Dagnino Virgilio (Genova 1906 febbraio 6 - Milano 1997 febbraio 27)

Progetto: Comune di Milano. Civiche raccolte storiche: fondo Virgilio Dagnino

Professione: politico, industriale, giornalista, economista, patafisico

Virgilio Dagnino nacque a Sestri Ponente il 6 febbraio 1906, figlio di Amedeo e Maria Siri, fratello maggiore di Gilda e Lida. La sua famiglia era di estrazione operaia. In un appunto autobiografico ricorda così le proprie origini:Virgilio Dagnino nacque a Sestri Ponente il 6 febbraio 1906, figlio di Amedeo e Maria Siri, fratello maggiore di Gilda e Lida. La sua famiglia era di estrazione operaia. In un appunto autobiografico ricorda così le proprie origini: "Mia madre, nata sull'Appennino Ligure, da giovane, prima di andare a Sestri Ponente, è vissuta a Savona. Mio padre è rimasto orfano da piccolo, perché i suoi genitori, i miei nonni, recatisi a Napoli, mi pare nel [1881], con i repubblicani genovesi, per prestare aiuto ai colerosi, si sono infettati e sono morti. Egli è stato allevato da suoi nonni, e cioè i miei bisnonni. I miei avi, i Dagnino, furono gli editori di Mazzini e un Dagnino fu il direttore del famoso giornaletto mazziniano 'La strega' " (1).
Nel 1924 e 1925 compì lunghi soggiorni a Marsiglia e nella Camargue per aiutare il padre nel commercio dei foraggi dalla Francia all'Italia. Nel 1924 si iscrisse all'Università (Istituto superiore di commercio di Genova).
Nel 1926 fondò, insieme a un gruppo di universitari genovesi (Franco Antolini, Francesco Manzitti, Umberto Segre e altri), allievi di Carlo Rosselli, la rivista Pietre che fu l'ultima pubblicazione antifascista non clandestina pubblicata in Italia nel periodo delle Leggi speciali.
Nel 1927 si laureò a Genova con 110 e lode in Scienze economiche, con una tesi dal titolo I cartelli industriali nazionali e internazionali che sarebbe poi stata pubblicata nel 1928 dall'Editore Fratelli Bocca.
Nell'estate degli anni 1926 e 1927 insegnò a Ginevra alla scuola "Dante Alighieri" e studiò presso l'Institut universitaire de hautes études internationales di Genève, presso cui si diplomò a fine 1927, con una tesi su "Forze politiche e sociali della rivoluzione del 1848 e problemi del dopoguerra".
A causa delle indagini politiche e della successiva repressione seguita all'attentato a Vittorio Emanuele III alla Fiera di Milano fu arrestato nella primavera del 1928, insieme a molti altri (2), e sottoposto, in quanto sottoufficiale, al giudizio di un Tribunale militare da cui fu degradato e inviato negli stabilimenti militari di pena, a Forte Ratti (sulle alture di Genova). Raccontò questa sua esperienza nel libro di ricordi Gli incorporati.
La rivista Pietre fu soppressa.
Rilasciato a fine 1928 venne assunto dalla Ditta F. lli Pozzani di Genova (all'epoca i maggiori operatori italiani nel campo del commercio internazionale dei cereali).
Nel 1929 la morte della sorella minore Lida gettò Dagnino in uno stato di prostrazione; nello stesso anno conobbe la futura moglie, Marcella Meneghello (che sposò nel 1931 e dalla cui unione nel 1930 era nata la figlia Anna).
Sempre nel 1929 lasciò la Pozzani per trasferirsi a Milano dove venne assunto alla Montecatini, in cui lavorò per anni prima all'Ispettorato vendite, poi alla Segreteria della Direzione commerciale. Da qui passò all'ANIC - Azienda nazionale idrogenazione carburanti per conto della quale seguì le fasi di costruzione ed installazione degli impianti per la produzione di carburanti sintetici e la idrogenazione dei combustibili a Bari e a Livorno.
Nel 1930 fondò il gruppo GAR - Gruppo amici della razionalizzazione (insieme a Paolo Baffi, Ermanno Bartellini, Pietro Caleffi, Ferdinando Di Fenizio, Guido Mazzali, Roberto Tremelloni, Antonio Valeri, Dino Villani ed altri) collegato con la rivista "L'Ufficio moderno" e promosse incontri e conferenze su temi di economia e organizzazione che col tempo divennero occasione per incontri tra antifascisti.
Nel 1933 pubblicò per l'Editore Fratelli Bocca il libro Tecnocrazia che sarà tradotto e stampato in varie nazioni.
Nel 1939, ultimati ed entrati in funzione gli impianti di Bari e Livorno dell'ANIC, fu chiamato da Donegani alla segreteria di presidenza della Montecatini.
Membro del Centro interno clandestino del Partito socialista italiano dal 1930 al 1943, partecipò alla fondazione del MUP - Movimento di unità proletaria e del PSIUP - Partito socialista italiano di unità proletaria.
Nel luglio del 1943 venne arrestato a Genova e incarcerato prima a Marassi e poi a San Vittore.
A causa del proprio rifiuto di iscriversi al PNF - Partito nazionale fascista e di portarne il distintivo dovette dimettersi dalla Montecatini.
Scarcerato alla vigilia dell'8 settembre entrò in clandestinità dopo la costituzione della RSI - Repubblica sociale italiana, ma riuscì a collaborare con la Società Motta a Monza, come consulente dell'amministratore delegato Ferrante.
Entrò attivamente nella Resistenza e fondò, con Sandro Pertini, Guido Mazzali e Angelo Saraceno, la rivista clandestina Edificazione socialista.
Iniziò la propria collaborazione con l'Avanti! e con il PSIUP clandestini.
Partecipò alla liberazione di Milano con le Brigate Matteotti.
