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20. Francesco Sforza ad Antonio da Fabriano (1453 agosto 3 "in castris nostris felicibus apud Gaydum").

Francesco Sforza scrive ad Antonio da Fabriano di aver preso atto della resistenza deglii uomini del vescovo a pagare le 500 lire che ancora devono. Gli ordina di piegarli in ogni modo al pronto pagamento dovuto, rilasciando loro, come suppone che vogliono, "la confessione del numerato che fanno", assicurandoli di quella immunità dalle tasse "servata ali altri nostri homini".

Antonio da Fabriano.
Havemo inteso per la toa Iittera de dì xxviii del passato la renitentia fanno quelli homini de monsignore el vesco ad pagare quelle altre cinquecento livre, dele quale tu scrive restano debitori, secundo la conventione facta con loro. Supponendo che vogliono confessione de tuti li loro debiti, et che da mò inanti non gli sarà dato più [ 8r] molestia per casone de taxe, et cetera, del che non pocho se maravigliamo, per la qual cosa, atteso il bixogno nostro, te dicimo, et per questa nostra te commettemo che servi ogni expediente modo et via perché dicti homini pagano li dicti dinari che restino dare et con ogni celeritate, ali quali siamo ben contenti se facia la confessione del numerato che fanno; et cossì se commettiamo, secundo Ii bixogni nostri, fare servare quella inmunitate et gratia a loro nel facto delle dicte taxe, che sia servata aIi altri nostri homini. Siché circha la executione de dinari predicti non gli perderai tempo alcuno. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.