Una nuova sfida. Ricostruire la città e ricostruire l'architettura

p. Fotografia di Ulderico De Natale: Milano - Veduta di Piazza Duca D'Aosta con il Grattacielo Pirelli e l'Albergo Gallia, sullo sfondo è visibile il grattacielo Galfa - Milano, 1960; Archivi dell'Immagine - Regione LombardiaIl Novecento aveva posto una grande sfida ai progettisti, ovvero quella di trovare gli strumenti più adeguati per far funzionare i meccanismi complessi ed articolati delle grandi metropoli che si stavano formando, non solo in Italia. Ed i progettisti avevano risposto sperimentando nuovi linguaggi, e ricostituendo una morale propria. Poi, da quella stessa sperimentazione erano derivati canoni compositivi che potessero essere riconosciuti e intesi: le spinte eversive sono attenuate, se non spente, e il linguaggio progettuale è omologato e codificato in uno _Stile_ riconoscibile ed _Internazionale_. Ma, all’indomani del secondo conflitto mondiale, questa stessa architettura si trova ad affrontare una crisi profonda, che, investendo tutta l’Europa, porterà alla ricerca di un approccio più comunicativo e comprensibile per una societa' reduce dalla guerra. Una crisi il cui legame con la contingenza del reale necessita di risposte immediate e risolutive. p. Pietro Lingeri, Casa multipiani Inacasa al QT8, Milano, 1949-50; archivio Pietro LingeriTra le speranze e le nuove iniziative dei primi anni post-bellici, Milano è una città che vuole essere ricostruita: convegni, concorsi di idee e sperimentazioni testimoniano la volonta' di individuare e verificare idonee modalità di intervento sul territorio. Un esempio, su tutti, è il quartiere sperimentale "QT8":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/3m080-00092/, già pensato in periodo pre-bellico, ma avviato in occasione dell’VIII Triennale di Milano, la prima dalla fine della guerra. Coordinato da Piero Bottoni, un gruppo di architetti si confronta con il tema residenziale: ciascuno propone una soluzione differente, che tenta una saldatura con i binari già avviati del razionalismo italiano. Una lunga edificazione che ha origine nel 1946 e termina nel 1966, indicativa delle difficoltà che l’architettura italiana, reduce dalle distruzioni belliche, deve affrontare in questi anni. Il linguaggio della rivoluzione architettonica degli anni Venti però a tratti scade in esercizio grammaticale, banale o poco espressivo, paradigma compositivo assunto ma impoverito. Molti condomini di questi anni lo dimostrano. p. Fotografia di Fischli and Weiss: Milano - La torre Velasca e i tetti di Palazzo Reale dall'alto del Duomo, 1998; Archivio dello Spazio - Provincia di MilanoQuindi, autocritiche e ripensamenti conducono a _battere nuove strade_, e a recuperare un colloquio più aperto con la tradizione e con le preesistenze. In questa "ricerca libera", così definita da Ernesto Nathan Rogers su "Casabella – Continuità", si collocano le esperienze di personalità come "Asnago e Vender":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/ricerca/?provincia=&comune=&intestazione=&tipologia=&autore=asnago&annop=1939&annoa=1970&libero=&what=ib con il loro _raffinato minimalismo_, le interpretazioni dell’architettura sacra di "Figini e Pollini":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/3m080-00053/, ma anche le forme dirompenti e la libertà poetica di "Luigi Moretti":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/ricerca/?provincia=&comune=&intestazione=&tipologia=&autore=moretti+luigi&annop=&annoa=&libero=&what=ib, o il richiamo alla memoria di "Luigi Caccia Dominioni":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/3m080-00050/, per citare solo alcuni. E Milano trova, a simbolo di questa pluralità, due edifici emblematici: il "grattacielo Pirelli":http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/3m080-00036/, dall’"eleganza originalmente moderna" e la Torre Velasca, che, invece, non rinuncia a citare l’anima medioevale di Milano, e svetta con le sue linee aggettanti dialogando con le vicine guglie del Duomo. Nel 1963, la crisi generale dell'architettura esplode anche nelle università. La prima ad essere occupata è il Politecnico milanese, dove si richiede lo _svecchiamento_ di programmi e corpo docente. È questo, a Milano, il primo atto della contestazione giovanile.