Nel 1945 fu nominato dal CLN - Comitato di liberazione nazionale consigliere e direttore generale del CIAI - Comitato industria alta Italia, ovvero il Ministero dell'industria per l'Italia del nord, sottoposta al Governo militare alleato.
Negli anni 1945-1947 amministrò il piano UNRRA - United nations relief and recovery administration e la Ricostruzione; in quegli anni fu anche consigliere del Comitato dei prezzi del CLN in rappresentanza della Liguria.
Sempre in quel periodo intervenne alla fondazione del Gruppo iniziativa socialista e collaborò all'Avanti! come fondista e giornalista, oltre che a molte altre riviste socialiste.
Nel gennaio del 1947 ebbe parte attiva nella fondazione del PSLI - Partito socialista lavoratori italiani a Palazzo Barberini (redigendo il manifesto del partito) e con Répaci e Faravelli fu condirettore del quotidiano L'Umanità, oltre che membro della Direzione del PSLI.
Nell'estate 1947, come rappresentante del PSLI, prese parte a Parigi al Congresso di fondazione del Movimento per gli stati socialisti d'Europa.
Nel gennaio 1948, al congresso di Napoli del PSLI, lasciò il partito (insieme ai militanti della Federazione giovanile e ad altri tesserati) e partecipò alla fondazione del MUIS - Movimento unitario di iniziativa socialista, che si schierò con il Fronte popolare nelle elezioni dell'aprile 1948.
Dopo la sconfitta elettorale decise di rientrare nel PSI - Partito socialista italiano.
Dal 1947, unitamente alla collaborazione con numerosi quotidiani e riviste politiche ed economiche, lavorò con Dini Gentili e per la Dreyfus Gentili (3).
Sempre con Dino Gentili nel 1950 fondò la COMET Società scambi internazionali, prima impresa europea a riprendere l'import - export con la Cina comunista, allora non riconosciuta dalla comunità internazionale (inizialmente sulla base del baratto: vecchi macchinari industriali italiani contro prodotti agricoli cinesi); divenne così rappresentante per l'Europa del CNIEC - China national import-export corporation, organo operativo della Cina per il commercio estero.
Dal 1957 fu direttore generale della COGIS - Compagnia generale interscambi, società a cui parteciparono, tra le altre, la Montecatini, la Finmeccanica, la SNIA - Società di Navigazione Italo Americana Viscosa.
Nel 1960 entrò a far parte del Consiglio di amministrazione della Banca popolare di Milano, di cui divenne amministratore delegato tra il 1961 e il 1964.
In quegli anni fu anche consigliere della Mobiliare milanese, dell'Istituto banche popolari italiane, della Banca briantea, dell'ABI - Associazione bancaria italiana, dell'Associazione europea banche popolari. Su designazione di queste ultime venne nominato consigliere del Comitato economico e sociale della Comunità europea, della CECA - Comunità europea del carbone e dell'acciaio e dell'Euratom - Comunità europea dell'energia atomica.
Nel 1961 fondò l'APE - Associazione per il progresso economico.
Già membro del Collège de pataphysique di Parigi, fondò nel 1964 con Enrico Baj, Paride Accetti, Arturo Schwarz l'Institutum pataphysicum mediolanense; Virgilio Dagnino venne eletto "Serenissimo provveditore propagatore del Collège de pataphysique per i paesi cisalpini".
L'istituto milanese di patafisica ebbe un ruolo di punta nella diffusione della disciplina in Italia, promuovendo ed appoggiando le successive fondazioni.
Gli anni Sessanta, Settanta e Ottanta lo videro anche assiduo frequentatore e amico di artisti e scrittori, spesso legati e conosciuti in ambito patafisico (Enrico Baj, Roberto Crippa, Lucio Fontana, Raymond Queneau), che spesso ospitò nella propria casa di Arenzano, dove, tra le tante attività, amava dedicarsi anche alla creazione di opere pittoriche e alla scrittura di poesie (4).
Nel 1965 divenne presidente dell'ATM - Azienda trasporti municipali di Milano e fu consigliere dell'Associazione italiana aziende municipalizzate, da cui fu confermato per quattro anni consigliere del Comitato economico sociale della CEE a Bruxelles.
Nel 1968 e 1969 fu presidente, consigliere e amministratore di diverse società del Gruppo Tamaro.
Tra il 1970 e il 1972 presiedette tre missioni dell'Istituto commercio estero in Romania, Marocco e Panama. Nel 1971 partecipò alla missione in Cina del Ministero per il commercio estero, in qualità di consulente del ministro Mario Zagari.
Negli anni Settanta scrisse numerosi articoli sulle riviste Critica sociale e L'Europa, anche se il suo impegno principale, dal 1975 al 1984, fu la fondazione e la pubblicazione, insieme a Giuseppe Marcenaro (5) che ne era il direttore, della seconda serie della rivista Pietre.
Fu poi membro del Comitato ministeriale per la riforma della Legge crediti al Commercio estero e dal 1978 al 1988 fu nominato presidente del Credito Lombardo.
Negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta collaborò con Bettino Craxi in qualità di ghost writer, scrivendo per suo conto prefazioni e testi di interviste.
Nel 1986 fu nominato consigliere del Comitato provinciale di Milano dell'ANPI - Associazione nazionale partigiani italiani.
Colpito due volte da ictus nel corso degli anni Novanta Virgilio Dagnino morì a Milano il 27 febbraio 1997, a 91 anni.

