Paravicini Raffaele (1769 - 1853)

Progetto: Comune di Aicurzio: fondo famiglia Paravicini

Raffaele Paravicini è il personaggio più rilevante della famiglia, infatti la sua attività è già citata in alcuni volumi relativi alla storia della dominazione napoleonica in Italia.
"Raffaele Parravicini [sic] era della Valtellina, né si ha di lui alcuna notizia anteriore al 1801, quando appare tra i notabili del Lario che andarono alla Consulta di Lione: colà fu ascritto al Collegio Elettorale dei possidenti; e fatto Prefetto dell'Agogna da Melzi nel 1802, non fu confermato da Napoleone I nel 1805, ma fu invece nominato Consigliere di Stato uditore il 19 dicembre 1807, e promosso Consigliere effettivo il 10 ottobre 1809: fu anche ispettore generale della beneficienza e membro del Consiglio delle prede marittime e tali uffici tenne fino alla caduta del Regno. Sotto l'Austria fu consigliere di Governo in Milano, e viveva ancora nel 1832". (1)
Nel libro di Livio Antonielli "I prefetti dell'Italia napoleonica" viene dedicata una pagina che però pone delle ombre sulla sua attività politica.
"Raffaele Paravicini, nominato per la prefettura novarese dell'Agogna, era un giovane di antica famiglia nobile valtellinese, ancorché nativo di Como. Personaggio scialbo, sempre tenutosi lontano dagli avvenimenti politici della Cisalpina e senza alcuna specifica preparazione amministrativa, non si sa per quali vie fosse arrivato a rendersi disponibile al Melzi.
Comunque, in quei giorni del maggio 1802, la buona volontà nell'intraprendere la carriera prefettizia, unita a uno status sociale di possidente e a una provata moderazione politica, erano qualità più che sufficienti per vedersi nominare prefetti.
Nel 1805, giudicando il Paravicini, il Melzi si sarebbe limitato ad un laconico "Honnete, mais faible" che la dice lunga sulle capacità dimostrate dal valtellinese nell'esercizio della carica". (2)
In seguito aggiunge, a proposito dei prefetti non riconfermati nelle cariche durante il 1805:
[...] "il quarto escluso dalla riconferma era Raffaele Paravicini, in carica a Novara. In questo caso il nome non era tra quelli cancellati dal rapporto Felici e in effetti il rapporto del viceré su di lui, sostanzialmente giusto, risultava un poco meno duro del precedente: "n'a point la fermeté ni les talents d'un bon administrateur", scriveva".(3)
Anche Carlo Zaghi nel suo volume "L'Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno" sottolinea la mediocrità dei prefetti in genere.
[...] "erano uomini d'ordine, piuttosto grigi e mediocri, che accettano la carica più per obbedienza al governo che per convinzione propria; uomini, soprattutto, sprovvisti di conoscenze tecniche e amministrative, senza alcuna seria esperienza pubblica, limitata per lo più a modeste cariche municipali onorarie, il cui unico merito, agli occhi di Melzi, era quello di essere ricchi di censo, nobili e conservatori-moderati, e di non essersi in alcun modo compromessi nelle vicende del Triennio repubblicano. Che fossero i meno adatti a rcoprire tale incarico lo riconosceva lui stesso quattro mesi dopo [...] "Non c'è da meravigliarsi", concludeva, "che ci sia tra i prefetti più del mediocre che del buono". (4)
Il volume di Marco Meriggi dal titolo "Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto" cita Raffaele Paravicini tra i candidati per un posto di consigliere nel Governo di Milano.
"La rosa di candidati per il governo di Milano, comprendeva i reggenti Muggiasca, Bazzetta, De Capitani, figure già note, ed i nomi nuovi di Benedetto Broglio, Girolamo Tadini Oldofredi, Febo d'Adda, Francesco Saverio Spech, Gaetano Giudici, Gaetano Strambio (protomedico), Luigi Venini. [...] Venne inoltre aggiunto nella rosa, come consigliere soprannumerario senza stipendio, Raffaele Paravicini, mentre Giacomo Mellerio ottenne la riconferma a vice - presidente di Governo". (5)
E più avanti completa così la descrizione di Raffaele Paravicini
"Chiamato dal Melzi nel 1802, egli ha svolto negli anni della Repubblica italiana una assai poco brillante carriera di prefetto a Novara. Nel 1805 ne è stato allontanato, e da allora in avanti ha limitato il proprio impegno a qualche sporadica, e notabiliare, presenza alle sedute del consiglio legislativo e dei collegi elettorali dell'Adda, dipartimento di cui è originario". (6)
A conti fatti il giudizio non è lusinghiero, tuttavia è da segnalare come nel 1838, rispetto al Consiglio originario del 1816 fossero rimasti solamente lui, Tadini e Giudici . (7)
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Note
1. T. Casini, Ritratti e studi moderni, Milano, Società editrice Dante Aligheri, 1914, p. 444; vedi anche F. Ercole, Gli uomini politici, Roma, Tosi, 1946, Vol. II, p. 358.
2. L. Antonielli, I prefetti dell'Italia napoleonica, Bologna, Il Mulino, p. 97.
3. Ivi, p. 261; lo scritto comunque continuava così: "Mais il est d'un bonne famille, ayant de la fortune, estimé comme honnete et probe; c'est pour cela que j'ai l'honneur de le presenter à V.M. Pour préfet du palais".
4. C. Zaghi , L'Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, Torino, UTET, 1986, p. 327-328.
5. M. Meriggi, Amministrazione e classi sociali nel Lombardo-Veneto (1814-1848), Bologna, Il Mulino, pp. 91.
6. Ivi, p. 93.
7. Ivi, p. 208.

Compilatori
Merlini Alessandro, Archivista
Pozzi Paolo, Archivista