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1859. Francesco Sforza ad Angelello da Lavello, a Mariano da Arezzo, ad Andrea da Pisa e a Giovanni Galanto 1452 dicembre 1 Gambara.

Francesco Sforza rimprovera Angelello da Lavello, Mariano da Arezzo, Andrea da Pisa e Giovanni Galanto per lo scorretto comportamento che hanno verso gli uomini di Carpenedolo, devastando le abitazioni e recando loro molestie: atteggiamento che il duca non accetta. Ordina che immediatamente portino tutti i cavalli fuori del luogo adibito e diffida Giovanni Galanto dal toccare ancora i guastatori del marchese di Mantova, la cui cura affida a Danese Mayneri.

Angelello de Lavello, Mariano de Aretio, Andree de Pisis et Iohanni Galanto, allogiatis Carpenetuli.
Dilecti nostri, voi sapete quanto amore, fede et devoctione ne portano li poveri homini de quella terra et quanti carichi, desconci, damni et detrimenti supportano per nostro rispecto et in benefitio del stato nostro. Et per questo dovete pensare che nui li amamo de bono core et vorressemo fosseno reguardati e bem tractati in tucte le cose (a) possibele. Ma ne pare vedere che in remuneratione de questi suoi incomodi et detrimenti, et per li retributione delli aconci servicii et boni tractamenti, quali continuamente ve fanno, voi li tractati ogne dì pezo con guastarli le stantie et farli delle altre molestie, quale intenderete per l'introclusa lectera quale ne hanno scricto. Quanto sia desonesto e ad noi molesto tractarlo in questa forma, lo remectiamo a iudicio vostro, et volemo sappiate che più tosto vorressimo perdere quella terra et voi tucti appresso che patire ch'essi poveri homini siano oltrezati in questo modo. Però ve stringemo, caricamo et comandiamo expressamente che, havuta la presente, subito ve debiate levare con tucti li cavalli fuora de quello recepto et lozare de fora, come è ordinato, et ve guardiate da guastarli le stantie et habitatione soe, come havete comenzato de fare et de farli cosa che li dispiaza. Certificandovi che, havendo più lamenta de loro et non levandovi dal recepto, come è dicto, gli provederimo altramente et forse in modo non ve piacerà. Et perché intendiamo che ti, Iohanne Galanto, batti li guastatori del signor marchese che sonno lì, se maravigliamo grandemente e dolemo de facti tuoi, perché questa non è la via [ 438v] de fare quelli lavorery. Imo battendoli et tractandoli ac questo modo sarrai casione de farli partire, però te commandiamo che da mò innanzi te guardi da tocharli né de farli cosa che glie rencrescha. Imo lassi il carico d'essi guastatori al Danese di Mayneri, quale gli havimo dato per superiore. Et in questo habi bona advertenza per quanto ha cara la gratia nostra. Ex Gambara, die primo decembris 1452.
Irius.
Iohannes.

(a) Segue fosse depennato.