(1) Fondo Virgilio Dagnino, b. 1, fasc. 12
(2) Antolini, Amendola, Basso, Cattani, La Malfa, Segre, Vinciguerra.
(3) Per cui fondò e diresse il Bollettino settimanale della lana e la rivista Prestigio della lana, occupandosi di ricerche nel campo dei mercati lanieri e collaborando con l'International wool secretariat.
(4) Le doti creative di Dagnino, quasi sempre adoperate in un contesto di divertissement, sono ricordate anche dall'amico Franci: "Ci divertimmo, in occasione dell'ottantesimo compleanno di Michel Seuphor (il critico noto sopratutto per la sua opera di diffusione dell'arte di Mondrian e, anche lui, poeta, scrittore, pittore), a confezionare una serie di cartoline/collage secondo la ricetta di una libreria parigina che aveva bandito la richiesta a una schiera di estimatori dell'artista. In realtà, fu lui a fare quasi tutto con estro sicuro, incollando foglietti multicolori, ritagli di giornali e riviste, carta da cioccolatini, tutto collezionato negli anni per certi suoi quadretti che potevano fare invidia a Schwitters.", tratto da "Virgilio Dagnino, socialista, economista, banchiere, trader, umanista, scrittore, poeta, patafisico (e quanto di altro?") in Paolo Franci, Varie ed eventuali, Milano, All'insegna del pesce d'oro di Vanni Scheiwiller, 1998.
(5) Così uno tra gli amici più cari, Giuseppe Marcenaro, ricorda, in poche righe che ben ne descrivono la personalità, il primo incontro con Dagnino: "Ci incontrammo di persona, per la prima volta, nella sua villa nella pineta di Arenzano. Milanese anche in questo. Dal portoncino socchiuso della casa tutta bianca, in quel muto e assolato pomeriggio, a spaccatimpani, provenivano le note dell'Internazionale. All'interno, in una polla di luce, il "Dagni", in pantaloncini corti e Lacoste dipingeva. Erano "opere" fatte di colature dai colori violenti, imitazione Pollock e di certi quadri del gruppo Cobra. Li mostrava con orgoglio. "Mica male", diceva. Mi accolse come ci conoscessimo da sempre, con il trasporto di due vecchi compagni reduci dalle barricate della Commune. Il "Dagni" era un uomo delicato e sanguigno ad un tempo. Autoreferenziale. Con un'alta considerazione di sé. [...] Per lui essere marxista voleva dire vivere secondo logica il proprio impegno al servizio dell'uomo" tratto da "Virgilio Dagnino, un intellettuale da Rosselli a Craxi" in Giuseppe Marcenaro, Ammirabili & freaks, Aragno, Torino 2010.

Compilatori
Locatelli Gabriele, Archivista
Pozzi Paolo, Archivista