Collegio dei notai e dei causidici di Milano (sec. XIII - sec. XVIII)

Sede: Milano

Tipologia ente: preunitari

Progetto: Archivio di Stato di Milano: Anagrafe degli archivi (guida on-line)

I notai milanesi, soliti riunirsi fin dai primi del Duecento presso il palazzo del Broletto vecchio, si trasferirono poi nel Broletto nuovo, dove conservarono sempre la sede del loro Collegio, nonostante alcuni brevi spostamenti in altri palazzi.
L'organizzazione del Collegio può essere ricostruita solo a partire dal sec. XIV, quando gli statuti viscontei del 1396 tratteggiarono compiutamente struttura e poteri degli organi collegiali.
A fine Trecento il Collegio era composto da due abati, sei anziani, un canevarium, un notaio e due sindaci - 12 ufficiali eletti annualmente in una assemblea generale.
Questo tipo di organizzazione codificata nel 1396 subì negli anni successivi significativi mutamenti soprattutto riguardo ai criteri di elezione. Con il tempo l'assemblea generale fu esautorata dei suoi poteri e passò ad un sistema di elezione vicino alla cooptazione dei membri. Nel Seicento il potere di scelta fu sempre più nelle mani degli Abati; l'assemblea continuò ad eleggere gli ufficiali minori.
La carica direttiva meno rilevante era quella del sindaco che doveva presenziare alle cause e fornire un generico aiuto al Collegio. La carica fu progressivamente svuotata del poco contenuto che aveva, e nel Sei-Settecento ne sopravviveva solo il nome.
Gli anziani, secondo le norme tre-quattrocentesche, avevano generici compiti di consulenza e assistenza alle attività del Collegio; già a partire dalla metà del Cinquecento pare non ne rimanga traccia. Nel periodo precedente avevano la funzione di rappresentare gli interessi della porta cittadina di appartenenza, affiancavano gli Abati in circostanze e compiti delicati e importanti, ma la tendenza accentratrice dei poteri nelle mani degli Abati rese puramente formale la figura dell'Anziano.
Il notaio cancelliere aveva il compito di scrivere tutta la documentazione relativa alla vita collegiale. La riforma sforzesca prevedeva la registrazione degli atti in appositi libri, uno per le finanze, uno per gli ordini, uno per le condanne ecc; doveva quindi essere sempre presente a tutti gli eventi interessanti il Collegio. Doveva anche stendere i verbali delle operazioni elettorali degli organi direttivi, e delle operazioni di ammissione di nuovi notai. Facendosi più ricca e complessa l'attività del Collegio, si fecero più gravosi i compiti del cancelliere, a cui venne riconosciuto un diverso e più sostanzioso compenso affiancandogli anche un vice-cancelliere. La carica di cancelliere era quindi di rilievo, la seconda dopo quella di Abate, e diventò molto ambita tanto che si tentò di trasformarla da annuale in perpetua.
Il canevarius o tesoriere era la terza carica per importanza. Aveva il compito di incassare le entrate del Collegio e di provvedere ai pagamenti secondo le indicazioni degli Abati. Spese e entrate dovevano essere annotate in un registro di cui il Notaio aveva altra copia. Aveva una funzione di cassiere più che di amministratore poiché privo di alcun potere di decisione in materia finanziaria; incassava ogni somma che veniva corrisposta a qualunque titolo al Collegio, ma incassava e spendeva sempre sotto il controllo degli Abati a cui doveva rendere conto del proprio operato. A partire dal Settecento venne richiesta una fidejussione da prestarsi al momento di assumere il mandato.
I poteri degli Abati aumentarono nel tempo a scapito di quelli esercitati da altri ufficiali del Collegio. Fortissima era l'attività di controllo degli Abati sugli associati e sui loro atti; i molteplici compiti riservati agli Abati possono ricondursi grosso modo a tre: controllare l'attività di tutti gli immatricolati con il potere di reprimere e punire le trasgressioni alle norme regolanti la professione (vero e proprio potere giurisdizionale); organizzare e dirigere la vita del Collegio (i compiti di direzione e coordinamento venivano divisi con altri ufficiali e a volte con l'assemblea generale; rientrano in questo settore l'amministrazione delle entrate e delle spese del Collegio, le spese si possono ridurre a stipendi, spese per cerimonie, feste, elemosine, costituzione di dote, spese per manutenzione e miglioramenti dei beni immobili di proprietà); rappresentare il Collegio nei rapporti esterni tanto verso altri Collegi quanto verso l'autorità pubblica.

Bibliografia
- LIVA, Notariato, 201 - 226 = LIVA, A., Notariato e documento notarile a Milano. Dall'alto medioevo alla fine del settecento, Consiglio nazionale del notariato, Roma, 1979

Compilatori
prima redazione: Cassetti Antonella, archivista (1999/9/13)
revisione: Santoro Carmela, archivista di Stato (2004/4/23)