo messo, duecento ducati sulla sua provvigione. La risposta che Antonio diede a detto messo offese grandemente Colella e anche il duca. Mosso da risentimento, lo Sforza richiama Antonio, osservandogli che già altre volte l'ha rampognato per le sue male et impensate risposte. Particolarmente risentito del come indirettamente ha maltrattato Colella, arriva nella sua rampogna ad asserire che se avesse fatto tanti rimproveri a uno animale bruto, quello l'avrebbe inteso, il che non è accaduto con lui. Comunque ingiunge a loro tutti di soddisfare Colella entro due giorni dalla ricevuta della presente missiva, ammonendoli che se dovesse perdere Colella, imputerebbe a loro la casone dela [...] soa partita e ciò non lo scorderà mai.

Regulatori et Magistris intratarum nostrarum.
Per altre nostre ve havimo scripto che dovessimo dare al strenuo Colella da Napoli ducati docenti sopra la soa provixione. Lo messo del dicto Colella, che mandò ad tore dicti denari, ha scripto ad esso Colella como vuy li dati bone parole, ma che non pò havere dinaro alcuno et dice che ti, ser Antonio, gli hay dicto che noy romperemo presto li marcheschi et che se guadagnerà tanto che non (a) haverà bisogno de dicti denari, dela qual risposta dicto Colella ne resta desperato et pargli essere delezato, la qual cosa, quando habiamo intesa, non manchò imo magiore dispiacere et melanconia ne habiamo havuto che dicto Colella. Et per certo non possiamo pensare perché casone ti, ser Antonio, day tale resposte despiacevole et disperate che, havendolo te noy tante volte dicto et facto dire dele toe male et impesate resposte che fay ad ogni persona, che non te vogli emendare et castigare che se l'havessimo dicto tante volte ad uno animale bruto ne haverà inteso. Et se tu ne potesse vedere cossì in l'animo nostro lo dispiacere grandissimo che ne havimo de queste toe dispiacevole et superbe parole, como te lo scrivemo, forsi quando [ 107v] tu lo pensasti, te vigneria li pilli canuti. Ad che per questa non vogliamo dire altro, se non che ve dicemo et commandiamo debiati servare tutte quelle (b) vie et modi ve parerano necessarii et expedienti che, da poy duy dì della presentacione della presente, habiati dati et numerati al messo del dicto Colella, quale è lì, li dicti (c) doycento ducati se ve dovessimo impignare vuy medesmi, avisandovi che se noy ne perdessimo dicto Colella, non daremo la colpa se non ad vuy perché vuy sareti stati casone dela dicta soa partita, dela qual cosa ne recordaremo finché viveremo del bon servicio che ne havereti facto, che per vostro respecto habiamo perduto dicto Colella il quale, partendosse, non se parte per altra casone che per questa sola. Data in castris nostris felicibus apud Longenam, die xvii iunii 1452. (d)
Zaninus.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.


(a) Segue se depennato.
(b) Segue ville depennato.
(c) Segue denari depennato.
(d) A margine: Pro Colella de Neapoli.