Loveno di Menaggio, Villa Mylius Vigoni

p. Occorre lasciare le rive del lago per la visita di uno dei giardini romantici meglio conservati di Lombardia: il parco di "villa Mylius-Vigoni":/architetture/schede/CO250-00262/, a Loveno di Menaggio. Ricco di suggestioni, di memorie storico-artistiche, di essenze rare e di alberi secolari, questo parco è di indubbio fascino; percorrere i suoi sentieri, ammirare gli scorci che all’improvviso si aprono tra le folte chiome, osservare la straordinaria varietà della flora, soffermarsi sull’antica bellezza delle sculture, suscita emozioni intense e desta grande meraviglia. p. All’epoca di Enrico Mylius, l’imprenditore e collezionista d’arte che acquistò la proprietà nel 1829, il parco univa, in una armonica coesistenza, ampie zone agricole per la produzione di olio, vino, frutta e gelso, a un vasto giardino affacciato su splendidi prospetti panoramici. Il prato di fronte alla casa, posto in leggera pendenza e delimitato nella buona stagione da alberi di limoni, si affaccia su di una straordinaria vista sul centro lago; alla sinistra della casa un gruppo di pini marittimi fa da quinta ideale al parco vero e proprio che si distende sulla collina fino alla vetta, dove venne edificata, secondo i canoni del giardino romantico, la "casetta svizzera":/architetture/schede/CO250-00269/, un piccolo chalet meta di passeggiate e luogo di osservazione privilegiato del parco e delle montagne che lo circondano. p. L’improvvisa e drammatica morte di Giulio, giovane ed unico figlio di Enrico, segnò a fondo la natura di questa estesa zona ornamentale, non più esclusivamente luogo di delizia, ove ritemprarsi e trascorrere piacevoli ore in tranquillità, ma soprattutto luogo dello spirito, dedicato alla contemplazione e alla memoria. Nel 1831, infatti, Mylius vi fece erigere, in un punto elevato e centrale, un "tempietto":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO250-00268/ in ricordo del figlio, ornato di preziose sculture, la _Morte di Giulio_, di Pompeo Marchesi (1832) e la _Nemesi_ di Bertel Thorvaldsen (1834 ca.), ancora oggi visibili. Fuori dal tempietto una epigrafe alla quale collaborò Alessandro Manzoni, meglio chiarisce le suggestioni intorno alle quali venne ideato il parco: bq. Nella rimembranza tranquilla di una sofferta sciagura non si estingue il dolore ma si converte in un soave sentimento. p. Altre opere d’arte trovano posto all’interno del grande parco come l’anfora in marmo su di un alto piedistallo a memoria di Teresa, amata nipote morta in tenera età e la statua di _Igea al Lario_, commissionata nel 1854 da Enrico Mylius allo scultore Giosuè Argenti e terminata nel 1856. L’erede di Mylius, Luigia Vigoni, decise di affidare nel 1855 il riordino del parco all’architetto milanese Giuseppe Balzaretti che lo sviluppò nelle forme conoscibili ancora oggi. p. Sfruttando la naturale morfologia del luogo, a forma di anfiteatro, Balzaretti ideò una serie di cannocchiali rivolti all’interno, verso i punti più significativi, come il tempietto, le statue e alcuni gruppi di piante. Così il visitatore, percorrendo un itinerario ellittico, da una sorta di palco naturale godeva, ed ancor oggi come allora, della vista di monumenti e scorci paesaggistici; viceversa, seguendo i vialetti, come da virtuali spalti ammirava il superbo panorama sul promontorio di Bellagio. Al 1856 risalgono la progettazione e la costruzione della "scuderia":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO250-00267/, posta sul confine ovest e raggiungibile da una rampa aperta lungo la strada; la singolare costruzione, di gusto eclettico, ha pianta a croce greca, tetto a falde spioventi a varie altezze e una composita volumetria. Nella parte superiore del parco si trovano diverse serre che ospitano oltre a numerosissime piante da fiore con cui si adornano i locali del Centro Italo-Tedesco, una grande varietà di orchidee, alcune di grande rarità e pregio.